Jude Law

Jude Law

Chi è Jude Law, star senza social media che confessa: «Le persone non sanno tutto di me, per quanto possano credere il contrario». Ce lo racconta lui stesso in questa lunga intervista, parlando di ieri, oggi e domani

di Marita Alonso

Molto prima che le piattaforme di streaming iniziassero a sfornare stelle da copertina a manetta, le icone della recitazione erano il frutto di anni di lavoro. Non c’era bisogno di avere milioni di follower, né di esporre la propria vita sullo schermo di un dispositivo. «Non ho social media, ma sto imparando da chi li usa che possono essere un mezzo per presentare se stessi o la propria narrazione, sentendosi a proprio agio e trasmettendo un’immagine che rappresenti chi si è davvero», afferma Jude Law (Londra, 1972) in una di quelle videochiamate, iniziate con i classici problemi di audio e connessione, che hanno il potere di fermare il cuore di chiunque si trovi dall’altra parte dello schermo.

«A mio avviso, una delle gioie della recitazione è la capacità di sorprendere il pubblico, interpretando ruoli che lo inducano a credere che tu sia una persona diversa da quella che sei realmente. Per riuscirci, devi mantenere un certo grado di mistero. Non ho la presunzione di farlo, ma le persone non sanno tutto di me, per quanto possano credere il contrario», spiega Jude Law.

“Questo è il suo anno” è diventato ormai uno slogan più che un’affermazione, date le innumerevoli volte in cui queste cinque parole vengono utilizzate a conclusione delle interviste, ma nel caso di Jude Law è davvero così. Oltre a essere l’anniversario di alcuni tra i suoi lavori più significativi, come Closer e Sherlock Holmes – usciti rispettivamente 20 e 15 anni fa – l’attore presenterà i film Eden e The Order, e la serie Star Wars: Skeleton Crew.

Jude Law
Giacca, camicia e pantaloni Brioni, tank top Hanes

Come se non bastasse, entro la fine dell’anno gli verrà conferita una stella sulla Hollywood Walk of Fame. «Sono onorato ed elettrizzato. Quando mi si chiede del mio lavoro, solitamente non uso espressioni come “sono sbalordito”, ma in questo caso stiamo parlando di qualcosa di così straordinario che mi lascia senza parole. Significa molto per me. Ho raggiunto un’età», racconta Jude Law, «in cui mi rendo conto di aver dedicato molti anni a questa professione e ne sono fiero. Ricevere un riconoscimento così importante mi emoziona profondamente».

Molti attori stanno fondando una propria casa di produzione per dare voce a storie che non hanno avuto modo di raccontare o per cimentarsi in ruoli che non hanno potuto interpretare. Perché ha creato Riff Raff Entertainment?

Abbiamo fondato Riff Raff Entertainment dieci anni fa: è un progetto che fa parte della mia vita da molto tempo. Volevo prendere in mano le redini e sviluppare il materiale che avevo raccolto, che consideravo interessante e stimolante. Ma l’obiettivo non è mai stato quello di creare un’azienda per trovare ruoli per me stesso. È stata piuttosto un’opportunità per esplorare nuovi materiali e dialogare direttamente con gli scrittori sulle opere e sui personaggi che suscitano il mio interesse, e mi ha anche permesso di approfondire alcune relazioni che coltivo da 25-30 anni. Mi sono concentrato sulla profondità dei progetti, anziché limitarmi ad apparire come attore.

Anche se la trama di The Order si svolge negli anni 80, i partiti politici di estrema destra stanno acquisendo sempre più potere al giorno d’oggi. Il film può aiutarci a imparare dalla storia?

