Avanguardie di ieri e di oggi

Avanguardie di ieri e di oggi

di Paolo Lavezzari

Macchiaioli e Impressionisti facevano scandalo nell’800. E lo stesso è accaduto con gli Informali nei 50 del 900. Oggi sono tutti classici. Come confermano le mostre ora in calendario

Quell’onda di bellezza, di esposizioni d’arte grandi e piccole che abbiamo visto per tutto il 2023 prosegue. Vi segnaliamo qui alcuni nuovi eventi che spaziano fra 8 e 900. Si punta soprattutto sui grandi nomi e i movimenti più noti, ma c’è attenzione anche per alcuni ambiti meno sotto i riflettori. Andiamo dunque per ordine cronologico e cominciamo con un paio di eventi che, pur datati secolo XIX, non soffrono il tempo e presentano opere di squillante bellezza.


Giovanni Fattori, “Silvestro Lega che dipinge sugli scogli”

Fino al 9 giugno 2024, sono esposti a Palazzo Martinengo a Brescia, storica residenza cinquecentesca nel cuore della città, oltre 100 opere di pittori Macchiaioli. Tutti giovani toscani, abbagliati dal sole e dall’aria della Maremma e della Versilia, Fattori, Lega, Signorini, Cabianca, Borrani, Abbati e altri diedero vita a una delle più originali e innovative avanguardie artistiche europee del XIX secolo, spesso accostata al contemporaneo Impressionismo d’oltralpe. Tante le differenze, ma un punto in comune importante: entrambi i movimenti abbandonavano le aule delle rigide accademie d’arte per ritrarre dal vero il mondo. Per i Macchiaioli era quello della dura terra, del lavoro dei contadini, dei soldati a cavallo, della piccola borghesia ; per gli Impressionisti quello della felice Parigi, delle feste, della danza, dei picnic sulla Senna. Il termine “Macchiaioli” fu coniato nel 1862 da un recensore della Gazzetta del Popolo di Firenze. con una valenza dichiaratamente dispregiativa. Succede nella storia dell’arte, basta pensare a quanto accadde decenni dopo per i Fauves (le belve). Poi, la storia sistema comunque le cose. Articolata in 10 sezioni, la retrospettiva bresciana ripercorre i diversi momenti della ricerca dei Macchiaioli, i luoghi a loro familiari: il Caffè Michelangiolo di Firenze, Castiglioncello, Piagentina, la Maremma e la Liguria. È un viaggio nella luce. Come in fondo, la mostra successiva, con le dovute differenze tutte da scoprire.


Auguste Renoir, “Femme nue dans un paysage”, 1883, Musée de l’Orangerie, Parigi

Se non sarà LA mostra dell’anno, almeno sulla carta poco ci manca. Già dai nomi dei protagonisti, Paul Cézanne e Pierre-Auguste Renoir, è chiaro che parliamo di maestri assoluti e successo assicurato. L’occasione per traslocare in temporanea dai parigini musei dell’Orangerie e D’Orsay i capolavori che saranno esposti a Palazzo Reale a Milano, dal 19 marzo al 30 giugno, è fornita dalla ricorrenza dei 150 anni della nascita del movimento Impressionista. Se poi consideriamo che nella stessa sede è aperta anche la mostra dedicata a Giuseppe De Nittis, anche lui a Parigi negli stessi anni, cantore della più moderna Ville Lumière, i motivi di interesse si moltiplicano. Cézanne vs Renoir da modo di conoscere in parallelo due personalità che hanno contribuito in maniera decisiva alle fortune dell’Impressionismo e che hanno influenzato le successive generazioni di artisti. l’esposizione presenta oltre 50 lavori che danno un esaustivo spaccato del lavoro dei due artisti. Si va dalle prime tele degli anni Settanta dell’Ottocento alle prove ultime di inizio Novecento – Cézanne muore nel 1906, Renoir nel 1919. La singolarità della mostra è che il nucleo delle opere esposte è costituito dalla raccolta del mercante d’arte Paul Guillaume (1891-1934, chi si ricorda il ritratto che gli fece Modigliani?) proseguita, dopo la sua morte, dalla moglie Domenica (1898-1977). Oggi sono tutte conservate presso il Musée de l’Orangerie di Parigi. Last but not least è presentata anche una selezione di opere provenienti dal Musée d’Orsay di Parigi e da due tele di Pablo Picasso. 

CÈzanne Paul (1839-1906). Paris, musÈe d’Orsay. RF1982-40.
Paul Cézanne, “Trois baigneuses”, Musée d’Orsay

Amici fin dal 1860 e per tutta la vita, diversi per origini, vite e esiti pittorici, legati da sincera ammirazione reciproca Cézanne e Renoir si sono spesso confrontati coi medesimi soggetti: la natura morta, il paesaggio, il ritratto e il nudo. È proprio sul dialogo tra le rispettive ricerche e soluzioni pittoriche che la mostra si regge. È un itinerario che per Cézanne significa rigore e geometrie anticipatrici del Cubismo, mentre per Renoir è una continua ricerca di una rotonda, sensuale armonia fatta di una tavolozza brillante e atmosfere di gioia. L’allestimento, che segue un criterio tematico, consente di apprezzare la loro evoluzione stilistica. Le due opere di Picasso citate sono esemplari per chiarire, confrontate con altrettanti dipinti di Cézanne e Renoir, l’influenza che i due ebbero sulla successiva generazione di pittori.

