The Weeknd a San Siro (con Playboi Carti): tripla data per un live epocale
Un concerto non era abbastanza. L’attesa era troppa, l’hype ancora di più. Risultato? Prima una, poi due, adesso tre date italiane tutte allo stadio più famoso d’Italia. Ecco cosa sapere tra date, biglietti e anticipazioni
Chi ha detto che Milano d’estate è deserta? Il 2026 smentirà il cliché. Prima grazie a Bad Bunny all’ippodromo, e poi con The Weeknd. Sì, ma non all’ippodromo come nel 2023, bensì a San Siro il 24, 25 e 26 luglio 2026. Sarà un’eclissi. Una di quelle che non si guardano solo, ma si vivono, in apnea collettiva. Due notti che promettono di trasformare lo stadio più iconico d’Italia in una gigantesca cattedrale del pop contemporaneo. Milano, città che non dorme mai, si prepara a tre notti di veglia sonica.
Sul trono: Abel Makkonen Tesfaye, meglio noto The Weeknd, che dopo aver incendiato stadi da Los Angeles a Tokyo (nel suo tour sold-out in giro per gli States e l’Asia) porta la sua After Hours Til Dawn Tour a Milano. Come se non bastasse, ad accompagnarlo sarà l’enfant terrible dell’hip hop americano, Playboi Carti, il più imprevedibile tra i “rockstar rapper” della nuova generazione. In Europa il viaggio passerà anche per Parigi, Amsterdam, Londra, Madrid e Dublino.

The Weeknd a San Siro: due date per uno show mozzafiato
La corsa ai biglietti è già iniziata. La presale da ieri su Live Nation e Ticketmaster, per chi si è registrato per tempo. La vendita generale scatterà venerdì 12 settembre, sempre a mezzogiorno. I costi si aggirano dai circa 60 euro ai 170. E come sempre, la caccia al posto migliore sarà un atto di fede, quasi una lotteria urbana. Una lotteria in cui il premio non è un numero, ma la prospettiva di vedere da quella specifica angolazione la sagoma di Abel.

La seconda data (il 25 luglio) e poi la terza (26 luglio) inizialmente non erano previste. Una tripletta inattesa ma accolta con l’entusiasmo delle grandi occasioni, e non c’era da dubitarne: San Siro non è mai stato soltanto uno stadio. È un archivio di brividi e adrenalina. Ha tremato per i gol, ha oscillato per Springsteen, ha sudato per Beyoncé. Ora, si trasforma in una navata spaziale per il più cinematografico dei narratori pop contemporanei. The Weeknd non suona: dirige un’orchestra di sintetizzatori, battiti cardiaci e nostalgia vestita di rosso. In un mondo, il suo, che sembra un incrocio iper-lucidato tra la malinconia cyberpunk di Blinding Lights e i party claustrofobici di Blade Runner. Immaginate skyline digitali che si frantumano, moonwalk su superfici liquide, e quella voce, eterea e ferita, che avvolge 80.000 anime in un unico, gigantesco abbraccio.

E prima di lui, il delirio. Playboi Carti, lo si ama o lo si detesta, ma ignorarlo è impossibile. Colui che ha imbrigliato il rumore bianco dell’internet e lo ha chiamato rap. Performance punk, auto-tune distorto, energia pura e non filtrata. È l’antipasto speziato, necessario, prima del banchetto iper-lussuoso di The Weeknd. L’idea di vederlo scaldare San Siro prima che entri il “protagonista” promette una staffetta incendiaria. Tre notti, un’eclissi artificiale e una città intera pronta a smettere di dormire.