Attori dietro le quinte senza quella cortina che chiamiamo “privacy”. Così un leggendario foto-reporter racconta il periodo d’oro di Hollywood in un nuovo libro

C’è stato un tempo in cui le star non giravano con le guardie del corpo, né si muovevano solo lungo i confini transennati di vip lounge assediate da orde di paparazzi. Parola di Julian Wasser, foto-giornalista leggendario, che ricorda: ‘A quel tempo potevi vedere Jayne Mansfield al Whiskey à Go Go e, nonostante tutti sapessero chi era e avessero sentito parlare della sua piscina a forma di cuore nel giardino di casa, era lì che ballava, in mezzo a alle gente, come una di noi’. Così Julian Wasser ricorda i lontani anni 50, e poi i 60, i 70…: ‘A quel tempo era tutto più semplice: erano tempi semplici’. Wasser rimpiange l’epoca d’oro delle star hollywoodiane, tanto divine sullo schermo quanto possibili nella vita reale, le potevi incontrare persino a fare la spesa. ‘Oggi si parla solo di security, security, security. Charles Manson, prima, e l’11 Settembre, poi, hanno cambiato il mondo’. Spesso la scusa avvallata è quella della privacy, un concetto praticamente privo di significato allora. ‘Ero abituato a passare intere giornate con loro, a vivere i loro spazi: se una rivista come Life si interessava a una star, la disponibilità era assicurata. Oggi addirittura ti chiedono i soldi. Questa storia della privacy ha reso tutto meno accessibile e meno umano’.

Wasser fu anche il primo testimone dell’assassinio della giovane moglie (incinta) di Roman Polansky ad opera della banda di Manson: ‘Polansky ci chiamò: eravamo io e un collega. Chiese di scattare delle polaroid che poi volle consegnare a un chiromante, che avrebbe dovuto condurci agli aggressori’, ricorda Wasser. ‘Tempo un paio di giorni e quelle foto campeggiavano su un giornale di Los Angeles. Senza il mio nome ovviamente’.

Oggi di quelle pagine preziose di storia esce una seconda edizione del libro The way we were (damianieditore.com), in limited edition di 50 copie con una fotografia numerata e autografata che ritrae Marcel Duchamp, ‘l’inventore’ dell’arte concettuale, mentre gioca a scacchi con una donna nuda all’inaugurazione della sua retrospettiva in Pasadena: ‘Era una mia amica. Fu una mia idea farla spogliare, lui certo non disse di no. Non era una gran giocatrice, ma aveva delle grandi tette’.

Di allora rimangono la nostalgia, i ritratti delle star in straordinari momenti di spontaneità e la consapevolezza che qualcosa è andato storto. ‘Tutti quelli che volevo fotografare sono morti. Anche se penso che non mi dispiacerebbe scattare dei ritratti a Obama: comprò la mia foto di Martin Luther King ai tempi in cui era senatore’.

Julian Wasser, la cui attività di reporter era iniziata da adolescente a Washington DC sulla scena del crimine, per finire a Hollywood tra i divi del cinema, riflette e aggiunge: ‘C’era qualcosa di straordinario nel poter stare gomito a gomito con i personaggi più famosi al mondo, e poter guardare Elizabeth Taylor dritto nei suoi occhi viola. Hai mai visto qualcuno con gli occhi viola?’.