Sfidare l’alta quota: l’architettura in montagna
OFIS Architekti - Winter Cabin - Foto Janez Martincic

Sfidare l’alta quota: l’architettura in montagna

di Elena Bordignon

Per gli architetti è diventato doveroso ripensare il modo in cui l’architettura e le sue infrastrutture sono progettate per i luoghi ad alta quota. Abbiamo selezionato alcuni esempi eccellenti di progetti in montagna

Tra gli ecosistemi più fragili della Terra, le regioni montuose e ad alta quota, sono gli ambienti più esposti ai cambiamenti climatici. Dall’erosione del suolo al scioglimento dei ghiacciai sono costantemente minacciati. Nell’ambito dell’architettura è diventato doveroso ripensare il modo in cui l’architettura e le sue infrastrutture sono progettate per i luoghi ad alta quota. Che siano rifugi, bivacchi, ristoranti, gallerie d’arte o luoghi di cultura, le architetture sulle cime, anche se con stili e sensibilità diverse,  raccontano di avventura e di linguaggi architettonici spesso rivoluzionari. Abbiamo selezionato alcuni esempi eccellenti di architettura ad alta quota. 

Rifugio Carlo Mollino: un esempio di genialità

Non possiamo non partire con un esempio magistrale: il Rifugio Carlo Mollino, realizzato dal progetto originale di Casa Capriata, considerato come un manifesto per la sperimentazione di materiali e tecniche costruttive durante gli anni Cinquanta. Il progetto era stato realizzato dall’architetto torinese per la X Triennale di Milano del 1954, ma i disaccordi tra i promotori fecero sì che non venisse mai effettivamente realizzato. Nel 2010 si è pensato di realizzare, sulle basi del progetto originale, il Rifugio Carlo Mollino. Una struttura leggera in legno sollevata da terra, in riferimento alle costruzioni Walser locali, è diventata un edificio sperimentale nel comprensorio sciistico del Weissmatten, a Gressoney Saint Jean, in cui gli aspetti architettonici, strutturali, tecnologici e ingegneristici sono stati rielaborati secondo i criteri progettuali stabiliti da Mollino. Il risultato è un edificio a basso consumo energetico con componenti e sistemi costruttivi innovativi, coerenti con l’edificio/manifesto originale.

Messner Mountain Museum Corones: roccia e ghiaccio come fonti di ispirazioni

Un eccellente esempio è la costruzione ‘incastrata’ nella roccia dello studio Zaha Hadid Architects. Progettato per essere collocato nella cima del monte Plan de Corones, a 2.275 m sul livello del mare, al centro della più famosa stazione sciistica dell’Alto Adige, il Messner Mountain Museum Corones è circondato dalle vette alpine della Zillertal, dell’Ortles e delle Dolomiti. Fondato dal famoso scalatore Reinhold Messner, il sesto e ultimo Messner Mountain Museum esplora le tradizioni, la storia e la disciplina dell’alpinismo. Ispirandosi alle schegge di roccia e ghiaccio del paesaggio circostante, Hadid ha realizzato delle tettoie in cemento gettate in opera che si innalzano dal terreno per proteggere l’ingresso del museo, le finestre panoramiche e la terrazza.

Una risposta alla condizioni estreme: Winter Cabin

La sfida dello studio OFIS arhitekti è stata quella di installare rifugi in scala 1:1 su siti remoti e studiare la loro risposta a condizioni meteorologiche estreme. Vento, neve e frane richiedono una risposta di forme, strutture e concetti architettonici specifici. La Winter Cabin sul Monte Kanin, vicino a Bovec, in Slovenia,  si presenta come un sottile volume romboidale in parte sospeso nel vuoto, caratterizzato da una lunga feritoia che accorpa i tre livelli che, sommati, offrono una superficie di quasi 10 m2 in grado di ospitare 9 alpinisti. 

The Sliding Shelter: la bellezza tra i ghiacci

The Sliding Shelter, dello studio Christophe Benichou Architectures, è un rifugio isolato in mezzo a grandi pendii innevati. La sua geometria inclinata abbraccia la topografia dell’ambiente e, allo stesso tempo, lo contrasta con le sue forme astratte. The Sliding Shelter suggerisce uno “scivolamento immobile” verso le gelide profondità sottostanti. Guardando la struttura cubica, nella sua innegabile perfezione, viene da mettere in discussione se è sempre lecito, per l’uomo, intervenire in luoghi così incontaminati. La risposta, forse, si trova nella bellezza che una tale costruzione può suscitare. 

Bivacco Gervasutti: un capolavoro di ingegneria

Da lontano, sembra un enorme tubo che esce dalla montagna, la cui estremità è stata decorata con motivi rossi per essere visibile dagli alpinisti. Il nuovo rifugio alpino Giusto Gervasutti sostituisce quello originariamente dedicato al grande alpinista torinese, costruito nel 1948 sulla parete Est delle Grandes Jorasses, nel massiccio del Monte Bianco.  A 2.835 metri di quota si trovava nel mezzo di un ghiacciaio (il Fréboudze) che all’epoca era più grande, e solcato da blocchi di ghiaccio e crepacci. Il nuovo Bivacco Gervasutti, realizzato nel 2011 su progetto di Luca Gentilcore e Stefano Testa, è alimentato con pannelli fotovoltaici di ultima generazione, ed è non solo energeticamente autosufficiente, ma è fatto per resistere alle condizioni dell’alta quota. La sua forma ed il suo posizionamento sono un capolavoro d’ingenieria, il frutto di sofisticate conoscenze nautiche ed aeronautiche mutuato per l’alpinismo.

Una piattaforma panoramica per toccare le nuvole

La sensazione è quella di trovarsi tra le nuvole. La piattaforma panoramica si trova proprio in cima alla cresta del ghiacciaio della Val Senales, a pochi chilometri dal confine tra Italia e Austria. A cogliere la sfida di progettarla a oltre 3.000 metri sopra il livello del mare, e lo studio noa* network of architecture. Caratterizzata da un’architettura di forma organica che rispecchia la topografia naturale del luogo, la piattaforma è realizzata con una pedana composta da griglie sorrette da travi sottili e circondata su tutto il perimetro da lastre verticali in acciaio. L’effetto che ne deriva è sorprendente: ruotando lo sguardo le immagini lasciano posto a nuove soggettive, invitando l’osservatore a scoprire prospettive sempre diverse.


noa* network of architecture

Un cubo futuristico in mezzo alle montagne

Appare all’orizzonte come un enorme dado dalle facce specchianti.Il rifugio Kezmarske progettato dallo studio di architettura ceco Atelier 8000, sorge nella catena montuosa tra Polonia e Slovacchia, la più alta dei Carpazi. E’ un alloggio perfetto per fronteggiare i bisogni degli alpinisti, degli avventurieri d’alta quota e degli sciatori. Si tratta di una struttura dal design futuristico, che si discosta notevolmente dalle classiche casette di legno dai tetti spioventi, per via del suo volume cubico ruotato su uno dei suoi angoli. Le facciate del cubo sono suddivise in pannelli quadrati di materiali riflettenti, prevalentemente in alluminio, vetro e materiale fotovoltaico. L’edificio, dall’aspetto extraterrestre per via del suo design davvero originale, trasmette leggerezza visiva con i suoi giochi di luci e ombre, consentendo di sfruttare al massimo l’energia solare tramite pannelli fotovoltaici rivolti verso sud e verso est.


Atelier 8000 -Cuboidal Mountain Hut