Arte oltrecortina. Due mostre di avanguardie di ieri e oggi

Arte oltrecortina. Due mostre di avanguardie di ieri e oggi

di Paolo Lavezzari

Dialogando con la natura: i Fauves, padri coloratissimi dell’espressionismo, a Martigny, e un selezionato gruppo di artisti contemporanei, sulle rive del lago di Lugano

Per chi, fra Val d’Aosta e Como Lake, ha ancora qualche giorno di vacanza, appena oltre confine ci sono un paio di mostre che meritano una visita. Il rapporto tra loro è curioso: entrambe in terra d’Elvezia sono ospitate in fondazioni, una con ormai 45 anni di storia – la Fondation Pierre Gianadda a Martigny – l’altra appena aperta – la Bally Foundation a Lugano, entrambe parlano di avanguardia (l’una di ieri, l’altra di oggi), entrambe hanno sede in edifici speciali (l’uno modernissimo, l’altro la fascinosa villa Heleneum). La Gianadda, fedele alla sua missione onnicomprensiva, propone fino al 21 gennaio 2024 la mostra Les Années Fauves, excursus sulla prima avanguardia del 900, quantomai immersivo dato il centinaio di opere esposte che sono, con la loro esplosiva carica di colori, un inno alla libertà del dipingere fuori dalle costrizioni accademiche imperanti (seppure con molti scossoni) ancora al nascere del secolo scorso.

Emile Othon Friesz (1879-1949). “Automne à Honfleur”. Huile sur toile. 1906. Paris, musée d’Art moderne.

Del resto, fauves (le belve) vennero subito chiamati quei pittori (Matisse, Manguin, Derain, Vlaminck, Rouault, Marquet, Dufy, Braque..) che al Salon d’Automne di Parigi del 1905 arrivarono costruendo lo spazio pittorico mediante il colore puro: con loro, la pittura insomma non è più “descrizione”, né tantomeno “impressione”, ma fa un passo ancora oltre diventando “espressione” in cui i contrasti cromatici sostituiscono la prospettiva (comunque ancora rispettata dagli impressionisti). Il reale, il dato oggettivo è ormai lontano: la sensazione fa a gara con l’emozione. Quali i temi preferiti? La Senna e i villaggi di Chatou, di Collioure, d’Argenteuil  e la Normandia. Ma le sculture africane esposte ricordano quanto l’arte primitiva, esotica fosse continuamente guardata e ammirata per la sua “purezza”, l’energia incontaminata che emanava (Picasso docet, e, prima di lui, van Gogh e Gauguin). 

Raoul Dufy (1877-1953). “Les régates”. Huile sur toile, 1907-1908. Paris, musée d’Art moderne.

Con un salto di un secolo e più, la mostra Un Lac Inconnu alla Bally Foundation di Lugano (attenzione! chiude il 24 settembre!) fa in certo modo il punto sulla nostra attualità artistica. La Fondazione del celebre marchio elvetico di calzature esiste in realtà da 17 anni e il suo Bally Artist Award dal 2008 premia un artista svizzero o residente in Svizzera particolarmente impegnato nella ricerca tra know-how e natura. Ma torniamo alla mostra. I tempi da quel 1905 sono cambiati mille volte, così come i medium artistici. Rimane, tratto comune alle avanguardie presentate di ieri e di oggi, il confrontarsi con il paesaggio, in fondo con il mondo; in particolare, a Villa Heleneum il tema conduttore è l’acqua e il tentativo di  darle una forma che diviene “una passeggiata poetica e filosofica tra paesaggi sommersi ed emersi”. Il lago, così come le montagne, che si ammirano dalle grandi vetrate sono insomma solo lo spunto per un dialogo interiore, volutamente immaginifico e immaginario, con l’architettura, gli artisti, le opere che qui hanno installato e i visitatori.


Oltre venti gli autori internazionali, che Un Lac Inconnu espone, da ‘storici’ come Vito Acconci, Rebecca Horn, Philippe Parreno e Haim Steinbach, al giovane Mathias Bensimon che firma un affresco suggestivo nella grotta sotto la villa.