Il gruppo simbolo brit-pop ritorna con un attesissimo album “Magic Whip” e la moda celebra lo stile ironico tra streetwear e Savile Row

Era il 2003 quando li abbiamo ascoltati per l’ultima volta con l’album Think Thank: nel mezzo reunion, concerti segreti, lo sviluppo di altri progetti musicali, come quello dei Gorillaz di Damon Albarn. Oggi, dopo 12 anni, i Blur ritornano con un grande concerto il 20 giugno ad Hyde Park, nel contesto del British Summer Time Festival, e con un nuovo album, Magic Whip in uscita il 27 Aprile, di cui hanno pubblicato già tre singoli, l’ultimo, Lonesome Street, appena caricato su You Tube.

L’attesa rispetto al nuovo prodotto del gruppo degli Essex dogs, nato nel lontano 1989 dalle menti dei tre amici incontratisi al Goldsmiths College a Londra, a cui poi si unirà il batterista Dave Rowntree, è alle stelle. E non è una sorpresa, considerato che la formazione capeggiata da Albarn ha segnato in maniera indelebile gli anni novanta, ponendosi come luce guida di un intero genere, il brit-pop, che ha poi sfornato altre band del calibro di Suede, Pulp, Supergrass, per non parlare degli acerrimi rivali, gli Oasis, una rivalità molto, forse troppo sottolineata dalla stampa musicale, e riaccesa in continuazione dalle dichiarazioni al vetriolo dei rissosi fratelli Gallagher. 

La principale differenza con la band di Manchester però, è stata la capacità di non sciogliersi mai, non perdersi in liti fratricide e prendersi il tempo per perseguire altre strade, pur con tutte le difficoltà che comporta la vita di una band, sempre a stretto contatto nonostante personalità estremamente diverse, tanto da esser capaci anche di sotterrare l’ascia di guerra con Noel Gallagher, con il quale si sono esibiti nel 2013 alla Royal Albert Hall. Il fratello meno rissoso ha fatto da corista sotto le note della ballata più conosciuta dei Blur, Tender, mentre l’icona Paul Weller, padre putativo di entrambe le formazioni, suonava la batteria.

Un’impronta indelebile, quella lasciata dai Blur, non solo nel panorama musicale, ma anche nello stile, perfetti interpreti dello Zeitgeist degli anni novanta. Ironici fino alla dissacrazione, hanno indossato i completi con le polo, abbinato tartan e principe di Galles, streetwear e Savile Row. Un approccio che la moda celebra in occasione del loro ritorno, ripulendolo degli eccessi e adattandolo alla contemporaneità: i completi sono minimali, in nuance di blu e grigio (meglio se fumo di Londra, ovviamente), in consistenze portabili anche per chi non è a proprio agio con i formalismi di giacca e pantalone, lino e fresco lana su tutti. Vero elemento di transizione la polo, oggi come allora capace di declinarsi con scioltezza sotto i completi, perfetti se abbinati ai chelsea boots, così come in ensemble meno formali. In questo caso i jeans si mostrano nella loro veste migliore, le vestibilità slim sono da preferire a quelle rilassate, col cavallo basso e le sdruciture in voga negli anni novanta, con lavaggi che ne scuriscono il denim regalandogli un appeal più deciso, da indossare in ufficio e per il tempo libero. I capispalla di riferimento rimangono parka e field jacket, simbolo della cultura Mod che i Blur hanno fatto rivivere (nella celebre Park Life la voce narrante è quella di Phil Daniels, il Jimmy The Mod del film simbolo dell’epoca, Quadrophenia), pezzi che ora attraversano una seconda giovinezza. Ai piedi un altro classico che ha mantenuto inalterato il suo fascino, le Gazelle, da preferire in blu o in nuance da sottobosco, dal mattone al verde più scuro, in testa l’immancabile coppola in principe di Galles, il tocco definitivo da dandy inglese che non si prende troppo sul serio.