

Apple Park: il prodotto più visionario di Cupertino. E non si compra
Perché tutti parlano dell’iPhone 17 e nessuno del capolavoro di architettura e design sostenibile che Apple ha completato nel 2017? Parliamo del campus da 5 miliardi di dollari che è il segreto meglio custodito della Silicon Valley
Mentre i riflettori dei media si accendono ossessivamente sul nuovo iPhone 17 – un oggetto di design rivoluzionario, certo, ma pur sempre destinato a diventare obsoleto – un’altra creazione di Apple, monumentale e silenziosa, giace nell’ombra della Silicon Valley: l’Apple Park, il grande anello di vetro e acciaio che oggi domina Cupertino.
Se gli iPhone sono pensati per avere un ciclo di vita limitato, l’headquarter della Mela è concepito come un’eredità eterna. Da non confondere con un banale ufficio, è un simbolo culturale, un ecosistema chiuso e al tempo stesso aperto al paesaggio, un capolavoro architettonico che merita di essere raccontato oltre le cifre da record. Costò 5 miliardi di dollari, impiega oltre 12.000 persone e ha un tetto solare da record. Eppure, è uno dei progetti più sottovalutati di Apple. Perché il suo capolavoro più duraturo non è in vetrina, ma è la vetrina stessa. E ridurlo a mera scenografia dei keynote sarebbe un errore: Apple Park vale di per sé, per scala, ambizione tecnica e radicalità progettuale.

Un anello di design e ingneria
La prima cosa che colpisce è la forma: un cerchio perfetto. Quattro piani fuori terra e tre interrati, 1,4 chilometri di perimetro e un diametro di 461 metri. Spesso banalizzato come una “nave spaziale” atterrata a Cupertino, il progetto di Foster + Partners è, in realtà, un gesto radicato nel paesaggio californiano.
Non fantascienza, dunque, ma eco delle colline e dei grandi spazi aperti. Il tetto in metallo lucido riflette il cielo, le nuvole, le stagioni. La geometria circolare non impone un potere verticale, ma crea continuità: di luce, di viste, di percorsi. Al centro, un grande parco di 12 ettari che Steve Jobs immaginava “come Hyde Park”, pensato per ricongiungere lavoro e natura. Un edificio che rinuncia all’ego dell’archistar per diventare architettura camaleontica, in armonia con l’ambiente e con il design umanocentrico di Jony Ive, che insieme a Jobs ne ha guidato la realizzazione.

Le superfici trasparenti nascondono un lavoro di precisione quasi ossessivo. Le lastre di vetro curvo – tra le più grandi mai realizzate – sono state sviluppate ad hoc, così come le porte scorrevoli alte metri che dissolvono i confini tra dentro e fuori. Il campus poggia su centinaia di dispositivi antisismici, in grado di assorbire le scosse della California. Ogni dettaglio è stato testato in mock-up a grandezza reale: maniglie, tavoli, pavimenti. Nulla è lasciato al caso.
All’interno, la stessa filosofia: spazi aperti per favorire incontri casuali, lunghi tavoli in quercia, vetrate che portano l’esterno dentro. Il cemento levigato brilla come uno schermo, il legno degli interni richiama quello degli alberi appena fuori. Le porte, alte oltre quattro metri, spariscono nelle pareti senza stipiti. È l’applicazione architettonica del principio Apple: il design che non si impone, ma lascia spazio all’esperienza umana.

La sostenibilità come fondamento, non come opzione
Apple Park è anche un progetto architettonico di sostenibilità applicata a grande scala. È stato progettato infatti per ridurre drasticamente il consumo energetico. L’80% del sito è verde, là dove prima c’erano parcheggi e asfalto. Oltre 9.000 alberi, molti autoctoni e fruttiferi, stagni, sentieri, prati. Un paesaggio progettato con OLIN per ricreare un “bosco californiano” che funziona come ecosistema, filtro visivo e spazio di benessere per i dipendenti. La sostenibilità è fondamento, non accessorio: ventilazione naturale per nove mesi all’anno, 17 megawatt di fotovoltaico sul tetto, celle a combustibile Bloom per la produzione locale. Dal 2018 il campus è alimentato al 100% da fonti rinnovabili.
Perché (quasi) nessuno parla dell’Apple Park?
Forse si parla poco dell’Apple Park perché non è un prodotto da vendere, ma un’eredità da custodire. A differenza di un iPhone, che deve essere venduto e pubblicizzato, il campus è un progetto introverso, un “prodotto” per i dipendenti e per l’eredità dell’azienda. E mentre l’ultimo iPhone diventerà obsoleto in una manciata di anni, l’Apple Park è progettato per durare secoli. È, forse, il prodotto più ambizioso e visionario mai realizzato da Apple. E il fatto che pochi ne parlino non lo sminuisce; al contrario, ne accentua il carattere di opera d’arte assoluta, che non ha bisogno di clamore per affermare il suo valore. Un capolavoro silenzioso, che parla il linguaggio universale della bellezza, della tecnologia e dell’armonia.
