Tra la Francia e gli Stati Uniti, il racconto della solitudine dell’uomo

Si è già guadagnata il titolo di mostra dei record: dopo il successo clamoroso registrato sei anni fa a Roma e Milano, Edward Hopper è un artista di grande richiamo anche per questo appuntamento bolognese, che apre al pubblico il 25 marzo.

Un clamore che sembra in antitesi con la ricerca silenziosa del pittore americano, attento a cogliere la solitudine e l’inquietudine della società a lui contemporanea e così attuale ancora oggi, desideroso di rappresentare la luce e di narrare storie catturate nello spazio di un momento. Ma Hopper in effetti è forse il più popolare degli artisti americani del 20° secolo.

E ora a Bologna arrivano oltre 60 opere, tra i celeberrimi South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909) e alcuni studi preparatori, per lo più sconosciuti al pubblico, per comporre un percorso attraverso tutta la sua produzione e tutte le tecniche sperimentate da Hopper. Con un prestito eccezionale, il grande quadro Soir Blue, realizzato a Parigi nel 1914 e simbolo dell’alienazione umana.

La mostra è curata da Barbara Haskell – curatrice di dipinti e sculture del Whitney Museum of American Art – in collaborazione con Luca Beatrice e sarà visitabile dal 25 marzo al 24 luglio a Palazzo Fava di Bologna.