Tutti i segreti di una beauty routine sostenibile
È ora di capire cos’è veramente la sostenibilità per passare a rituali di bellezza che rispettino il pianeta
Così, come in qualsiasi altro ambito, anche in cosmesi il segreto per creare prodotti sostenibili si nasconde dietro ai processi produttivi che devono essere “green”. Leader in questo l’azienda cosmetica francese L’Oréal, che ha deciso di ridurre gli sprechi in favore della salute del pianeta: «Nel 2013 abbiamo lanciato il progetto “Sharing Beauty With All”, che prevede l’orientamento delle nostre fabbriche alla sostenibilità, dalla produzione alla distribuzione. Un cosmetico è sostenibile quando, per fare degli esempi, le materie prime utilizzate non provengono da coltivazioni intensive, non si intaccano fonti non rinnovabili, non si sfruttano le popolazioni locali e la produzione è svolta in stabilimenti a impatto zero (ciò significa che le immissioni delle produzioni non alterano il bilancio di Co2 presente nell’aria, ndr) oppure in “Dry Factory”, fabbriche che non sprecano acqua, se non quella necessaria per la produzione cosmetica, come la nostra di Settimo Torinese, che entro il 2025 sarà totalmente sostenibile», racconta Filippo De Caterina, Direttore Comunicazione Sostenibilità e Public Affairs di L’Oréal Italia.
Ma per comprendere il concetto di sostenibilità è importante anche cambiare modo di pensare, perché riciclare la plastica già esistente e produrre pack più leggeri è un atteggiamento eco- responsabile, ma non sostenibile: «Infatti per riciclare si sprecano energie non rinnovabili. Il segreto è puntare al “Zero Waste”, ovvero zero rifiuti, avvalendosi di nuove tecnologie per creare plastiche di derivazione naturale che, una volta terminato l’utilizzo, possano essere smaltite con i rifiuti umidi, facilmente metabolizzati dalla terra», dice Manfredini. Confezioni all’avanguardia, quindi, ma anche nuove formule cosmetiche tecnologicamente avanzate: «La biotecnologia utilizza sistemi biologici, organismi viventi o derivati di questi anche per dar vita a principi attivi elaborati, per esempio partendo dagli scarti della lavorazione del grano o della frutta, evitando così di intaccare risorse della terra», continua Stefano Manfredini. Superata la difficoltà nel reperimento delle materie prime, quella successiva sarà formulare un prodotto che sia simile a quello a cui le persone sono abituate che però, molto spesso, utilizza ingredienti provenienti ad esempio da derivati del petrolio (fonte fossile non rinnovabile).
Se il prodotto sostenibile non è performante come quello tradizionale, infatti, non sarà acquistato dai consumatori. Perciò, la vera domanda è: quanto siamo pronti a questo cambiamento? «Credo che i consumatori siano sempre più consapevoli. Detto questo, il consiglio per orientarsi in questo nuovo mondo è capire quali sono le aziende che prendono la sostenibilità come un impegno serio sul lungo periodo e quelle che, invece, lo usano solo come strumento di marketing. La singola certificazione per riconoscere i prodotti amici della terra è utile ma non sufficiente: bisogna cambiare mentalità», conclude De Caterina.