Quando mi hanno chiesto di leggere il copione, lo sceneggiatore Zach Baylin stava per avere un enorme successo con Una famiglia vincente-King Richard. Ancor prima dell’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti, Baylin aveva letto il libro La seconda guerra civile americana. I diari di Turner e ne aveva tratto una sceneggiatura. Il fatto straordinario è che alcune copie del volume, che contiene diversi rimandi al Campidoglio, sono state trovate abbandonate sul luogo dell’assalto. Quando l’ho letto, ho avuto la sensazione che stimolasse un dialogo molto importante e servisse come promemoria del passato, di cosa dobbiamo imparare e di ciò che provoca o stimola questa gente e di che tipo di persone si tratta. Allo stesso tempo trovo che l’opera sia utile anche per aiutarci a riconoscere e a fermare questo tipo di azione e mentalità. È un libro storico sul terrorismo domestico e su quelle ideologie di estrema destra che oggi sembrano incredibilmente attuali. Il personaggio che interpreto è una fusione di diversi agenti di polizia. Non doveva sembrare un personaggio reale, ma piuttosto la rappresentazione di un uomo che, dopo una grande carriera piena di successi, è in procinto di andare in pensione. È stanco, ma all’improvviso scopre questo movimento, la cui sede è vicinissima a lui, e deve trovare una nuova energia, una nuova motivazione per comprenderlo e smantellarlo.

Jude Law
Abito Gucci, tank top Sunspel

I fan di Star Wars sono molto esigenti: ha esitato prima di accettare il ruolo nella serie Star Wars: Skeleton Crew?

Ora che l’ho vista, non sono più così preoccupato. Avevo le mie buone ragioni per accettare. È molto semplice: ho scoperto quel mondo all’età di nove o dieci anni, quindi il mio approccio al franchise e all’universo Star Wars è quello di un ragazzino con gli occhi sgranati. I primi tre film hanno influenzato la mia infanzia e stimolato il mio modo di giocare da bambino e la mia immaginazione. Quindi mi piace l’idea di John Watts di andare a pescare nelle fantasie infantili, prendendo ispirazione da film degli anni Ottanta quali Goonies, E.T. l’extra-terrestre e Incontri ravvicinati del terzo tipo. Ho sempre guardato Star Wars con gli occhi di un bambino di nove-dieci anni. È una fantasia infantile e, come tale, è in grado di raccontare tematiche per adulti e persino trasmettere insegnamenti di vita. John e gli altri registi sono riusciti a creare un mondo fantastico di Star Wars, significativo per i giovani e ricco di lezioni importanti. Mi ha dato l’opportunità di creare qualcosa che ero certo i miei figli avrebbero adorato. Inoltre è stata un’occasione unica per lavorare con dei registi formidabili che, come me, erano entusiasti di esplorare questo mondo immaginario.

Nel 2004, Closer rappresentava uno specchio delle dinamiche relazionali di allora, che oggi sono parecchio diverse. Lei è stato fuori dai giochi per un bel po’; è consapevole di come funzionano le relazioni oggi?

Il tema centrale di Closer è ciò che proviamo quando incontriamo qualcuno con cui sentiamo una connessione e l’orrore che ci accompagna alla fine di una relazione. La scrittura del film è essenziale, cruda e umana: qualità che spero lo rendano senza tempo. Quando si trattano emozioni e interazioni umane si tocca qualcosa di universale e intramontabile, che provocherà sempre una reazione nelle persone.

Quali ricordi le suscita il personaggio di Dickie Greenleaf, che ha interpretato ne Il talento di Mr. Ripley e le è valso la sua prima nomination agli Oscar?

Sono molto affezionato a quel personaggio. Forse non era il più simpatico del mondo, e sotto molti aspetti era un ragazzino viziato in un viaggio narcisistico all’insegna dell’intemperanza. Tuttavia ho adorato quel ruolo. Ero molto giovane, candido, e lavoravo con un fantastico gruppo di persone in un incantevole angolo di mondo. Era quasi come concedermi un lusso, lasciarmi andare e amare la vita come la amava lui: barche, vino, vestiti… Quella sorta di esuberanza ha reso il film straordinario da interpretare. Il successo di quella pellicola e la sua eredità mi rendono molto orgoglioso.

Jude Law
Abito, maglia, camicia e cravatta Brioni

Era sul punto di non accettare il ruolo per paura di essere stereotipato come il classico “belloccio”. Quando ha fatto pace con la sua bellezza?

