Dalla Swinging London all’Afghanistan, da Madre Teresa a Brigitte Bardot, le sue foto hanno segnato mezzo secolo di cultura pop. Qui, in esclusiva per Icon, si fotografa, e racconta le sue storie

David Bailey è l’autore dei ritratti più nitidi, significativi e intensi del mondo della fotografia, scattati apparentemente con grande naturalezza. Ma avere una visione altrettanto nitida dell’uomo dietro la macchina è una faccenda piuttosto insidiosa. Facciamo appena in tempo ad accomodarci nel suo studio londinese e a decidere che entrambi fumeremo durante quest’intervista quando – dopo aver dato qualche carezza affettuosa dietro le orecchie a Pig, il suo Jack Russell a pelo lungo – scatta il primo campanello d’allarme. «Odio il passato!», tuona infatti il settantacinquenne Bailey sbuffando un arabesco di fumo. «Non è interessante. Ormai è passato! Non lo riavremo indietro, giusto?».

Concordo debolmente a voce alta, disapprovando con veemenza dentro di me. Perché il passato di Bailey è affascinante. Stivali a punta ed espressione truce, Bailey divenne una celebrità negli anni 60, imponendosi come archetipo del fotografo di moda. Prima di lui, la moda nel Regno Unito (al pari di tante altre cose) era predominio esclusivo di una cerchia altolocata. Ma il talento di Bailey, un ragazzo dell’East End, era talmente strabiliante – per non parlare del suo charme e del suo straordinario autocontrollo – che gli venne offerto un posto a Vogue, cuore dell’establishment della fashion industry londinese. I suoi primi scatti ebbero come protagonista Jean “the Shrimp” Shrimpton, un’eterea modella versione Bambi con cui Bailey ebbe una relazione, e spianarono la strada alla street-photography nei servizi di moda – un genere in voga ancora oggi (date un’occhiata a Cara Delevingne nelle campagne della collezione F/W di DKNY). Il suo portfolio non tardò ad ampliarsi, passando dalla moda ai reportage e alla ritrattistica giornalistica (specie per l’allora brillante Sunday Times) fino agli studi per copertine di album e progetti pubblicitari. Nel frattempo Bailey sposò Catherine Deneuve e poi Marie Helvin, realizzò fantastici documentari su Visconti, Warhol e Cecil Beaton (dateci un’occhiata online, sono splendidi) e conobbe più o meno tutti quelli che contavano, dai gemelli Kray a Madre Teresa.

Ma la moda, per Bailey, è ormai decrepita da decenni. «A dire il vero è dagli anni 80 che non scatto più niente. Non ce la facevo più a trovarmi di fronte l’ennesimo abito da sera; non c’era più nulla che ritenessi interessante, ero arrivato al capolinea». E dopo qualche altra sigaretta, salta fuori che Bailey è piuttosto diffidente all’idea di chiacchierare del suo passato con gente come me: e questo, per via del modo non proprio piacevole con cui talvolta vengono riproposte le sue affermazioni. Le cose, racconta, cominciarono a guastarsi quand’era molto giovane. «Il problema è che tutti sono degli idioti, a venticinque anni. E a quell’età concedevo un mucchio di interviste senza rendermi conto che avrei dovuto convivere con quello che dicevo per il resto della mia vita. Magari dici scherzando che Catherine Deneuve è come una Ferrari, e poi quella frase te la ritrovi appiccicata addosso finché campi. Ci sono un mucchio di giornalisti astiosi che aspettano solo di cogliermi in flagrante, magari suggerendo tra le righe: “Bailey paragona le donne alle macchine”. Ma sai, a quei tempi era normale! E io di sicuro non avevo voglia di ritrovarmi con una Volkswagen tutta scassata, ti pare?».

Questo, mi affretto a rassicurarlo, oggi non deve preoccuparlo. Icon apprezza le Ferrari, sia in senso fisico che metaforico. E non ha la minima intenzione, come dicono gli americani, «di soffiargli fumo su per il c…» – ovvero di blandirlo dissimulando le nostre intenzioni. «Davvero?», risponde Bailey. «Be’, potrebbe essere fico, però. Non l’ho mai sperimentato – e ho provato davvero di tutto». Mentre Bailey scoppia a ridere di gusto, facendo sussultare le spalle, Pig alza lo sguardo e sbadiglia. «Senti», aggiunge poi. «Le femministe degli anni 70 non hanno capito un accidente. Sono pazzo delle donne, le adoro. I miei migliori amici sono donne – e tutte ex mogli o amanti o come le vuoi chiamare. Alcune non ho mai smesso di amarle. Ma sai, a volte l’amore non basta». Quando arrivo nel suo studio, Bailey e il suo assistente stanno preparando una retrospettiva che, come precisa il nostro, «sarà la più grande mostra fotografica mai presentata in questo paese». Intitolata Bailey’s Stardust, esordirà a febbraio alla National Portrait Gallery e ospiterà circa trecento foto, «Tutti ritratti», che coprono l’intero arco della sua eccezionale carriera. Vedremo finalmente i celebri, straordinari scatti di Shrimpton, Kate Moss, Mick Jagger e Jack Nicholson, come pure estratti dei reportage in cui Bailey ha catturato l’essenza delle popolazioni della Birmania, dell’Afghanistan, del Sudan e della Papua Nuova Guinea.

Testo: Luke Leitch

Foto: David Bailey
Fashion editor : Andrea Tenerani