Facciamo un salto  di circa cent’anni e arriviamo ai 50 del Novecento. È il decennio ancora una volta delle avanguardie, questa volta astratte. Ben due mostre ripercorrono quegli anni, riportando al centro del discorso una serie di autori che le mode del mercato hanno in certo modo trascurato. 


Lucio Fontana, “Concetto spaziale”, Collezione Intesa Sanpaolo Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo / foto Paolo Vandrasch, Milano © Fondazione Lucio Fontana, Milano

La libera maniera è il titolo programmatico della mostra che fino al 9 giugno , presso la Casa Museo dell’Antiquariato Ivan Bruschi – Arezzo presenta una serie di opere di arte astratta e informale dalle ricche collezioni Intesa Sanpaolo, in sostanza quel favoloso forziere d’arte che sono le Gallerie d’Italia. Si tratta di una mostra in due momenti, il secondo aprirà a dicembre a Jesi. Non molte le tele scelte, 34, ma attentamente ragionate, coprono il periodo tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio dei “favolosi” anni Sessanta in Italia.  Periodo, come si dice sempre, ricchissimo di molteplici esperienze artistiche, quasi  sempre accompagnate da accese polemiche, come ad esempio realismo vs astrazione – termine questo molto  ampio come si capisce dai nomi presenti. L’esposizione apre presentando la breve esperienza astratta avutasi tra le due guerre con personalità come Alberto Magnelli e Corrado Cagli. Nucleo centrale è  però la libertà di maniere che si sviluppano in contemporanea l’arte polimaterica di Alberto Burri, le nuove dimensioni teorizzate da Lucio Fontana e dai “suoi” spazialisti come i veneziani Edmondo Bacci e Gino Morandis. Poi ci sono le generazioni dei più giovani che scoprono il segno, come Carla Accardi, Achille Perilli e Antonio Sanfilippo (esponenti anche del gruppo Forma) ma anche il gesto, come quello rivoluzionario di Emilio Vedova. Non è finita. Ci sono gli artisti che guardano alla realtà concreta come Gillo Dorfles, Bruno Munari, Atanasio Soldati, Gianni Monnet. E ancora c’è chi come Birolli e Morlotti guardano alla natura con dense superfici pittoriche o, al contrario, chi scruta l’universo atomico sia del micro che del macro cosmo, Enrico Baj e Guido Biasi. Oltre alla Accardi c’è poi tutto un lato femminile :Carol Rama, Renata Boero, Regina e Paola Levi Montalcini. Infine, un nucleo di artisti che si forma in questi anni ma che parte dalle premesse dell’Informale per tracciare già le linee delle ricerche dei 60: Toti Scialoja, Gastone Novelli, Mario Nigro, Enrico Castellani. Insomma, La libera maniera inquadra un periodo fondamentale per gli sviluppi dell’arte italiana. 


Bepi Romagnoni, “Testa”, 1957, Museo della Permanente, Milano

Sulla stessa linea di proposta è Informale. La pittura italiana degli anni Cinquanta, che apre a Palazzo delle Paure, a Lecco, 15 marzo. La mostra è in sostanza il capitolo successivo all’evento dedicato al ritorno alla figurazione in Italia, avvenuto tra le due guerre mondiali nel secolo scorso, da poco concluso. Una sessantina qui le opere presenti, con parterre di autori di tutto rispetto, li vediamo fra un momento. Ciò che preme rimarcare è che rende interessante l’esposizione è che  «L’informale», come spiega la curatrice Simona Bartolena , «non è un movimento coeso e arginabile…. A mio avviso non sono Burri o Fontana i principali esponenti di questo fenomeno, anzi: i due grandi maestri hanno ricerche autonome e uniche, impossibili da ascrivere a una definizione o a una singola tendenza. I veri protagonisti di questa stagione sono ben altri: artisti forse meno noti, ma ben più esemplificativi per comprendere le ragioni di un momento storico. Per questo, in mostra, oltre ai nomi più celebri, ho voluto proporre anche opere di artisti meno conosciuti, talvolta quasi dimenticati, ma dai linguaggi potenti ed espressivi, che sapranno certo stupire i visitatori». E allora,  ecco le tante vie dell’Informale molteplici e variegate, figlie di altrettante personalità autonome e originali, le cui ricerche trovarono solo alcuni aspetti tra loro comuni, come la spontaneità, l’istinto gestuale, il rifiuto di qualsiasi legge e geometria, l’improvvisazione. Si affermarono artisti quali Afro, Chighine, Vedova, Burri, che impiegavano la materia e il colore come mezzi espressivi liberi e potenti, ma anche pittori che reinterpretarono la figurazione sotto una nuova luce, come Ennio Morlotti e Mattia Moreni o ancora gli esponenti del Realismo esistenziale quali Mino Ceretti e Bepi Romagnoni, chiusi in un disilluso nichilismo. Due mostre dunque da vedere, non facili magari, che sono l’occasione per ripensare anni e autori ingiustamente accantonati.