Racconto questa storia perché mi è stata chiesta molte volte, ma anche perché la trovo divertente. È rappresentativa delle sfide che alcuni giovani attori devono affrontare, le considerazioni che devono fare e i cattivi consigli che talvolta ricevono. Ho rischiato di lasciarmi scappare l’opportunità di lavorare con Anthony, con tutti quei meravigliosi attori e con un team incredibile, perdendo così l’occasione di interpretare un ruolo del genere, solo perché mi dicevano di stare attento a non essere etichettato. Ascoltavo i miei demoni interiori che dicevano:“È solo un bel ragazzo”, e ovviamente mi sbagliavo. In un ruolo come quello puoi sempre aggiungere profondità e scavare più a fondo, soprattutto se sei nelle mani giuste e con il regista giusto. Non ricordo cosa mi abbia spinto ad accettare, ma, una volta presa la decisione, ero convinto al 100%. Con il senno di poi, sono davvero grato di averlo fatto.

A proposito di cattivi consigli, da bambino ne ha ricevuto uno tipicamente inglese: non mostrare troppo entusiasmo. Quando ha deciso di non seguirlo?

Devo ammettere che mi ci è voluta la maggior parte della mia vita adulta. Insegnanti e adulti mi ripetevano sempre che esprimere troppo entusiasmo non è visto di buon occhio. Nel Regno Unito non è cool. Il problema è che è più forte di me. È il mio modo di essere e credo, come genitore, di aver sempre incoraggiato i miei figli a fare lo stesso. Quindi, alla fine non ho mai davvero imparato la lezione, perché non posso fare a meno di essere me stesso e ora sono felice di questo mio lato e lo incoraggio. Essere appassionati, entusiasti ed emozionarsi è una cosa meravigliosa: significa essere ispirati, avere opinioni e credere in qualcosa. Quando si viene a contatto con l’arte o, in generale, con qualcosa di bello o emozionante, è importante esprimere ciò che si sente.


Jude Law indossa Polo Brioni

Quanto si sente britannico?

Mia madre proviene da un incantevole villaggio storico nel Nord del Galles, e sento un forte legame con quella parte della mia famiglia. Del lato paterno, invece, non sappiamo molto… Non mi identifico particolarmente con la visione britannica della vita e spesso non mi sento compreso nel Regno Unito. Forse esagero, ma ho l’impressione di non rientrare nei loro schemi. Non riescono a inquadrarmi. Sono cresciuto in un ambiente operaio, ma mi muovo in un contesto borghese e ho un nome piuttosto insolito. Ho viaggiato molto e da giovane venivo giudicato per il mio aspetto. Non rientro in una categoria predefinita, per questo non riescono a classificarmi. La mentalità britannica è piuttosto dogmatica. Tuttavia, più viaggio, più mi sento fortunato a essere un cittadino del mondo, piuttosto che essere legato a un solo luogo.

Ha paura della vecchiaia?

Se devo essere sincero, c’è una parte di me che, specialmente dopo aver compiuto 50 anni, si rende conto che in giro ci sono giovani di 20 o 30 anni che stanno realizzando lavori straordinari, e non posso fare a meno di pensare: “Oh, sì: quei ruoli sono ormai un vago ricordo”. Allo stesso tempo si presentano nuove opportunità e i ruoli disponibili sono davvero interessanti. Sarebbe sciocco pensare di poter interpretare il ruolo di un venticinquenne e, soprattutto, non rispecchierebbe il mio stato d’animo. Certo, riconosco che quei tempi sono “andati”, ma bisogna guardare al futuro.

La gente la vede come un’icona di stile. Si sente a suo agio in questo ruolo?

Ho sempre amato i vestiti: sono un mezzo per esprimere chi siamo e come ci sentiamo. Tuttavia non ho mai preso la moda troppo sul serio e non ci ho mai riflettuto tanto. Sarebbe un po’ come trascorrere un tempo eccessivo davanti allo specchio al mattino cercando di apparire perfetti. Vestirsi e indossare capi che esprimono il proprio stato d’animo e la propria identità è un altro modo per esprimere se stessi. Quando penso alle icone di stile mi vengono in mente James Dean, Paul Newman, Marlon Brando, Montgomery Clift…

In apertura Jude Law indossa cappotto, pantaloni e T-shirt Prada. Photos by Matthew Brookes, styling by Alex Picon. Talent’s personal stylist: Brodie Reardon @TheWallGroup. Grooming: Kumi Craig @TheWallGroup. Styling assistant: Zeke Makrides. Production on set: Thuy Tran, Louis Guilllemain @2bmanagement.