Un Coffee Negroni a Casablanca? Meglio al Kwānt di Londra

Un Coffee Negroni a Casablanca? Meglio al Kwānt di Londra

di Penelope Vaglini

In attesa di tornare al bancone del suo Kwānt, nel quartiere londinese di Mayfair, il pluripremiato bartender e imprenditore Erik Lorincz si racconta ad Icon

Per chi non lo conosce (ormai davvero in pochi), il percorso che porta al Kwānt è una sorta di caccia al tesoro, dove lo scrigno più prezioso sono le miscele firmate da Erik Lorincz. Nessuna insegna, infatti, segnala ai potenziali ospiti la sua presenza. Tutto ciò che si deve fare è recarsi all’interno del ristorante marocchino Momo di Londra, nel quartiere di Mayfair, compiere un breve pellegrinaggio giù dalle scale, raggiungere una soglia scura e dischiudere la porta, svelando un’atmosfera da film degli anni ’40. Non c’è dubbio che anche Humphrey Bogart qui si sarebbe trovato a suo agio, catturato dal fascino magnetico e dal design old-fashioned voluto da Erik Lorincz, pluripremiato professionista nel settore dell’ospitalità, nonché ex Head Bartender del Savoy. Al Kwānt, d’altronde, sembra quasi di vivere una scena del film Casablanca. Oltre all’arredo in stile coloniale, le giacche bianche del team ricordano la divisa immacolata di Sasha, bartender del Rick’s Cafe Americain della celebre pellicola. Il verde profondo delle cravatte, invece, è in pendant con la carta da parati e la moquette a tema tropicale.

Kwant come Casablanca
Courtesy Kwānt, London

Niente al Kwānt è lasciato a caso e lo sanno bene i giudici di The World’s 50 Best Bars, che lo hanno inserito nel gotha dei migliori locali del mondo dopo pochi mesi dalla sua apertura. Con uno standing che ci si aspetterebbe nei migliori luxury hotel londinesi, il servizio è attento e curato, ma si dichiara “democratico” e alla portata di tutti, sia nei gusti quanto nel conto. Si, perché Lorincz innova e rende anche una “vodka alla fragola” una creazione contemporanea grazie alle tecniche di mixology più avanzate. E per chi si chiede come mai valga la pena ordinare un drink come questo in uno dei tempi mondiali del bartending, legga qui il racconto di Erik Lorincz e si prepari all’imminente riapertura del Kwānt.

Che cosa possono aspettarsi i tuoi clienti dalla riapertura?

Il Kwānt si trova in un quartiere molto frequentato da turisti internazionali e ricco di uffici. Data la situazione abbiamo preferito aspettare la fine di luglio per riaprire le porte ai nostri ospiti. Nel frattempo stiamo mettendo insieme un nuovo menu. Non sarà un rinnovo totale perché, in fin dei conti, dal giorno dell’inaugurazione siamo stati aperti solo 10 mesi e tante persone non hanno avuto modo di assaggiare i primi cocktail che abbiamo lanciato. Un cambio totale della carta richiede un enorme investimento di tempo e di ricerca, quindi presenteremo pian piano dei nuovi drink, invece di optare per una cocktail list totalmente inedita.

Nei pochi mesi di apertura quali sono stati i drink più apprezzati e perché?

Sicuramente l’Hacienda, il Sunflower Martini e il Coffe Negroni. Quest’ultimo forse più di tutti, un classico drink “del Conte” a base Campari, vermouth e gin, a cui ho aggiunto l’aroma di un caffè colombiano. La nota amara della polvere di caffè si combina alla perfezione con il bitter, creando un equilibrio incredibile con la dolcezza del vermouth. Il gin poi, dà un ulteriore dimensione alla miscela. Sembra un cocktail così semplice, ma in realtà ha una complessità gustativa apprezzata non solo dai cocktail lover, ma anche dai bevitori “ai primi sorsi”. All’inizio ero un po’ scettico nell’inserirlo nel menu, ma con il tempo ho avuto la conferma che sono tante le persone che in una bevuta cercano la semplicità e che vogliono riconoscere il gusto di ogni singolo ingrediente. Come dico spesso, “The ingredients must shine in a drink”.

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Erik Lorincz, courtesy Kwānt, London

Dunque, qual è il ruolo degli ingredienti nel tuo processo creativo?

Parto sempre dalla materia prima e per me la stagionalità è molto importante. In generale, cerco di “sbloccare” ogni sfumatura di sapore degli ingredienti in modi diversi, utilizzando le tecniche più moderne. Un esempio? Wimbledon, un drink a base vodka con fragola, acqua di rose e meringa vegana che è nato da una considerazione sul frutto estivo usato tantissimo (forse troppo) in mixology. La sfida è stata quella di dargli un gusto più sofisticato, inserendolo in una centrifuga per separare la polpa dal liquido. Così ho creato un’acqua alla fragola 100% naturale, molto saporita, che unita a vodka e sentori di petali di rosa crea un drink delizioso. Secondo me è la rivincita dell’accoppiata vodka+fragola, non di certo amata da molti miei colleghi che però, ordinando un Wimbledon, lo hanno descritto come uno dei migliori cocktail mai bevuti.

Quali sono i trend mixology più significativi oggi?

Non per essere monotono, ma credo che sia importante utilizzare tutte le parti di un singolo ingrediente in modi diversi, per darsi la possibilità di essere creativi. Quando lavori su un cocktail hai ingredienti, tecnica e gusto, mentre lo scarto è un altro elemento che può assumere ruoli inediti nelle ricette. Con il mio team pensiamo sempre a come andare oltre e sfruttare nuove opportunità di gusto, forma e consistenza. Qualcuno la chiama sostenibilità, per me si tratta di “extra-creativity”.

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Heads and tales cocktail, Courtesy Kwānt, London

Quindi la ricetta del successo di Kwānt sono i drink e la ricerca tecnica su ogni singolo ingrediente?

In realtà è una combinazione di tante cose, non è solo un fatto di cocktail. Sono l’arredo, i materiali, l’atmosfera musicale e le luci a dare forma all’esperienza. Per progettare il locale mi sono affidato a un designer newyorchese, la playlist invece è firmata da un dj francese. E poi ci siamo noi, io e il mio team, che offriamo un servizio che prende molto dalla mia esperienza in hotel 5 stelle, ma che ho personalizzato rendendolo più rilassato, pur mantenendo standard elevati per l’ospite. Voglio che sia tutto molto friendly, per attirare una clientela più ampia. Poi, per chi vuole un’esperienza premium, c’è una collezione di 1500 spirits vintage, da miscelare per dare vita a drink unici e rari. Deve essere l’ospite a scegliere come viversi il Kwānt.

A proposito di drink experience, in quali locali londinesi ti concedi un cocktail?

Amo tornare al Connaught, dove ho lavorato insieme ad Agostino Perrone. Adesso vado volentieri a trovarlo da ospite. Ci sono anche tanti posti nuovi che ho scoperto in questi anni, dove mi sento a mio agio non solo per la cocktail list degna di nota. Il Tayēr + Elementary è uno di questi.

Qual è il primo cocktail che hai preparato?

Credo fosse un White Lady che ho realizzato ai tempi della scuola, quando ancora non sapevo cosa volesse dire essere un bartender.

E l’ultimo?

Sono un Dry Martini lover e due giorni fa me ne sono preparato uno davvero ottimo. I love to pour classical and deliciuos drinks.