La “guida rossa” dell’Italia vede Lombardia, Piemonte e Campania ai primi posti per numero di eccellenze. Ecco tre chef blasonati che le rappresentano

Sessantesima edizione “made in Italy” e la famosa guida rossa per palati fini suscita ancora attesa, emozioni, spesso contrastanti, e a volte qualche polemica. L’Italia è tra i territori più “dinamici”, la seconda per numero di stellati. Ben 370 le ‘novità’ di quest’anno, complice la passione di giovani chef talentuosi in tutta la penisola: tra i nuovi stellati, 11 hanno meno di 35 anni. Tra le regioni, la Lombardia ancora una volta si conferma al primo posto per numero di stellati, seguono Piemonte e Campania. A rappresentarle, ecco tre giovani chef del firmamento gourmand.

 

Andrea Berton – Ristorante Berton
Lo chef Andrea Berton, classe 1970, cresce a San Daniele del Friuli, con una passione fin da piccolo per il cibo, grazie a sua madre che spia mentre cucina. Arrivato a Milano, lavora con Gualtiero Marchesi, poi a Firenze entra all’Enoteca Pinchiorri, e a Montecarlo fa parte della brigata di Alain Ducasse. Dopo aver fatto conoscere la sua cucina raffinata al Trussardi alla Scala, apre con alcuni soci i locali Pisacco e Dry, in via Solferino. Nel dicembre scorso, ha inaugurato un ristorante che porta il suo nome.
“Al ristorante Berton cucino in prima persona, con la mia brigata” aveva raccontato ad Icon all’apertura del locale “e posso proporre in libertà un’esperienza gastronomica a 360 gradi”. E nella stessa occasione ha avuto modo di dichiarare il suo amore per Milano: “Mi ha dato tanto. Sento segnali di grande vitalità in questa città e voglio essere tra quelli che contribuiscono alla sua rinascita. Quando ho visto la location di Porta Nuova, ho sentito subito che era il posto giusto. La Milano del futuro”. A circa un anno dall’esordio del ristorante Berton, arriva la prima stella Michelin. Meritatissima per la cucina raffinata, ma dai sapori sempre riconoscibili, con un protagonista a sorpresa nel menu: il brodo, nobilitato a piatto a sé stante, declinato secondo le stagioni, e cifra di gran parte delle preparazioni, come negli autunnali Ravioli di zucca e brodo all’olio extravergine di oliva.

 

Massimo Mentasti – Ristorante La Gallina
Massimo Mentasti, pur essendo di origini varesine, ha fatto del Piemonte la sua terra prediletta. Per essere precisi si è stabilito a Gavi, in provincia di Alessandria, dove guida con successo la brigata del ristorante La Gallina, uno tra i più raffinati della regione che oggi festeggia per uno dei più ambiti riconoscimenti nel mondo della gastronomia. La sua creatività ai fornelli ha radici profonde nel territorio e nel suo menù non mancano i sapori della cucina locale, pur lasciando spazio a interpretazioni personali di grandi classici o a virtuosismi contemporanei. Come lui stesso afferma, una cucina di “memorie e ghiottonerie personali”. Protagonista quasi assoluta la carne, scelta con la massima attenzione per la qualità e il taglio: dalla battuta di fassone piemontese al coltello al vitello tonnato, dall’agnolotto alle tre carni alla guancia di bovino brasata al Gavi.

Gennaro Esposito – La Torre del Saracino
La scuola alberghiera, a 16 anni le stagioni a tritar prezzemolo e lavar verdure, l’incontro con Vittoria e l’apertura del ristorante nel 1991, tantissimo lavoro e poi uno stage durissimo dallo chef Vissani. È “la svolta” come la chiama lo chef Esposito, anche quest’anno due stelle Michelin per il suo ristorante La torre del Saracino di Vico Equense. “Nascono allora o subito dopo alcuni piatti che hanno fatto la mia fortuna”, racconta Esposito, “Come, ad esempio, la parmigiana di pesce bandiera o la zuppetta di ricotta di fuscella con le triglie. Il mio stile è rimasto questo: pescare dal territorio e costruire piatti che soddisfino i sensi e la mente”. La prima stella arriva nel 2001 e con essa tante esperienze a livello internazionale, dopo esser stato ammesso alla Jeunes Restaurateurs d’Europe. La seconda stella, riconfermata quest’anno, va alla cucina della memoria dello chef campano, che invita a deliziare il palato con gli ingredienti dei suoi piatti come “la polpa di un riccio di mare, la ricotta di una fuscella, la pasta mista, la foglia di una zucchina, il baccello di un pisello, un piccolo pesce di scoglio, il limone, la provola e perfino il riso o l’ostrica, che non appartengono a questo territorio” tenendo a mente però che dietro all’esperienza gustativa c’è “Gennaro Esposito, le mani e i piccoli gesti ripetuti di centinaia, migliaia di persone e la terra, la pioggia, il sole, il fieno, il muggito di una mucca, la luce di una lampara, la sirena di una fabbrica”.