Nella nuova fattoria. In conversazione con Luca Travaglini

Nella nuova fattoria. In conversazione con Luca Travaglini

di Fiammetta Bonazzi

Le verdure sono quelle di sempre, ma ora crescono, protette e incontaminate, nel primo orto verticale italiano. Lo firma Luca Travaglini, che racconta ad Icon il suo progetto virtuoso

Una volta qui era tutta campagna. Ma, con le metropoli che avanzano e l’agricoltura minacciata dall’inquinamento, la terra fertile sarà sempre di meno. La soluzione? «Guardare in alto e attrezzarsi con un format di coltivazione in verticale», dice Luca Travaglini, co-founder e co-Ceo insieme a Daniele Benatoff di Planet Farms, primo modello di vertical farm tutto italiano. Il progetto, che si è concretizzato con l’inaugurazione, nell’ottobre scorso, a Cavenago di Brianza, della più grande fattoria verticale d’Europa (firmata dallo studio Dordoni Associati), ha iniziato a prendere forma oltre dieci anni fa. «Avevo appena superato un importante problema di salute e ho capito che la qualità del cibo può fare davvero la differenza nella vita nostra e in quella delle future generazioni», ricorda Travaglini che, dopo la laurea alla Bocconi e un buon inizio di carriera nel settore automotive, decide di entrare nell’azienda di famiglia, leader nei processi industrializzati per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi. È durante un volo in Oriente che, in un magazine di bordo, legge per caso un articolo sul vertical farming, usato in Giappone dopo il disastro di Fukushima che aveva contaminato terreni e falde. «Mi sono chiesto: come si potrebbe implementare nel nostro paese un sistema di questo tipo?».


In Italia, dove l’agricoltura appartiene a un heritage ultra secolare, la partita si annunciava durissima: «La vera sfida», nota Travaglini, da poco premiato come Italian Tech Person of the Year 2021, «era convincere il nostro consumatore, che non ha un elevato potere d’acquisto, della validità di un progetto virtuoso alternativo all’orto e alla campagna, che garantisce un risparmio di oltre il 95% di acqua e il 90% di suolo rispetto alla coltivazione in campo aperto». Per l’avventura, scendono in campo la Signify (per l’illuminazione a LED sostitutiva del sole) e la Travaglini spa, e fra il il 2016 e il 2018 si avvia la fase sperimentale. 


Nella nuova farm di Cavenago. Le coltivazioni ricevono intensità e tonalità di luce ideali grazie a speciali lampade LED ad alta efficienza e risparmio energetico, mentre l’acqua di irrigazione e i sali minerali sono riciclati, riducendone così il consumo ed evitandone la dispersione nell’ambiente.

Risultato: oggi la Farm di Cavenago sforna al giorno circa 1,5 tonnellate di vegetali, tra insalate e basilico, imbustati in carta riciclabile FSC. La particolarità è che sono prodotti non lavati, ma incontaminati e pronti al consumo, dunque ricchi delle vitamine e dei minerali che si perdono con la lavatura. «Un ettaro in vertical farm produce come 300 ettari seminati in modo tradizionale, col vantaggio che le colture crescono 365 giorni all’anno senza pestidici e senza essere esposte agli stress dovuti a intemperie, eccesso di calore, attacchi di parassiti e competizione con le infestanti», sottolinea Travaglini. «E col fatto che gli edifici si trovano non dentro le città ma fuori, la prossimità dei luoghi di distribuzione riduce il consumo di suolo e l’impatto dei trasporti». Per i prossimi mesi, oltre al lancio di piatti pronti, di una linea di freschi e di aromatiche, sono in cantiere quattro nuove aperture: la prima sarà a marzo a Brusaporto, provincia di Bergamo, in partnership con la famiglia Cerea e il loro ristorante tre stelle Michelin Da Vittorio, dove è sorta una fattoria verticale a uso dello chef. E l’estero? «Non lo escludiamo. La nostra tecnologia, se trapiantata in aree desertificate, potrebbe aiutare le popolazioni locali a non lasciare più la propria terra».

Nella foto di apertura Daniele Benatoff e Luca Travaglini co-founders di Planet Farms