Mahmood

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Dischi d’oro, di platino, in Italia e nel mondo; miliardi (sul serio) di streaming. Perché tanto successo? Mahmood è oggi l’unico cui riesce facile l’impossibile: parlare con questo tempo

di Ester Viola

Alessandro Mahmood. Siamo a Milano, primi anni 2000, un ragazzino che studiava musica – da lì a oggi sono pochissimi anni per qualsiasi riuscita e carriera, ma diventa lo stesso uno degli artisti con più forza. Il più capace di trasformarsi, di leggere il contemporaneo. Si può – a poco più di 30 anni – rifare la scena musicale italiana? Sì. La fortuna viene dalle divisioni: madre italiana e padre egiziano, doppia identità culturale che si fa ispirazione nel suo percorso.

Quando uscì Soldi – era la sua prima clamorosa hit, Sanremo 2019, brano scritto insieme a Dardust e Charlie Charles – si capì immediatamente, bastarono due ascolti, che eravamo davanti a qualcosa che non aveva precedenti. Prima di tutto: ritmo. Era la definizione di qualcosa di inedito, nessuno riusciva a dire cosa.

Mahmood era piombato sul palco con nuovi suoni, il clap impresso alle canzoni era mai stato sentito prima. E lo sbalordimento collettivo era reale: lo so perché si restava incollati da qualche incantesimo del Medioriente, con quella canzone, Soldi. Mahmood era Sherazade.

Mahmood
Blanket Louis Vuitton

Non si trattava di impressioni della critica, i numeri dicevano la stessa cosa. Mahmood nel tempo di pochi mesi passò da esordiente (c’era stato prima solo un breve passaggio per X-Factor) a talento assoluto, Soldi era una canzone destinata al futuro. Non se ne andava.

Soldi superò in pochissimo tempo, nel 2019, i 100 milioni di streaming su Spotify, risultato mai ottenuto da un artista italiano. Il più venduto del primo semestre. Cento. Milioni. Di volte. Ha replicato gli stessi numeri più o meno ogni uscita. Quand’è che una buona canzone diventa più di una buona canzone? “Conta quante volte sei costretto a rimetterla daccapo”, lo spiega Nick Hornby in 31 Songs: è il più semplice dei trucchi musicali, il bisogno narcotico del repeat. Effetto droga nuova.

Musicalmente Soldi era precisissima: voce potente su testo che racconta una vita, accordi che parlano un’altra lingua, non quella delle ballad italiane, intelligente concessione commerciale del finale che alza la posta, cambia le carte e svela ancora altre sonorità.

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Tutto Louis Vuitton

Qual è la materia delle sue storie?, gli chiedo. È il mondo che gli passa intorno, mi racconta. «La ricerca viene dalle cose che faccio, dalle persone che vedo, da quello che vivo, dai luoghi che visito».

Mahmood porta in scena un viaggio. N.L.D.A. Tour, la prima tournée nei Palasport (sono state annunciate altre cinque date per la primavera 2025, prodotte da Friends & Partners), è concepita come un rave teatrale; alterna quadri estetici immaginati e altri underground. La direzione creativa è di Type-Ten: è un’opera quasi-greca, con spazi coreografici, luci e abiti che raccontano l’evoluzione artistica.

L’avventura inizia con Mahmood nello studio di un dentista, anestesia. La prima parte del concerto è salto nell’ignoto, con brani come Tutti contro tutti e Paradiso, dal nuovo album Nei letti degli altri, e hit come Brividi. Custom look di Prada, con cappotto, camicia total black e cravatta rossa, contrastati dai movimenti grezzi e non lineari eseguiti con i ballerini.

Mahmood
Camicia Louis Vuitton

La seconda parte del viaggio è più onirica, quasi di preghiera, come l’apertura con la cover Sabri Ailel, e momenti intimi come le esibizioni piano e voce di T’amo, Il Nilo nel Naviglio e Stella cadente. Gli abiti di questa fase varieranno nel corso del tour.

