Da Pasolini a Scorsese, il maestro italiano della scenografia ripercorre la sua carriera nel cinema

Il MoMA di New York rende omaggio ad una delle eccellenze italiane nel mondo: Dante Ferretti, scenografo di fama mondiale, con all’attivo tre Oscar, sei nomination e collaborazioni con i più grandi registi italiani e internazionali.

La mostra si tiene nell’anno del suo settantesimo compleanno (durerà fino al 9 febbraio 2014). Oltre all’onore del museo newyorkese, è arrivato anche l’omaggio dalla Casa Bianca: Michelle Obama ha invitato Ferretti per metà ottobre.

Nato a Macerata nel 1943, già a undici anni Ferretti sapeva di voler lavorare nel cinema: dopo la scuola diceva al padre di andare a studiare dagli amici e, invece, andava a vedere e rivedere gli stessi film al cinema del paese. Dopo gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Roma ha iniziato la sua carriera negli anni 60 a fianco di Pasolini, che lui ha definito più volte il suo ‘mentore’. Ha lavorato con Bellocchio, Comencini, Ferreri e con tutti i registi che hanno fatto la storia del cinema italiano. Per oltre dieci anni è riuscito a ricreare il mondo onirico di Federico Fellini.

Dagli anni ’80 collabora con la sua compagna di vita e di carriera, Francesca Lo Schiavo. Nel 1986 è arrivato il primo film internazionale, Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud, seguito da Le avventure del Barone di Münchausen di Terry Gilliam che gli ha fruttato la prima candidatura all’Oscar.

Ma a livello internazionale il connubio più riuscito è certamente quello con Martin Scorsese, nato nel 1993 con L’età dell’innocenza. Per lui ha ricreato a Cinecittà nel 2002 la New York dell’Ottocento di Gangs of New York. ‘Dissi a Martin, andiamo a Roma, c’è un ottimo ristorante’, ricorda scherzando in un’intervista al BAFTA, l’Accademia del film inglese. Due anni più tardi, nel 2004, ha vinto la prima statuetta con The Aviator, a cui sono seguite quelle per Sweeney Todd di Tim Burton e Hugo Cabret, sempre di Scorsese.

Per i suoi sketch, esposti al MoMA accanto a vari allestimenti, sceglie il grande formato e la carta scura, su cui con il gessetto getta ampi raggi di luce. ‘L’importante è non copiare’, ha detto, ‘ma anche fare qualche errore, proprio come nella realtà’.