Una mostra al Design Museum di Londra, confermata dalle maggiori serie tv in onda, da The Good Wife a Scandal

C’è stato un tempo (durato circa fino alla fine degli anni ottanta) nel quale le (poche) donne di potere non avevano molta scelta nel loro armadio: se volevano essere rispettate in un mondo di uomini, dovevano vestirsi come loro.

E poco importava se ciò comportava indossare un’armatura, come Giovanna d’Arco, o pompare innaturali volumi nelle spalline, come Melanie Griffith in Una donna in carriera, a simboleggiare metaforicamente la capacità ad assumersi ruoli e responsabilità più gravosi di quanto l’appartenenza ad un genere non desse a credere. 

Piano si è fatta strada nella mente delle donne una verità rivoluzionaria, quella che i vestiti, la moda, non fossero solo una frivola dimostrazione di vanità femminile, ma elemento essenziale nella comunicazione di se stesse, addirittura strumento utile a rafforzare la propria professionalità in ufficio. Un teorema che si è compiuto interamente di recente (solo qualche anno fa, ad un giornalista che le chiedeva di che marca fosse il suo tailleur, Hillary Clinton rispondeva ancora piccata ‘Me lo chiederebbe, fossi uomo?’) e che il Design Museum di Londra celebra con una mostra aperta dal 29 Ottobre al 26 Aprile 2015, dal titolo Women Fashion Power.
L’esposizione, curata dalla giornalista di moda Colin McDowell e dalla curatrice del museo Donna Loveday, si compone di tre stanze: le prime due analizzano la storia del sottile ma saldo legame tra moda e potere, attraverso foto e video d’archivio, insieme ad abiti, dai corsetti ai quali le donne si costringevano nell’ottocento, al tailleur indossato da Margaret Thatcher il giorno della sua elezione a leder del Partito Conservatore Inglese, mentre la terza mette in mostra 26 abiti gentilmente prestati da altrettante personalità protagoniste del nostro quotidiano.
I nomi sono di quelli importanti, nei campi più variegati: si va dalla politica con il sindaco di Parigi Marie Hidalgo, alla moda con le designer Diane Von Furstenberg, Charlotte Olympia e Roksanda Ilincic, passando per l’arte, con la cantante Skin, la finanza con Wei-Sun Christonson, CEO di Morgan Stanley per l’Asia, e l’architettura con Zaha Hadid. Proprio l’archi-star ha avuto un ruolo fondamentale nella mostra, di cui ha curato le strutture che dividono gli spazi.

Un concetto, quello del ‘dress to empower‘ che è alla base anche delle serie tv americane più seguite – dai tailleur dalle silhouette decise, femminili ma assertivi dell’avvocato Alicia Florrick in The Good Wife, ai capispalla a tutto volume della crisis manager della Casa Bianca Olivia Pope in Scandal, passando per i tubini minimali, dalle linee taglienti come lame di Claire Underwood, donna di potere e moglie del vice-presidente degli Stati Uniti in House of Cards.
La nuova classe dirigente del piccolo schermo ha le idee chiare non solo nel lavoro, ma anche nell’armadio. In ufficio si indossano panni nuovi, insomma, che non sminuiscono la professionalità, ma anzi, la esaltano, regalandole autorevolezza, senza abdicare alla femminilità. Perché la moda è un plus, nell’orario dell’aperitivo come in ufficio.