I padri del vino da celebrare il 19 marzo
Berlucchi

I padri del vino da celebrare il 19 marzo

di Penelope Vaglini

Un’intuizione geniale, la scintilla di un incontro, l’amore per il territorio e la capacità di prendersi il giusto tempo per ascoltare i ritmi della natura. I padri del vino hanno valorizzato terroir ed etichette segnando la storia enologica del Belpaese.

I loro traguardi sono diventati punto di partenza per esportare l’eccellenza vitivinicola italiana in tutto il mondo e stimolo per le nuove generazioni nello sviluppo di ricerche inedite, pur rispettando la tradizione di quei territori vocati ai grandi vini. Dall’Alto Adige alla Toscana, passando per la Franciacorta, ecco i racconti dei più grandi padri del vino di sempre, da celebrare con un brindisi il 19 marzo.

Mario Incisa della Rocchetta, Sassicaia

Prima di Mario Incisa della Rocchetta nessuno avrebbe scommesso sulla produzione di un vino bordolese in Toscana. Eppure a Bolgheri, nella Tenuta San Guido, il terreno sassoso influenzato dall’azione del mare rappresenta il terroir più simile a quello delle Graves di Bordeaux. Proprio lì, dove la terra prende il nome di “sassicaia” per via della sua conformazione, nel 1940 il Marchese Mario Incisa pianta uve di Cabernet Sauvignon. Il risultato? Dopo anni di degustazioni di quel particolare vino di famiglia, nel 1968 viene commercializzata la prima annata di Sassicaia ed è subito un successo globale. Con gli occhi della critica internazionale puntati addosso, insieme al vino della Tenuta San Guido cresce anche tutta la zona vitivinicola di Bolgheri, finché nel 1994 il Sassicaia viene insignito dell’appellazione di Bolgheri Sassicaia DOC. Dal colore rosso intenso, potente e allo stesso tempo estremamente raffinato, è tutt’ora considerato uno dei migliori vini del mondo. Oggi Nicolò Incisa della Rocchetta prosegue con passione il lavoro di Mario, producendo altri due vini: il Guidalberto e Le Difese.

Guido Berlucchi e Franco Ziliani, Franciacorta

Con la loro visione hanno segnato il destino di un territorio. Un incontro a Palazzo Lana tra il Conte Guido Berlucchi e l’enologo Franco Ziliani, scandito dalle note di un pianoforte, ha portato la Franciacorta, con le sue colline a sud del Lago d’Iseo, a diventare una delle zone italiane più pregiate per gli sparkling wine metodo classico. “E se facessimo uno spumante alla maniera dei francesi?” propone quella sera Ziliani, alludendo a un’impresa quasi impossibile. Così nel 1961 nascono le bottiglie di Pinot di Franciacorta, profumato ed elegante, dal grande potenziale di crescita a livello organolettico. L’anno seguente la produzione viene ampliata con l’imbottigliamento del primo spumante rosé d’Italia, dando il via a un successo senza pari, che ha reso Berlucchi irrinunciabile per accompagnare importanti celebrazioni e brindisi quotidiani. Ancora oggi sono numerosi i riconoscimenti conquistati dall’azienda parte del Consorzio del Franciacorta, come i 93 punti appena assegnati a Berlucchi Palazzo Lana Extreme 2009 da Wine Spectator, a sessant’anni esatti dall’uscita della prima bottiglia voluta da Franco Ziliani e Guido Berlucchi.

Paolo e Martin Foradori, J. Hofstätter Pinot Nero

Riconosciuto come il “padre” del Pinot Nero altoatesino, Paolo Foradori ha contribuito a scrivere la storia dell’enologia italiana. Si deve a lui, infatti, la valorizzazione del terroir di Mazon, area tra le più vocate al mondo per la produzione di questo elegante vino. Inoltre nel 1987, Foradori ha permesso a J. Hofstätter di diventare la prima azienda dell’Alto Adige a inserire la vigna in etichetta, valorizzando le singole produzioni nelle rispettive particelle. Un passo decisivo verso il riconoscimento di un vino che vuole essere un vero Cru. Dopo la sua scomparsa nel dicembre 2020, alla guida della tenuta J. Hofstätter, in provincia di Bolzano, c’è il figlio Martin Foradori che oggi produce quattro differenti espressioni di Pinot Nero. Tra queste spicca il Ludwig Barth Von Barthenau Vigna Roccolo, prodotto da vigneti a pergola del 1942 con radici ancora più antiche. La Vigna Roccolo, infatti, ospita questa pregiata varietà già dalla metà dell’800. Qui nasce un vino elegante e dalla complessa aromaticità, col suo colore rosso scuro che racchiude profumi di amarena, mirtillo e rovere.

