

The White Lotus effect e il boom del resortwear
Vestirsi come se fossi sempre in vacanza (anche se non lo sei): si chiama resortwear. E allora ecco canuale di sopravvivenza estetica per chi sogna di vivere in un episodio di The White Lotus
Lì, tra l’ultimo mojito che non dovevi prendere e quella sensazione di pelle salata sotto una camicia di lino aperta, succede qualcosa. Il tempo si dilata, l’aria cambia, e improvvisamente tutto sembra possibile. E
il resortwear è nato per questo: per vestirsi come se nulla potesse andare storto, anche quando lo fa. E se oggi è tornato a invadere le passerelle, i feed e le hall dei boutique hotel più fotografati d’Europa, è perché siamo tutti un po’ stanchi di sembrare impegnati. Ma anche grazie alla nuova stagione di The White Lotus.
Chiamiamolo pure resortwear, anche se suona come un gioco per ricchi. La verità è che basta una polo in maglia, un pantalone ampio e un sandalo con carattere per spostarsi – mentalmente – a Taormina, anche se sei in fila in stazione a Termini. Non è una questione di stagione. È una questione di spirito.

L’uomo del 2025 non veste “in vacanza”. Vive in vacanza (almeno nel guardaroba). Lo dimostrano i completi in cotone di Dries Van Noten, che sembrano usciti da un film con Alain Delon ma indossati da un creativo che lavora da remoto tra Palermo e Lisbona. O le camicie aperte di Loewe, che sanno di cocktail al tramonto ma si portano sopra una T-shirt bianca, anche a una call su Zoom. JW Anderson ha portato il pigiama da spiaggia in passerella come fosse un completo da vernissage. Dior Men, per mano di Kim Jones, ha reso il leisurewear elegante con giacche destrutturate e sandali da poeta in vacanza. La parola d’ordine è easy, ma costruita.
Poi ci sono quelli che il resortwear lo interpretano con ironia. Tipo Tyler, The Creator — che della camicia hawaiana ha fatto un manifesto e che porta i bermuda sartoriali come se fosse sempre in un videoclip. O come in Succession, dove i look più potenti non si vedono negli uffici ma nei fine settimana in Toscana. Perché il potere vero oggi è potersi permettere di sembrare fuori luogo e avere comunque tutti gli occhi addosso. D’altronde, il bello del resortwear è che non ha bisogno di destinazione: basta avere l’atteggiamento giusto. Tipo non abbottonare la camicia, arrotolare i pantaloni senza pensarci troppo, portare la borsa come se non avessi mai dovuto “portare” nulla in vita tua.

Il resortwear nasce un secolo fa
Tutto è iniziato negli anni Venti, quando l’élite europea e americana si rifugiava a Cannes, Palm Beach, Biarritz come se il mondo non li riguardasse più. Coco Chanel disegnava pigiami da spiaggia, Vionnet abiti che sembravano onde: era già resortwear, ma nessuno lo chiamava così. Era un codice visivo: relax come status, leggerezza come lusso.
Nel 2025, il concetto si allarga. Può essere un caftano boho-chic di Missoni, una stampa psichedelica di Pucci, o un completo in spugna che sembra uscito da un set fotografico degli anni ’70. Gli accessori? Il vero punto esclamativo: gioielli che non avresti mai saputo dove mettere, cappelli da contrabbandiere elegante, tote bag grandi quanto la tua voglia di sparire per un weekend.
Ma cosa c’entra The White Lotus?
E non è un caso se il reboot estetico è partito proprio da The White Lotus. Perché lì, tra shorts in seta e caftani con la cintura, è stato messo nero su bianco un nuovo paradigma: il lusso oggi è leggero, rilassato, ma estremamente costruito. Ogni look di Theo James e soci sembrava casuale. Ma era strategia pura. Nella terza stagione, personaggi come Lochlan Ratliff indossano camicie con stampe tropicali e pantaloncini vivaci, incarnando un’estetica di opulenza disinvolta che parla più di status che di denaro. I costumi, curati da Alex Bovaird, celebrano un’estetica massimalista: colori accesi, pattern che sembrano cartoline, silhouette che oscillano tra il lussuoso e il bohémien. Un guardaroba che racconta caratteri, privilegi, crisi esistenziali. Perché il resortwear non è mai solo moda: è racconto.

Come si indossa il resortwear anche se non sei in un resort?
Inizia con una camicia leggera (meglio se a righe, meglio ancora se vintage), lasciala aperta sopra una canotta bianca — perché l’estate vera si riconosce dalla pelle che respira. I pantaloni? Ampi, morbidi, quasi impalpabili, con l’orlo che sfiora la sabbia o l’asfalto. Ai piedi, niente sneaker: sandali in cuoio, mocassini scamosciati, espadrillas se ti senti cinematografico. Aggiungi dettagli che sembrano presi in prestito da un altro mondo: un foulard al collo, un cappello a tesa larga, un paio di occhiali abbastanza grandi da sembrare in incognito. Non devi imitare nessuno — devi solo sembrare appena tornato da un viaggio che non hai raccontato a nessuno. Il trucco è sembrare sempre sull’orlo di un altro aperitivo, di un altro tuffo, di un’altra fuga improvvisa. Anche se sei appena uscito dall’ufficio. Anche se fuori piove.