Alexandre Grimaldi
Plasmato da un’educazione globale, fatta di eleganza europea e sensibilità cosmopolita, Alexandre Grimaldi non disdegna i riflettori, dalle fashion week agli eventi di beneficenza
Sono le 10 di una serata ottobrina quando Alexandre Grimaldi – protagonista della cover di Icon questo mese – appare sullo schermo del computer. Lieve ed elegante, questo 22enne è figlio riconosciuto di Alberto II di Monaco e della togolese Nicole Coste. Di fatto, è parte della principesca famiglia monegasca.
Storie da rotocalco, diremmo, ma che Alexandre si lascia alle spalle: con la famiglia ha un ottimo rapporto e sulla sua legittimità ha già chiarito la sua posizione qualche anno fa sul magazine spagnolo Hola!: “Mio padre non era sposato quando sono nato, quindi la parola illegittimo non ha senso”, dichiarò.
Serenamente sicuro di sé e in sintonia con la cultura contemporanea, Alexandre Grimaldi non disdegna i riflettori, da quelli delle fashion week agli eventi di beneficenza.

Al Global Gift Gala tenutosi a Monaco lo scorso 4 ottobre – quest’anno a favore delle vittime del ciclone Dana abbattutosi nel 2024 sulla regione di Valencia – ha partecipato con la zia e madrina di battesimo Stéphanie e i suoi tre figli; è poi stato protagonista del lancio della campagna del Monte-Carlo Beach Club, la cui ristrutturazione è stata progettata e finanziata dal brand Jacquemus… Insomma, un moderno ambasciatore monegasco, con visione personale e già un percorso tutto suo.
Cresciuto tra Parigi, Londra, Ginevra e New York, Alexandre Grimaldi appare come una sorta di cittadino del mondo, plasmato da “un’educazione globale”, fatta di eleganza europea e sensibilità cosmopolita. «Fin da piccolo ho incontrato persone di nazionalità diverse e questo mi ha aiutato ad andare incontro alla gente, a interagire a un livello più profondo».
La città preferita? «Beh, mi piacciono tutte, ma… Londra! Ci sono cresciuto. È multiculturale, c’è un flusso costante di persone, è ricca di eventi, di festival musicali».

Alexandre sembra già essere autore della propria storia: «Credo di trovarmi in una posizione speciale, che può permettermi di intraprendere progetti a vantaggio di molti. È importante, al di là di positivi esiti finanziari, contribuire alla società. Non si tratta di scrivere la mia storia, ma di quel che posso fare con ciò che ho».
Completati gli studi a Londra, consolida oggi la sua formazione in economia e relazioni internazionali, e considera il cognome Grimaldi sia un’eredità sia una piattaforma da cui far decollare i suoi progetti. «Ne ho in testa diversi – legati allo sport, alle auto, alla moda – per portare nel Principato nuove opportunità di business e sostenerne la posizione culturale in chiave moderna. Non entro nei dettagli», sorride compunto, «non perché siano segreti, ma perché credo nel riserbo, nel lasciare che le cose accadano».
Parliamo di stile: «Non è qualcosa che posso descrivere, lo sento e basta. È un modo di essere. La chiave è potersi esprimere, perché la cosa più importante è star bene nella propria pelle. Stile e moda sono segnali», continua, «ci consentono di osservare e capire gli altri. A me hanno permesso di scoprire nuove culture, recepire dettagli importanti».

La top five che compone il cuore dello stile di Alexandre comprende Bottega Veneta, Loro Piana, Jacquemus, Martine Rose e Prada – brand che mixa con altri. Ama Yves Saint Laurent, perché, dice, «mi piace chi sa spingersi oltre le norme stabilite. La sua estetica è in sintonia con la mia personalità, e apprezzo che abbia portato in passerella modelle black, come Mounia, sua musa.
Del resto, la moda ha il potere di trasmettere messaggi, come la musica: io ascolto rap e soul, ma anche afrobeat, house e classica. Il mio cantante preferito è Kendrick Lamar. Quanto all’arte», sottolinea, «non ho il talento per essere un artista, ma mi attira. A Parigi, di recente, ho visto George Condo; e ho scoperto Tamara De Lempicka: mi ha davvero colpito, fa vibrare in me delle corde, e poi i colori…».
Cinema? «Mi piace passare del tempo a guardare film, e adoro l’universo di Star Wars, e anche Andor, serie prequel del film spin-off Rogue One, mi è piaciuta molto».

Che messaggio darebbe ai giovani circa identità e autostima? «Non c’è una risposta valida per tutti, ma potrei dire: avete bisogno di un buon sistema di supporto, persone su cui contare, di cui fidarsi, che ti vedono e capiscono per quel che sei. E di un ambiente sicuro, dove prenderti del tempo per te stesso e capire come crescere».
E nella quotidianità, cosa le piace? «Stare con le persone cui tengo, fare sport». Se dico amicizia, cosa risponde? «Fiducia, amore, comunicazione, qualcosa da coltivare preziosamente: è una rete di persone per andare più lontano».
Desiderio? «Non è avere di più, piuttosto avere uno scopo e vivere belle esperienze». Rimpianti? «Prima dicevo che mi dispiaceva non aver continuato a giocare a calcio. Ora penso che tutto accada per una ragione. Se non l’ho fatto prima, non ha senso rimpiangerlo. Il rimpianto è vivere nel passato. Io voglio vivere nel presente».