

In conversazione con Alessandro Sartori, direttore artistico di Zegna
A capo delle collezioni di Zegna dal 2016, Alessandro Sartori sviluppa lo stile e la proposta di questa maison storica pur rispettandone la storia, l’apparato industriale e il radicamento nel cuore del Piemonte
A settembre 2024, nella patria dello storytelling, Zegna ha raccontato la sua straordinaria storia senza esagerare o enfatizzare alcunché. A New York, nel 1938, il suo fondatore Ermenegildo Zegna sbarcava dal transatlantico SS Rex proveniente da Genova, con i bauli pieni di campioni di drapperie e pregiati tessuti di lana realizzati nei suoi laboratori di Trivero. Lo scopo di quel viaggio negli Stati Uniti era rafforzare i legami con i sarti di origine italiana, considerati i migliori di Manhattan per la confezione di abiti su misura. In loro onore, l’imprenditore piemontese aveva persino organizzato una cena di gala, il cui menù a base di piatti italiani è stato riprodotto fedelmente nell’ambito di Villa Zegna, un evento inedito tenutosi a inizio stagione, a margine della Fashion Week di New York, per far scoprire la singolarità di questo marchio di lusso ultracentenario a una clientela selezionata con cura. «La storia di Zegna è particolare, e noi ve la raccontiamo in una maniera inedita, aprendo le porte del suo universo come se i nostri ospiti stessero visitando la storica manifattura di Trivero», spiega Alessandro Sartori, a margine dell’installazione di Villa Zegna, che fonde eredità, savoir-faire, stile contemporaneo e guardaroba su misura su più piani di una dimora newyorkese.

Lui, Alessandro Sartori – un nome predestinato a una carriera nella moda – è il direttore artistico di tutte le collezioni dal 2016. In precedenza aveva già lavorato due volte all’interno di questa impresa familiare, ricoprendo diversi ruoli nella creazione di tessuti e abiti. Tant’è che la conosce come le sue tasche e a volte capita che dica “noi” quando parla della famiglia Zegna. Aggiungiamo che la sua storia personale si è intrecciata più volte con la loro, proprio come i fili di ordito e trama di un tessuto. Alessandro Sartori è nato nel 1966 nell’ospedale di Trivero, la cui costruzione era stata finanziata, negli anni 20, proprio da Ermenegildo Zegna. Nello stesso periodo, questo villaggio arroccato del Piemonte deve anche la creazione di un centro sociale, una piscina e un cinema a questo imprenditore umanista, che in seguito si dedicò al rimboschimento dei colli che sovrastavano la sua manifattura con circa 500.000 conifere e rododendri. Dopo la Prima guerra mondiale, le foreste storiche erano state abbattute per fornire legna da ardere ai focolari della zona. Tuttavia questo ecosistema era prezioso anche per i lanieri situati nelle valli ai piedi del massiccio. Specializzati nel delanaggio, nella filatura e nella tessitura, questi artigiani utilizzavano l’acqua pura che scendeva dalle cime, ma all’epoca non si sapeva bene da quale torrente provenisse, perché c’era solo un piccolo sentiero ripido a condurre sulle alture. Così Ermenegildo Zegna finanziò anche la realizzazione di una strada panoramica di 26 chilometri, che oggi si snoda collegando i punti più spettacolari sulla Val Sessera, il Monte Rosa e la Pianura Padana e attraversa 100 chilometri quadrati di natura incontaminata che, dal 1993, costituisce l’Oasi Zegna, dove Alessandro Sartori ama spesso andare per rigenerarsi. E trovare ispirazione.

L’Oasi Zegna è un luogo di una purezza e una calma assoluta», ha confidato il direttore artistico l’ultima volta che l’abbiamo visitata. «Da bambino venivo qui per fare delle camminate o andare in bicicletta con mio padre. È qui che mi ha insegnato a sciare. Ovviamente sono sempre un po’ nostalgico in questi luoghi, perché non posso fare a meno di pensare a lui (è deceduto improvvisamente quando Sartori aveva 14 anni, ndr), ma questo ambiente è anche così incantevole, sempre verde e diverso da una stagione all’altra. A maggio, i rododendri in fiore costeggiano un tratto di strada per quattro chilometri. Alla fine di settembre è una profusione di colori autunnali. E in inverno, il profilo della montagna offre un panorama completamente diverso. Spesso la neve copre le Prealpi fino a mezza costa». Gli archivi Zegna riportano che anche il fondatore amava avventurarsi tra queste cime. In queste occasioni si cambiava d’abito indossando un outfit più informale, di cui la giacca “Il Conte” ne è una reinterpretazione contemporanea, firmata Alessandro Sartori, nell’ambito dell’evento Villa Zegna a New York. È declinata in quattro colori e realizzata in uno degli splendidi tessuti di cashmere di cui Zegna gestisce l’intera produzione, dall’allevamento delle capre, alla raccolta e trasformazione delle fibre.

Tra tutte le maison che sfilano durante le diverse Fashion Week di moda maschile, la griffe italiana è l’unica al mondo la cui attività verticalizzata si estende dalla trasformazione della materia prima grezza alla commercializzazione delle collezioni di prodotti finiti in una rete di boutique spesso a gestione diretta. «La maggior parte delle materie oggi in collezione sono di origine naturale e conosciamo la loro provenienza esatta», aggiunge Alessandro Sartori. «Il cashmere della Mongolia, il lino coltivato in Normandia, nel nord-ovest della Francia, vengono trasformati alla Filati Biagioli Modesto, a Montale in Toscana, di cui Zegna e Prada sono azionisti di maggioranza dal 2021. Sempre più spesso acquistiamo le fibre allo stato grezzo per trasformarle noi stessi, utilizziamo coloranti di origine naturale e ricicliamo gli scarti industriali in altri materiali. L’Oasi Zegna è oggi molto più di un’area protetta: è uno stato d’animo strettamente legato alla natura che pervade tutta l’azienda».