Giancarlo Commare

Giancarlo Commare

Dopo il successo del musical “Tutti parlano di Jamie”, è al cinema con “Eravamo bambini”, e poi sarà in tv nella serie sul delitto di Avetrana. Insomma, è il suo momento e se lo merita, dopo tutti i sacrifici fatti per inseguire un sogno, come in quel film…

di Angelo Pannofino

Ogni generazione ha la sua storia edificante con ragazzino inglese, cresciuto in contesto proletario-minerario, che insegue un sogno anticonformista. A noi, giovani negli anni 90, è toccato il Billy Elliott che voleva fare il ballerino invece che il minatore. I ragazzi di oggi, più avanti, pratici di parole come “inclusività”, hanno Jamie Campbell, che sposta il limite del sogno dal livello “ballerino” al livello “drag queen”.

Storia vera, raccontata dalla BBC, diventata Everybody’s Talking About Jamie, musical trionfante a Londra e poi in Italia dove, nei panni di Jamie, ci si è messo Giancarlo Commare, anche se sarebbe più appropriata l’equivalente espressione inglese che ai panni sostituisce le scarpe: in questo caso, due décolleté in vernice rossa con tacco 15 che a Commare stanno da dio mentre balla, canta, recita. Un successone. E dopo un anno così, due ernie sul conto (e le donne in coro: «A noi lo dici»).

Giancarlo Commare
Abito Latorre, camicia vintage

C’è una similitudine tra la storia di Jamie e la sua, classe 1991 per un pelo, nato il 29 dicembre in quella Castelvetrano, Sicilia, che ha dato i natali a Matteo Messina Denaro. A occhio, non proprio l’ambiente ideale per coltivare, come il bambino Giancarlo, sogni ballerini e attoriali: «Non è stato facile ascoltare quello che le mie orecchie sentivano». Eppure non è stata la rabbia il carburante per andare avanti: «Di rabbia ne avevo tanta ma era causata da altro…», e il pensiero va a quel bambino cresciuto senza un padre.

«In realtà, ciò che mi ha fatto andare avanti è stato rendermi conto che ballare, recitare, mi faceva stare bene: inizialmente ci stavo male a sentire quello che diceva la gente, non capivo cosa stavo facendo di male e mi sentivo quasi in colpa. Poi, crescendo, mi sono detto “Ma che problema c’è?! Se ti piace farlo, fallo!”».

Giancarlo Commare
Camicia e pantaloni Dolce&Gabbana

Tra il dire e il farlo, comunque, c’è di mezzo un contesto in cui perfino «mia madre, che è la prima persona che mi ha sempre sostenuto in tutto, lei stessa, quando le ho espresso il desiderio di andare via, mi ha detto “Ma non è meglio se vai a Palermo? Più vicina, economica, magari fai giurisprudenza, che è più sicuro…”. Le ho risposto “Mamma, tu desideri un figlio laureato, ricco e infelice o un figlio povero, ma che vive la sua vita libero e felice?”».

Domanda retorica a cui il giovane Giancarlo Commare, da bravo drammaturgo in erba, fa seguire anche l’evocazione di scenari dickensiano-romaneschi: «Le dissi “preferisco andare a Roma, stare sotto un ponte e mangiare tonno in scatola pur di fare ciò che mi rende felice”». Quando poi a Roma ci è andato davvero «mi sono reso conto che il tonno in scatola costava parecchio, non me lo potevo permettere».

Giancarlo Commare
Giacca Versace, pantaloni Dolce&Gabbana, scarpe Gianvito Rossi

A Roma, dunque, per rincorrere il fatidico sogno: il provino all’accademia di recitazione. E bugia raccontata alla mamma «per non farla preoccupare: le ho detto che avevo chi mi ospitava». E poi: «I 40 euro per il bus, una grossa spesa»; il viaggio lunghissimo, l’arrivo alle sei di mattina, lavarsi nel bagno di un bar, il provino, il bus per tornare che parte solo il giorno dopo e quindi vagabondaggi romani fino alle quattro di mattina, dormire sulle scale di Piazza di Spagna, la sveglia con getto d’acqua del netturbino, il viaggio di ritorno in Sicilia e, nel frattempo, la grande notizia: provino superato.

E adesso? Diciannovenne, trasferimento a Roma, lavoretti per mantenersi e poi le prime parti in serie tv di successo… E visse felice e contento. Anzi no. C’è quell’assenza che continua a essere presentissima, e nonostante il lavoro vada sempre meglio, a teatro, in tv, al cinema, Giancarlo Commare va in crisi: «Mangiato da altro, stavo per rinunciare a tutto. I mostri che avevo dentro mi dicevano che se non posso avere il riconoscimento e l’amore della persona che dovrebbe amarmi di più nella vita, che senso ha continuare?».

Giancarlo Commare
Giacca Dior

Poi, come nella trama di Maschile singolare, il suo primo film da protagonista, «ho capito che stavo recitando solo per avere un riconoscimento. Ed è stata una rinascita: ho capito che non voglio più fare questa cosa per sentirmi dire bravo. Oggi il mio obiettivo è divertirmi: se mi diverto, sto facendo qualcosa che funziona».

Rinascita o meglio nascita di un attore, meglio ancora di un artista, perché Giancarlo Commare, oltre a recitare, sa ballare e cantare, come quelli che giocano nel campionato di Hollywood: «Aspiro a quello. Perché con questo mestiere ci prendiamo una grossa responsabilità: raccontare i sentimenti e il non detto delle persone. Per rispetto, e per riuscirci, ho bisogno di conoscere tutte le mie possibilità artistiche».

Giancarlo Commare
Abito Latorre, tank top Wayerob

E, infatti, non ci sono solo canto, ballo e recitazione: «Mi piace fotografare, dipingere, scrivere, mi piace la regia, la scultura, creare decorazioni, fare musica… Purtroppo ci siamo abituati a etichettare tutto, e uno che fa tante cose crea confusione. Ma per me arte vuol dire libertà. Forse dovrei dire che non voglio fare l’attore: voglio fare arte. Punto».

Fluidità, insomma, l’arma-fine-di-mondo contro ogni etichettatura: «Per esempio: siccome ho interpretato due personaggi gay, da un anno ricevo solo proposte per ruoli gay».

Giancarlo Commare
Giacca e jeans Loewe, scarpe Ami

Così è, nell’ambiente cinematografico? Stereotipi, pregiudizi e forse ancora certi comportamenti in stile Hollywood Babilonia, che il metoo sta cercando di eradicare: «Ho assistito a scene in cui questa cosa veniva fuori come se fosse la normalità, ho avvertito il maschilismo tossico e ne sono rimasto deluso, forse perché in teatro si percepisce meno. Però sento che appartiene al vecchio più che al nuovo, perché nelle nuove produzioni, nelle nuove generazioni, nei nuovi colleghi, nei nuovi registi tutta questa roba non la sento. L’ho avvertita solo quando sono stato in ambienti più “vecchi”, come un retaggio del passato. E noi delle nuove generazioni forse abbiamo sbagliato a comprenderli, giustificando certi comportamenti, piuttosto che imporci, noi che siamo nel giusto». Il tempo è dalla loro parte.

In apertura Giancarlo Commare veste abito LATORRE 1965. Photos by Adriano Russo, styling by Edoardo Caniglia. Grooming: Astor Hoxha @Blend Management. Styling assistant: Valentina Volpe.