Da Lucio Vanotti a Fabio Quaranta, passando per Emiliano Rinaldi: la moda maschile vista dai nomi emergenti della new wave italiana

Non chiamateli emergenti.

I loro marchi hanno meno di cinque anni di vita, ma il fashion system li conosce (e li apprezza). Saliti alla ribalta molto spesso grazie a concorsi e piattaforme come il Who is on Next?, organizzato da Pitti Immagine in collaborazione con Alta Roma e L’Uomo Vogue, si stanno guadagnando copertine e recensioni entusiaste da parte della stampa specializzata italiana e straniera, che li ha eletti come i nuovi nomi da seguire. In attesa della definitiva consacrazione a nomi stabili nel calendario della fashion week milanese, vestono l’inverno con ispirazioni workwear, dall’eleganza dell’inizio del secolo scorso, o con una dissacrante ironia, ma sempre e comunque con personalità distinte e ben identificabili.

Lucio Vanotti, bergamasco di nascita ma milanese per affinità elettiva, ha lanciato il marchio che porta il suo nome nel 2012. Discreto, sfuggente per natura, poco amante delle luci della ribalta, lascia che siano i suoi vestiti a parlare per lui: il rigore delle proporzioni, il monocromo, nessuna concessione al superfluo e una chiara fascinazione verso l’architettura razionalista, i suoi capi sono esercizi di uno stile riduzionista, contemporaneo ma dal fascino antico e casalingo. Per quest’inverno infatti, gli elementi streetwear come zaini, cappelli e felpe dalla stampa pixelata che richiama i tappeti persiani, si portano con capispalla rigorosi, ma dai volumi morbidi, che si allacciano come vestaglie o con le maniche ampie come kimono. I colori sono sobri ma d’impatto, l’eleganza è persistente ma sottotraccia per riservatezza.

Gli Au Jour le Jour, duo creativo formato da Mirko Fontana e Diego Marquez hanno lanciato la linea maschile, Au jour le jour Garçon solo nel 2013 ma gli insider li conoscono già per il loro womanswear, passione di it-girl e stylist. A benedirne il percorso è stato addirittura Giorgio Armani che li ha selezionati tra i nomi nuovi, come usa fare ormai da qualche stagione, permettendo loro di sfilare nel suo teatro, sede storica dei defilè del marchio. Divertenti, autoironici, dissacratori, la loro moda dai molteplici riferimenti alla pop-culture e allo street style è epigone dello stile di Moschino, aggiornata al 2014. L’ispirazione per l’inverno viene da un boyscout dallo spirito eclettico, che indossa jeans délavé dall’aspetto vintage, decorandolo con patch iper-colorati. Lo spirito è sportivo, ma trova il suo perfetto contraltare in lavorazioni jacquard sul cachemire, stampe check e tweed di lana, motivi aspirazionali della più classica sartoria.

L’aretino Emiliano Rinaldi è invece un ingegnere prestato alla moda. Particolare di cui va fiero, e che gli piace ricordare persino nella targhetta interna dei suoi capi. Toscano, l’investigazione che predilige è quella sui tessuti, a cui regala consistenze morbide, stampe della tradizione fiorentina e allure da dandy in libera uscita. La collezione invernale infatti declina un classico dell’eleganza come il frac, in varianti adatte ad eventi informali, colorandolo di zaffiro e rosso rubino. I tre pezzi sono rilassati come pigiami da casa, ma dalle micro-stampe ricercate. Una cifra stilistica unica, che gli ha permesso da questo gennaio di divenire anche direttore creativo della nuova linea maschile del noto brand di intimo La Perla. (vedi anche il debutto maschile di La Perla con Emiliano Rinaldi)

Mancino e astigmatico, come lui stesso si definisce, Fabio Quaranta ha vinto il Who is on Next Uomo nel 2010, iniziando da allora una scalata che gli ha permesso di divenire una delle voci più interessanti nel panorama maschile. Il suo è un workwear dal minimalismo raffinato, che ricorda la sobrietà degli inizi del secolo scorso, dai toni pacati, ma che colpisce per la sua atemporalità, regalando capi che sembrano esser nell’armadio di ogni uomo da sempre e per sempre.

Abbigliamento ma non solo. L’ispirazione workwear la fa da padrone anche nella collezione invernale di Super Duper, marchio di cappelleria interamente realizzata a mano, creato da Matteo Gioli, Ilaria e Veronica Cornacchini. A fare da protagonisti sono i gandy dancers, operai statunitensi dell’inizio del secolo scorso il cui principale compito era quello di allineare i binari. Compito gravoso, che sdrammatizzavano con canti gospel. Una consistenza materica venata di poesia, come nei loro cappelli, coppole in tweed e fedora in verde, blu, e grigio, che sembrano coperti da un sottile strato di polvere, a regalare un fascino vintage, ma inaspettamente urbano.