L’ultima parte dello show è l’arrivo, rappresentato da visuals di Tommaso Ottomano, con Mahmood che conclude con brani come Ra Ta Ta e Tuta gold. Con un custom made di Willy Chavarria, con un durag rosso che si perde, richiamando il videoclip di Rapide.

È da quando andava a lezione di musica, poco più di dieci anni, vicino al Forum di Assago, che Alessandro capisce che la musica sarà quello che deve interessargli: le sue due anime diventano un’esperienza formativa, padre-madre-musica. Uno, il padre, lo ha visto poco, la madre lo sostiene e lo appoggia. La musica invece è sua, le dà la forma dell’acqua, quella che preferisce. Può provare a mischiare tradizione, linguaggio e sensibilità diverse – e gli riesce. Due lati, Medio Oriente e Occidente, stesso mare ma da angoli opposti, e per ora la formula è costantemente perfetta.

Mahmood
Tutto Louis Vuitton

Sempre uno sguardo attento allo studio, Mahmood si è dedicato alla composizione, collaborando con artisti come Elodie e Marco Mengoni, e affinando una riconoscibilità di influenze arabe e mediterranee che è diventata una cifra di stile.

Gli chiedo come si fa a doversi superare sempre. E gli chiedo della pressione. Se è sua alleata o nemica. «Quando riguardo indietro percepisco sempre quella fame, quella voglia di sentirmi appagato dal lavoro. Grazie a Dio avevo l’ansia, in questi ultimi anni. E avevo paura di perderla, quell’ansia, ma non è successo. Per fortuna, a quanto pare fa parte della mia indole, del mio carattere, del mio modo di vivere. La sento come una costante ricerca di migliorarmi. Forse di sentirmi accettato. Ma più che dagli altri, da me stesso».

Quindi un perfezionista. «Resto una persona con l’occhio molto critico, quando faccio qualcosa che non è all’altezza – parlo del giudizio che ho di me stesso – cerco di rimediare. Me la sono portata, questa caratteristica, per tutti questi dieci anni. Mi piace restare molto lucido, su questo. Mi piace mantenere lo sguardo oggettivo. Non voglio sentirmi dire: è tutto perfetto».

Mahmood
Tutto Louis Vuitton

Perfezionista moderato o totale?, gli chiedo. Risponde: «Ti direi moderato. Ma forse bisogna vedere che dicono gli altri» – e ride. Chi era quello che avresti voluto imitare, all’inizio? «Quando si è giovani, a un mito ci si aggrappa, anche per ispirazione maldestra. Ho provato a cercare una voce che fosse la mia da subito. Però ti dico che gli immaginari di Lucio Dalla, quando cercavo di scrivere le mie prime canzoni, mi restituivano forme, suoni che si fissavano in testa e riuscivo a vedere luoghi, colori che amavo; erano splendidi. E ho aspirato a quel tipo di descrizioni».

E il cambiamento? La nuova pelle che chiedono agli artisti, ogni 12 mesi, per accontentare l’effetto wow! cui ci siamo abituati? «Il cambiamento è una materia che è – e secondo me deve restarlo – spontanea. Se non ti viene naturale, vuol dire che non devi ancora cambiare. Non è il momento. Stai forzando qualcosa».

Ciò che resta evidente (nella collezione dei talenti di Mahmood) è la capacità di saper vedere una generazione che è spezzata, interconnessa e fluida. Antico, moderno, malinconico e frenetico insieme, un autore – perfino troppo giovane per la maturità che pretende da se stesso – capace dell’impresa che riesce per il momento impossibile a chiunque: parlare con questo tempo.

In apertura Mahmood indossa tutto Louis Vuitton. Photos by Bruce Weber, styling by Edoardo Caniglia. Talent’s personal stylist: Ramona Tabita. Hair: Alfredo Cesarano. Make up: Greta Giannone. Styling assistants: Valentina Volpe, Roberto Strumolo. Production on set: Lawrie Bird. Film production: Eva Lindemann-Sanchez.