Medicina preventiva e anti-aging: i consigli del dottor Solari per fermare il tempo
Ci sono piccoli grandi cambiamenti e mirate pratiche mediche che possono migliorare il nostro benessere, sfidando l’orologio del tempo. Per contrastare l’invecchiamento e vivere bene a lungo. I tre pilastri da cui partire? Sonno regolare, attività fisica, alla larga da cibi ultraprocessati. Ne parliamo con il dottor Solari, esperto di medicina preventiva e anti-aging
Piccoli grandi cambiamenti positivi nello stile di vita sono l’ingrediente primario per migliorare il proprio benessere, sfidando l’orologio del tempo. A mo’ di farmaci, per rimandare il più a lungo possibile proprio il bisogno di farmaci. Per abbassare il rischio di malattia e favorire la longevità. Ne è convinto il dottor Valerio Solari, esperto in medicina preventiva, anti-aging e nutraceutica, specializzato in medicina della nutrizione e dell’attività fisica applicate all’antinvecchiamento.
Con lui parliamo di buone abitudini da mettere subito in atto e di pratiche mediche, per vivere bene a lungo, e di infiammazione cronica di basso grado, nemica numero uno della salute. Passando dagli esami per diagnosticarla agli integratori utili, dalla nuove scoperte della scienza della longevità ai tanto discussi farmaci anti-obesità, semaglutide e tirzepatide in testa.

Dottor Solari, come recita nel suo sito, lei crede fermamente nella medicina preventiva e del cambiamento, ovvero che tramite interventi mirati si possa influire sul proprio benessere e futuro. Può suggerirci i primi tre cambiamenti da mettere in atto per vivere meglio?
«Ecco tre buoni suggerimenti che penso possano valere per tutti, per tutte le età e per tutte le condizioni. Innanzitutto curare il proprio sonno: chi dorme male si stressa più facilmente, si infiamma più facilmente, si ammala più facilmente. Un primo step potrebbe essere cercare di mantenere una buona routine, provando ad avere all’incirca sempre gli stessi orari nell’andare a coricarsi e al risveglio. La monotonia può essere la chiave!
Due: evitare cibi ultraprocessati. Questi cibi finti e malsani sono tra le principali cause di infiammazione, obesità e patologie in generale degli ultimi decenni.
Infine, muoversi. Siamo una specie fatta per muoversi. Anche qui è bene avere buone abitudini, con un buon equilibrio tra esercizi anaerobici e aerobici. È dimostrato che il movimento sia alla base di una buona longevità».
Abbiamo sempre fretta, anche di avere risultati subito. Un cambiamento positivo, finalmente messo in atto, dopo quanto tempo apporta un miglioramento significativo sul nostro benessere?
«Non c’è naturalmente un periodo preferito standard, dipende da dove si parte e quali sono i nostri obiettivi. In generale, però, quando propongo degli obiettivi ai pazienti, li propongo uno alla volta, per cercare di farli diventare una routine, quella che chiamo “parola magica”, magari impegnando 30-60 giorni per ogni singolo obiettivo. Una volta consolidato, sarà più facile passare al nostro prossimo cambiamento».
Quali sono i principali acceleratori dell’invecchiamento?
«Un celebre articolo pubblicato su Cell già nel 2013 identificava gli ormai celebri 12 hallmarks dell’invecchiamento. Sono quei fattori che influiscono negativamente sulla nostra età biologica, quelli che possono proprio accelerare i processi legati all’avanzare degli anni.
Tra questi sicuramente cito l’alterata comunicazione intercellulare, mediata soprattutto dal nostro invecchiamento ormonale (su cui abbiamo sempre più terapie), l’accorciamento dei telomeri, su cui si stanno studiando molecole straordinarie, tra cui anche alcuni peptidi bioattivi. Ma il vero “driver” su tutto può essere l’infiammazione cronica di basso grado. È la madre di tutte le patologie, una condizione su cui dovremmo porre tutti, sempre, la massima attenzione».

Nelle pillole di salute sui suoi canali social, cita l’omocisteina. Cos’è e perché è importante controllarla?
