Focus sull’arte contemporanea nella città sul Bosforo

Ormai in chiusura, ma merita di essere vista la quattordicesima edizione della Biennale di Arte Contemporanea di Istanbul, soprattutto per gli spazi inusuali scelti quali sedi espositive: garage, navi, un faro sul Mar Nero, la sede del Liceo Italiano, Casa Garibaldi, e ancora giardini, abitazioni private, ex istituti di creditosolo per citare quelle più sorprendenti. 

Visitare i trenta spazi delle mostre è compiere un viaggio da Beyoglu a Buyukada, da Sisli a Kadikoy sino a Rumelifeneri, a piedi, in battello, in taxi.

Poi c’è il tema principale, quanto mai di attualità: l’acqua salata, le onde, il mare, sul quale viaggiano le cose, le persone, e soprattutto le forme e i pensieri, ovvero  gli altri ingredienti della Biennale ai quali si fa cenno anche nel titolo di questa rassegna internazionale alla quale partecipano artisti di fama. Adrian Villar Rojas ad esempio ha immaginato una personalissima Arca di Noè: i suoi animali in gesso restano incredibilmente a galla.

Marcos Lutyens invece ha creato la propria installlazione nella stiva di un battello sul Corno d’Oro, William Kentridge ha avuto in dote, per il suo allestimento, cinque stanze dell’Hotel Splendid Palace.

Ci sono anche opere italiane come Il Quarto Stato di Giuseppe Pelizza da Volpedo e la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto che sembrano avere più affinità di quanto si potesse immaginare prima di questo confronto ravvicinato.

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Saltwater: a theory of thought forms

Istanbul, sino al 1° novembre