A cinquant’anni dallo scontro di Brighton, la sfida tra mod e rocker si sposta sulle passerelle: tra parka e biker, la riscoperta dei ’60

Sono passati cinquant’anni dagli scontri sulle spiagge inglesi di Brighton, Clacton e Margate, ma mod e rocker continuano a darsi battaglia: la sfida si è solo spostata sulle passerelle del prossimo inverno. Modalità più soft per mettere in scena lo stesso antagonismo che li anima da sempre. 

Generi musicali, icone di riferimento, persino i mezzi di trasporto: le due culture giovanili che hanno maggiormente segnato la storia recente non hanno mai condiviso nulla, tranne la reciproca ostilità. Se i rocker amavano passare la giornata nelle officine con le loro Harley Davidson, nella fedele riproposizione del Selvaggio Marlon Brando, uno dei loro padri putativi, i mod hanno sempre preferito spostarsi sugli scooter, rigorosamente italiani, Lambretta e Vespa su tutti, in direzione di qualche club dove ascoltare soul, ska, jazz, senza lesinare sulla sperimentazione anche in fatto di droghe, come racconta Quadrophenia, il più famoso film divenuto manifesto del movimento, con musiche degli Who, esponenti di spicco della cultura mod, il chitarrista Pete Townshend su tutti.

Lo stile merita un capitolo a parte: ruvidi e scarmigliati, i rocker hanno da sempre eletto biker e jeans sdruciti a loro divisa d’ordinanza, irridendo la maniacalità dei mod, edonisti e narcisi nei loro completi sartoriali realizzati a Savile Row, o ancor meglio in Italia, che proteggevano con cura durante i viaggi in moto, indossando il parka. Uno stile, il loro, regolato da un codice non scritto ma rigoroso, conditio sine qua non per entrare nei club più famosi. Proibite le giacche che non abbiano tre bottoni, completi declinati su nuance inglesi come grigio, marrone e nero, Oxford come scarpe d’ordinanza, da alternare ai desert boots o a delle stringate in vernice Doc Martens per le occasioni più casual, corredate da calzini in filo di Scozia in colori d’impatto e a motivi grafici (guarda anche cinque stili di calzini, dal gentleman al dandy). Casual per loro ha sempre significato polo, maglioni in cachemire e camicie button-down dalle micro-stampe geometriche o check.

Una rivalità che per il prossimo inverno si ripropone in passerella, con Gucci e Saint Laurent che fanno da capofila per le due fazioni: se da Gucci i completi slim-fit hanno volumi sartoriali e consapevoli, colorati di nuance pastello che ravvivano l’arcobaleno cromatico originale del guardaroba Mod, la griffe francese fa sfilare navigate rock star, che ostentano con sicurezza tutto il classico repertorio che ci si aspetta, giacche di lustrini, stampe animalier, pantaloni in pelle e bandane.

Berluti resta fedele alla tradizione, colorando i tre pezzi uber-chic in gradazioni profonde e d’impatto, marrone e terra di Siena bruciata. Dall’altra parte della barricata, Paul Smith prende ispirazione dal Re Lucertola, il rocker dall’aura leggendaria Jim Morrison, disegnando una collezione che mixa i grandi classici con richiami seventies, come le casacche paisley amate dall’artista di Melbourne.

Infine Dior Homme rispolvera una delle regole basilari del dress-code Mod, facendo indossare al suo uomo completi gessati comme de rigeur, protetti da parka; John Varvatos, di contro, prende spunto dai Kiss, anche nuovi testimonial del marchio, nel tratteggiare i contorni di rocker che, seppur eruditi sul piacere di un tre pezzi dalle proporzioni perfette, non rinunciano ai loro immancabili biker