La Tate Britain di Londra passa in rassegna il lavoro dell’artista, fino agli iPad paintings e quelli nuovi di zecca.

Giunge alla vigilia del suo ottantesimo compleanno la più grande retrospettiva mai realizzata sull’opera di David Hockney – oltre centosessanta lavori che coprono sei decenni di carriera. Sarà con buona probabilità anche una delle più grandi rassegne della storia della Tate Britain, luogo essenziale nella biografia dell’artista inglese, il quale tornò per ben otto volte a vedere la retrospettiva che il museo dedicò a Picasso nel 1960. La mostra si sposterà in seguito al Centre Pompidou a Parigi e al Museum of Modern Art di New York. Sono tante le ragioni per cui si tratta di uno degli artisti più noti e amati al mondo, eccone alcune:

Uguale a se stesso. David Hockney ha detto una volta al New Yorker: “Se la massa prende una direzione, allora il mio istinto mi suggerisce di prenderne un’altra”. Ventiduenne, quando si iscrisse alla Royal Academy of Arts nel 1959, non era per nulla interessato a quello che allora sembrava l’unico genere possibile, l’Espressionismo Astratto, di cui arrivava notizia dall’altra parte dell’Oceano. Il suo stile si è evoluto attraverso diverse sperimentazioni, suggellate da un vivo interesse per le nuove tecnologie, anche in età avanzata, rimanendo però intrinsecamente coerente.

La sua vita come un’opera d’arte. Già nel 1974 David Hockney era un pittore piuttosto famoso e fu allora che Jack Hazan gli dedicò un documentario (A Bigger Splash) che sembra in realtà un film, nel quale però l’artista interpreta se stesso, e così il suo entourage. Una narrazione che mescola realtà e fantasia ed esalta l’aura del pittore inglese che allora aveva 37 anni.

Icona di stile. Per molti giovani appassionati d’arte che hanno scoperto David Hockney durante l’adolescenza, il suo guardaroba è una specie di ossessione. Gli abiti che indossa non sembrano mai nuovi e i suoi look mai troppo pensati. La prima cosa che colpisce negli outfit di Hockney sono i colori. E poi, anche nelle foto che lo ritraggono giovane, ci sono quei dettagli da vecchio uomo elegante indossati in maniera disordinata, le righe e i pois, il mix&match, i capelli arruffati e gli occhiali tondi, vera e propria signature. Molto di quel che si può dire della sua maniera di presentarsi si potrebbe dire dei suoi quadri. E il cerchio si chiude.

Seriamente frivolo. Talvolta David Hockney è stato ritenuto un artista frivolo, troppo interessato agli aspetti sensuali ed edonistici. Quando lasciò la grigia Inghilterra per la splendente California – dove ritrasse ragazzi disimpegnati tra una piscina e un bagno di sole – pensò di aver trovato la sua bohemia, di cui d’altra parte ha sempre coltivato il mito. Detto ciò, Hockey è rimasto un lavoratore indefesso. A dispetto dell’immagine da party boy, è sempre stato piuttosto propenso ad andare a dormire presto. Oggi continua a lavorare alacremente, guardando al futuro più volentieri che al passato. E poi, come ha suggerito lui stesso in un’intervista al Guardian, “solo perché uno ha un certo umorismo non significa che non sia serio”.

Uno con cui approfondire. Appassionarsi a Hockney è sempre stato piuttosto semplice, tra documentari e libri ha offerto un accesso privilegiato alla sua arte e alla sua vita d’artista. Oggi il gadget n.1 per i cultori è la sua monografia extra-large, A bigger book, pubblicata da Taschen. La “limited collector edition” consta di 9 mila copie autografate, ciascuna con leggio disegnato da Marc Newson, al costo di 2.000 euro. E si correda di 600 pagine di cronologia illustrata.

David Hockney, alla Tate Britain, Londra – dal 9 febbraio al 29 maggio 2017.