

Donatella Versace, 70 anni da regina Medusa
Musa di Gianni, ha saputo prendere le redini della Maison quando il fratello fu assassinato e tutto sembrava crollare. Biondissima e tosta, su tacchi a spillo vertiginosi, non ama l’equilibrio ma le vette. Anche ora che compie 70 anni, non più da direttrice creativa ma da ambassador
«Così favolosa, bionda, magra, ricca e… un po’ stronza», per dirla alla Lady Gaga. È Donatella Versace, nella canzone che le ha dedicato la popstar nell’album ArtPop (dal titolo Donatella, appunto). La descrizione di una donna forte, dritta e fiera per la sua strada, incurante dei chiacchiericci. Una strada che però oggi è più lontana dal marchio della Medusa.
Il 2 maggio la regina del glamour e della provocazione compie 70 anni. Non più da mente creativa di Versace.

Versace nella rotta di Prada
«Non amo l’equilibrio. Non posso permettermi di usare questa parola nel vocabolario Versace». Questa è Donatella Versace: biondissima e sempre abbronzata sui suoi tacchi a spillo altissimi, mai ha avuto la moderazione come obiettivo. Per 28 anni direttrice creativa della Maison di famiglia, perno indiscusso del brand dopo la morte del fratello Gianni, è stata timoniera di uno stile audace di eccessi, colori accesi e richiami barocchi.
Oggi, però, fa un passo indietro. È stata recentemente annunciata l’acquisizione del marchio da parte del Gruppo Prada, dal gruppo americano Capri Holdings. Versace torna quindi felicemente in Italia, ma Donatella ha abbandonato il suo ruolo, a favore di Dario Vitale. Lei resta come ambasciatrice della Maison, chief brand ambassador.
Signora Medusa comunque non ha rimpianti. «Sono assolutamente lieta che Versace entri a far parte della famiglia Prada», ha scritto sui social. «Gianni ed io abbiamo sempre avuto grande ammirazione per Miuccia, Patrizio e la loro famiglia. Sono onorata di lasciare il marchio nelle mani di un’azienda di famiglia italiana così fidata e sono pronta a sostenere questa nuova era per il marchio in ogni modo possibile».

Donatella Versace musa e spalla di Gianni
È stato il fratello Gianni a trasferirle la passione per la moda. Gianni genio creativo, Donatella donna marketing, il fratello maggiore Santo, laureato in Economia e Commercio, guida della parte finanziaria.
Sebbene Donatella avesse studiato Lingue e progettasse di diventare insegnante, seguì presto le inclinazioni di Gianni, che trovò nella sorella brillanti intuizioni creative. Fu musa, discepola e spalla.
Nel 1978 in via della Spiga a Milano nasceva la prima boutique Versace. La testa di Medusa, figura mitologica con serpi al posto dei capelli, diventava un logo registrato. Negli anni ’80 arrivò per Donatella la prima investitura ufficiale, alla direzione della linea più giovane Versace Versus.
Appassionata di musica e sempre più stilista, rivelò brillanti doti nella promozione del brand. Negli anni ’90 Madonna era nella sua epoca più folgorante, regina incontrastata del pop e della trasgressione: ed eccola, testimonial di Versace. La prima di diverse collaborazioni che hanno reso la Medusa un’etichetta ambita, amata negli States e urbi et orbi, sinonimo di un’eleganza che osa, ricca e rigogliosa.
Con le sue stampe colorate di ispirazione mediterranea e il suo spirito dionisiaco, lo stile Versace ha profuso meraviglia e libertà creativa.

Il grande dolore, l’eredità e le responsabilità
Gli anni ’90, per Donatella Versace, sono stati anche quelli del grande dolore. Il 15 luglio 1997 Gianni Versace, mentre era nella sua villa di Miami Beach, fu assassinato con due colpi di pistola. Fu uno shock. La stilista fu colta anche dal terrore. Per un po’ di tempo, dopo il misterioso omicidio, era così spaventata da indossare una maschera.
Da allora Donatella ha preso le redini della Maison. Ha attraversato periodi non facili, ma è riuscita a mantenere Versace in vetta. Una delle sue creazioni più memorabili? Il Jungle Dress della sfilata primavera estate 2000 poi indossato da Jennifer Lopez ai Grammy Award. Tripudio di verdi brillanti, trasparenze e scollature, diventò virale.
Un’altra stoccata vincente, di dolce amarcord, alla sfilata autunno inverno 2019/20: fece indossare alla modella Candice Swanepoel un abito in raso di seta total black con spacco vistoso sulla gamba sinistra e bustier di stringhe, cinghie e fibbie dorate. Fu un omaggio al look dagli evidenti riferimenti sadomaso che disegnò per lei il fratello Gianni nel 1992: allora la tolse dall’ombra e le fece catturare ogni flash di fotografo.
Il lutto e le responsabilità gigantesche addosso la portarono però a rifugiarsi sempre più nella cocaina. Anche alcune collezioni ne risentirono. Fino al rehab per disintossicarsi, nel 2004. Per tornare con nuova voce creativa.
Intanto ha legato sempre più il brand alla cultura pop, vestendo le celebrità più fulgenti, da Rihanna a Beyoncé, da Bruno Mars a Lady Gaga, certo.

Donatella, una donna biondissima e forte
«È stato il più grande onore della mia vita portare avanti l’eredità di mio fratello Gianni», ha scritto Donatella sui social nel recente passaggio di testimone a Prada. «Lui era il vero genio, ma spero di avere un po’ del suo spirito e della sua tenacia. Nel mio nuovo ruolo di chief brand ambassador, rimarrò la più appassionata sostenitrice di Versace, che è parte del mio Dna ed è sempre nel mio cuore».
DV qui pecca di modestia. Era assolutamente impreparata dopo la morte di Gianni. Ma di fronte a pressioni, paragoni con il fratello, malessere assordante, rischio di baratro, ha ripreso la rotta, forte e talentuosa più di quanto sperava di essere. Nell’industria della moda italiana, storicamente dominata dagli uomini, ha saputo resistere e reinventare, ergendo il marchio a potenza globale ancora più risonante. Per sempre Versace.