Come lei nessuna mai. Maria Callas in due mostre a Milano

Come lei nessuna mai. Maria Callas in due mostre a Milano

di Paolo Lavezzari

Due mostre rendono omaggio alla “divina” Maria Callas, tra fotografie d’epoca e riletture contemporanee. E a Palazzo Reale si annuncia un tour fotografico dei più spettacolari teatri d’Italia


Maria Callas con un abito della sartoria Biki, aprile 1958
 Fotografia Angelo Novi,
Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

Non manca molto all’apertura della stagione lirica milanese, ma già se ne parla e, gioco forza il centenario della nascita (il 2 dicembre), Maria Callas torna alla ribalta (se mai dal cuore dei melomani se ne fosse mai allontanata), tanto che si  chiama Callas100, il palinsesto di iniziative organizzate tra novembre e dicembre dal Comune di Milano in collaborazione con Teatro alla Scala, Gallerie d’Italia e Piccolo Teatro di Milano, per omaggiare la celebre artista. Tra il Teatro alla Scala e la piazza omonima, il mito della soprano per eccellenza, la ‘divina’ per antonomasia (in realtà il titolo era condiviso con Greta Garbo), viene celebrato e ripercorso da due eventi espositivi. 


Aristotele Onassis balla con Maria Callas al veglione di fine anno all’Hôtel de Paris, Monte Carlo, 31 dicembre 1960, 
Fotografia Franco Gremignani, Archivio Publifoto Sanpaolo

A questa assoluta icona – almeno con lei il termine tanto abusato si può usare più che a proposito – le Gallerie d’Italia di Milano dedicano, fino al 18 febbraio, la mostra Maria Callas. Ritratti dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo a cura di Aldo Grasso, giornalista e critico del Corriere della Sera. Se non deve essere stato facile pescare le 91 immagini in mostra visto che l’Archivio Publifoto solo della Callas ne conserva oltre 1500, la selezione ripercorre dal 1954-1970 gli anni d’oro della soprano. Il taglio delle foto è quello classico di un’agenzia fotogiornalistica, e così Callas è colta piuttosto nella quotidianità del dietro le quinte che on stage.  E comunque ad aprire e chiudere l’esposizione sono proprio due scatti assolutamente scaligeri: il primo, 1° dicembre 1954, la ritrae insieme ai tre grandi direttori d’orchestra Arturo Toscanini, Victor De Sabata e Antonino Votto dopo una delle prove del La Vestale; il secondo, 7 dicembre 1970, la coglie di nuovo alla Scala, ma come spettatrice, accanto alla figlia di Toscanini, Wally. Perché vedere la mostra? Perché Maria Callas rimane un caso speciale di divismo, perché come un divo del grande schermo, lei cantante lirica, era perennemente pedinata e ritratta ovunque andasse, complici anche una vita sentimentale quantomeno tormentata (il marito Meneghini, poi Onassis) e le amicizie importanti (da Visconti a Pasolini) che contribuivano ad alimentare il clamore mediatico dei grandi rotocalchi popolari, cinegiornali etc intorno a lei. 


Dalla mostra Fantasmagoria Callas, Museo Teatrale alla Scala, ©Giovanni Hanninen

Proprio nel Museo Teatrale alla Scala apre invece il 17 novembre (fino al 30 aprile) Fantasmagoria Callas, che affidando il compito a cinque creativi contemporanei e ai loro linguaggi propone un’esplorazione del mito di Maria Callas. Torniamo dunque a quel termine ‘icona’ di cui abbiamo detto poco fa. Un omaggio più che dovuto da parte del Teatro a un’artista il cui nome, tra il 1950 e il 1961, è apparso in 23 titoli d’opera, 28 spettacoli tra cui 6 inaugurazioni di stagione. Ecco dunque che a interpretare il mito di Maria Callas con cinque progetti realizzati ad hoc sono per la moda Giorgio Armani con un abito che mira a dare forma a una voce; il musicista e il compositore Alvin Curran che presenta un’inedita composizione; gli artisti Latifa Echakhch, con un intervento site-specific, e Francesco Vezzoli; il regista Mario Martone che presenta un cortometraggio interpretato da Sonia Bergamasco sulla fascinazione esercitata dal soprano sulla scrittrice Ingeborg Bachmann. 


Patrizia Mussa, Teatro Argentina, Roma

Non c’è la divina, ma c’è sempre il teatro, anzi tanti teatri nella mostra Teatralità. Architetture per la meraviglia che aprirà il 6 dicembre a Palazzo Reale, quando saremo per davvero sotto data con l’inizio della stagione lirica. Autrice delle 60 immagini esposte nelle dieci sale dell’Appartamento dei Principi è Patrizia Mussa, che tra i soggetti a lei più cari ha tra i primissimi proprio i teatri. Il suo lavoro però non si ferma allo scatto della foto fatto con luce naturale, visione frontale – insomma al riportare quanto esiste – perché poi, fissata la veduta e stampata su carta cotone, Mussa interviene con i pastelli colorati a ripercorrere i dettagli – rendendola molto simile a un dipinto 
o a un arazzo – giungendo a mix tra foto e gesto pittorico. Nel grand tour dei teatri grandi e piccoli d’Italia, dai primi di corte agli edifici veri e propri che Mussa ha realizzato il filo conduttore è, per chiarire, l’idea del teatro quale luogo per la comunità, in cui riunirsi, guardare ed essere guardati. I primi teatri di Vicenza, Sabbioneta e Parma, poi la Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia, il Regio di Torino , il Teatro Massimo di Palermo, ci sono tutti; accanto, alcune architetture che testimoniano la vocazione “teatrale” di certa architettura italiana, come la Reggia di Venaria, quella di Stupinigi, la Reggia di Caserta, Palazzo Grimani a Venezia.


Paterizia Mussa, Teatro Olimpico Vicenza