«L’omocisteina è un amminoacido che deve essere smaltito dal nostro corpo. Se i suoi valori nel nostro sangue fossero elevati potrebbe rappresentare uno dei tanti possibili fattori di rischio cardiovascolare. E per elevati intendo sopra a 10 μmol/L: praticamente tutti i laboratori in Italia utilizzano invece range sbagliati, dandola normale a volte sino anche a 25-30!
Le cause per cui l’omocisteina può non essere smaltita bene sono diverse, dal fumo di sigaretta a processi infiammatori a polimorfismi genetici. A seconda di quelle che possono essere le cause, da indagare con un medico esperto in tutto ciò, per fortuna possiamo solitamente migliorarla».
Cos’è l’infiammazione cronica di basso grado e come capire se è in corso? C’è un esame specifico per diagnosticarla?
«È una condizione in cui il nostro sistema immunitario rimane “troppo attivo” anche quando non dovrebbe, mantenendo attivi processi infiammatori di cui però non ci accorgiamo direttamente. Non a caso viene chiamata anche “silente”. Le cause alla base di questa attivazione cronica di basso grado sono tante possibili, alcune le ho già citate. Purtroppo non ci sono esami assolutamente specifici per farne diagnosi.
L’esame sicuramente più importante però da fare sempre è la hsPCR, ovvero la proteina C reattiva ad alta sensibilità. È un marker non specifico ma molto utile da associare alla clinica del paziente e ad altri esami specifici a seconda della sua situazione clinica. Altri esami, a seconda dei casi, sono le citochine infiammatorie, come IL-6 (interleuchina-6), un esame però non facile da trovare».
C’è sempre più interesse per infusioni e terapie endovenose per migliorare energia, combattere l’infiammazione e supportare il nostro benessere, come anti-aging. Di che si tratta e su cosa puntare?
«Ormai conosciamo molto bene tantissimi meccanismi cellulari e metabolici del nostro corpo, e possiamo sempre più indagarli nello specifico, con esami come la metabolomica urinaria. Riconoscere specifiche carenze o inefficienze in specifiche reazioni è la base della medicina di precisione, che offre anche la possibilità di integrare ciò che serve e soprattutto “supplementare”, aggiungere in più molecole utili in determinate situazioni.
Queste sono le basi della medicina rigenerativa e potenziativa, che offre la possibilità anche, tramite infusioni endovenose, di utilizzare molecole come glutatione, NAC, omega-3, vitamina C, acido alfa-lipoico, NAD e terapie chelanti in generale per migliorare, detossificare o addirittura “potenziare” il nostro stato di salute.
Il NAD è quello che sta riscuotendo più interesse ultimamente, anche per particolari patologie e per alcuni casi di stanchezza cronica. Negli Stati Uniti una bioscience company ha però da poco iniziato ad utilizzare, sempre in terapia endovenosa, un NAD booster, il nicotinamide riboside (molecola già da tempo disponibile per bocca), che pare dia più risultati e sicuramente meno effetti collaterali. Speriamo arrivi presto anche in Italia».
Che ruolo ha il collagene nell’anti-aging? È utile integrarlo anche nell’uomo?
«Il collagene è la proteina più rappresentata nel nostro corpo, è quella che aiuta a “tenerci insieme”, sia a livello della pelle che delle articolazioni che delle ossa. A mio giudizio dopo i 40 anni può essere utile integrarlo per tutti, chi più chi meno. La stessa osteoporosi per esempio, una delle situazioni più ignorate purtroppo oggigiorno – anche nell’uomo (non colpisce solo le donne!) – è molto spesso derivante da una carenza di collagene (oltre che di boro, ad esempio)».

Quali sono gli integratori che aiutano a costruire il benessere nell’uomo?
«L’uomo andando avanti negli anni deve porre attenzione alla sarcopenia, ovvero una progressiva (e purtroppo fisiologica) perdita di forza e massa muscolare. Al di là dei fondamentali consigli riguardanti l’attività fisica, da praticare sempre, potenzialmente fino all’ultimo dei nostri giorni, sicuramente è essenziale mantenere un adeguato apporto proteico. Quindi anche con proteine in polvere o aminoacidi extra se necessari, così come l’uso di creatina, utilissima anche per il nostro cervello.