Piero Antinori, Tignanello

È un’avventura che parte dalle colline del Chianti e tocca diverse parti del mondo quella del Marchese Piero Antinori, custode di 26 generazioni votate all’arte del vino. Un’eredità consistente, da cui qualcuno potrebbe farsi intimorire, ma che Antinori ha cavalcato e portato oltre, segnando la storia dell’enologia italiana. Se le sue antiche radici restano uno dei capisaldi della filosofia di Antinori, allo stesso modo non hanno mai inibito lo spirito innovativo del Marchese. È infatti alla sua intuizione che si deve la nascita del Tignanello nel 1970, vino che il Wine Spectator ha definito “il più influente della storia italiana”. Insieme allo storico direttore delle Cantine Antinori, l’enologo Giacomo Tachis, la sfida è stata quella di creare un vino dallo spiccato carattere internazionale, che andasse oltre al disciplinare del Chianti Classico. Il Tignanello è infatti il primo Sangiovese a fare affinamento in barrique: un rosso “moderno” assemblato con varietà non tradizionali come Cabernet Sauvignon, la cui composizione resta invariata a partire dal 1982. Primo supertuscan, il Tignanello esprime appieno il concetto di terroir, grazie alle uve che provengono interamente dai vigneti del toponimo rurale del Chianti che porta lo stesso nome.  

Sandro Boscaini, Amarone Masi

Guida il Gruppo Masi dagli anni ’60, con un approccio fedele alla tradizione, ma innovativo per vocazione. Sandro Boscaini, Mister Amarone della Valpolicella, ha portato alla ribalta quello che per anni è stato considerato un vino un po’ troppo “pesante e rustico”. Il suo Amarone contemporaneo dall’animo antico, frutto di quel processo di appassimento praticato già nell’antica Roma, racchiude tutte le sfumeture del terroir della valle di Vaio dei Masi, nel cuore della Valpolicella Classica, proprietà della famiglia Boscaini dalla fine del ‘700. Membro e primo presidente dell’Associazione Le Famiglie Storiche, nata nel giugno 2009 con l’obiettivo di valorizzare i territori e le tecniche di produzione dell’Amarone, Boscaini tutt’oggi crede nell’importanza dell’appassimento naturale. Il processo che permette a Masi di produrre cinque diversi Amaroni, che rappresentano la gamma più ampia proposta sul mercato internazionale. Come Costasera, un vino di razza frutto della Valpolicella classica, prodotto dalle migliori uve raccolte nelle vigne che guardano verso il Lago di Garda.

Franco Biondi Santi, Brunello di Montalcino

La natura è in grado di creare grandi cose, bisogna solo aspettare”. Lo sapeva bene Franco Biondi Santi, il gentiluomo di Montalcino che ha dedicato la sua vita alla Tenuta Greppo, dalla quale ha prodotto ben 24 riserve, di cui l’ultima è la pregiata 2012. Il valore del tempo è stato fondamentale per Biondi Santi, tanto da trasmetterlo agli altri produttori della sua zona, poiché indiscutibile custode di qualità. Il suo vino, infatti, lo ha sempre definito naturale, poiché prodotto senza fare pressione alcuna sulla natura, rispettando la lentezza di ogni processo. Nel 1994, organizza un degustazione verticale dei 100 anni del Brunello che passa letteralmente alla storia, riaffermando l’unicità del Brunello Riserva Biondi-Santi e la sua capacità di restare perfetto anche dopo un lustro. Promotore dei vini eleganti e di carattere, Franco Biondi Santi prediligeva l’equilibrio tra corpo, profumo, tannini e acidità: caratteristiche essenziali per mantenere nel tempo le loro proprietà. Il miglior modo per comprendere la ricchezza del suo territorio? Sorseggiare il Brunello di Montalcino Riserva 2012, statuario ed elegante, talvolta austero e un po’ rustico. Espressione di quel vino sospeso nel tempo che Franco Biondi Santi amava tanto produrre (e degustare).