Poi ritengo fondamentale controllare proprio l’infiammazione di cui parlavo prima. Come? Con vitamina D, di cui fondamentalmente ormai tutti siamo carenti, la sua corollaria vitamina K2, omega-3 di buona qualità (c’è una giungla di omega-3 disponibili, può non essere facile trovare quelli giusti e di qualità) e magnesio, uno dei principali nutrienti mitocondriali. E poi, a seconda dei casi, valutare NAC e glicina per le fasi detox. E infine melatonina, un ormone straordinario che non serve solo per il sonno, ma è il più potente antinfiammatorio del nostro corpo.
Consideriamo però che una buona alimentazione, ricca proprio di D, K2 e omega-3, con uova, grassi e proteine di qualità, il tutto associato a una buona esposizione all’aria aperta, la giusta attività fisica e una buona routine del sonno, potrebbe essere la vera integrazione che ci serve, più di dover prendere dieci pastiglie al giorno!».
Argomento spinoso: semaglutide sì o semaglutide no? Quali i pro e contro del farmaco anti-obesità tanto di moda?
«La semaglutide e l’appena arrivata in Italia tirzepatide sono molecole senza dubbio efficaci e molto allettanti. Possono avere sicuramente indicazioni importanti nel paziente obeso con elevato rischio cardiovascolare. Mi è capitato di proporle, ma come “ultimo step” nei confronti di quello che è la medicina della salute e dello stile di vita. Sono molecole che ho studiato e approfondito moltissimo. Rappresentano una potenziale rivoluzione già oggi e soprattutto per i prossimi anni, non lo nascondo.
Ma quello che l’Economist ha battezzato “The Everything Drug” non è un farmaco miracoloso. Tutti gli effetti positivi su riduzione dell’infiammazione, dello stress ossidativo e degli indici metabolici non sono dati tanto dal farmaco in sé, ma dalla perdita di peso! Tutte le persone sovrappeso o gli obesi, con una perdita di peso, hanno un miglioramento di praticamente tutti i parametri. Quindi trovare una strada magari non farmacologica per liberarci dei chili di troppo può essere molto più naturale che usare farmaci. Poi se usare un farmaco sarà il male minore rispetto a una condizione di obesità cronica e rischio cardiovascolare, non ci dovremo certo nascondere dietro a un dito».
La scienza della longevità sta facendo passi da gigante. Quali sono le tecnologie o le scoperte più promettenti per chi vuole vivere più a lungo e meglio?
«L’elenco è potenzialmente lunghissimo. Una delle tecnologie che stiamo usando di più alla SoLongevity Clinic è l’ipossia-iperossia intermittente. È una terapia che simula un allenamento a 5000 metri, utile per condizioni come brain fog, long- Covid, alcuni casi di stanchezza cronica e soprattutto per gli atleti (era considerata doping sino all’anno scorso).
Una delle scoperte più promettenti che ci auguriamo di vedere presto in azione è quella che ha fatto vincere il Nobel della Medicina al dottor Shin’ya Yamanaka nel 2012, un mix di geni soprannominati proprio Fattori Yamanaka. Sembra che mettano in atto il cosiddetto “Cell Rewind”, ovvero come far tornare indietro “il nastro” delle cellule, come una vecchia VHS, per tornare a rivedere l’inizio del film. È stato dimostrato che i Fattori Yamanaka contrastano l’invecchiamento. Hanno il potenziale per invertire alcuni dei problemi attualmente incurabili associati all’età, come declino neurocognitivo, fragilità e infiammazione.
Chissà se e quando sarà tutto possibile anche per noi. Lo sentiremo presto proprio da lui, al Milano Longevity Summit, evento mondiale che si svolgerà a fine marzo a Milano. Abbiamo invitato proprio Yamanaka a partecipare ai tre giorni organizzati dalla nostra SoLongevity».