Fame! Gli artisti e il culto della celebrità
NEW YORK, NY - CIRCA 1979: Lorna Luft, Jerry Hall, Andy Warhol, Debbie Harry, Truman Capote and Paloma Picasso - Party at Studio 54 circa 1979 in New York City. (Photo by PL Gould/IMAGES/Getty Images)

Fame! Gli artisti e il culto della celebrità

di Elena Bordignon

Con ironia o con venerazione sono molti gli artisti che hanno raccontato il mondo delle celebrità: dalle opere in serie di Andy Warhol ai dipinti di Lucian Freud, dai ricami e le finte pubblicità di Francesco Vezzoli ai ritratti di Elizabeth Peyton.

Trovava ispirazione dalle icone e dalle immagini caratteristiche della cultura di massa, celebrava la quotidianità, il consumo, eleggendo oggetti ‘usa e getta’ ad espressione massima dell’occidente. Andy Warhol, padre della Pop Art, ha glorificato e reso memorabile l’alto e il basso: dalla Coca Cola alle banane, dalle celebrità alle lattine della zuppa Campbell, dalle scatole di detersivo Brillo alle sedie elettriche. Dal 1963 e il 1987 alcuni dei più̀ noti volti dell’epoca facevano tappa alla Factory, lo studio che Warhol fondò e che raccolse tantissime menti creative dell’epoca. La sua fama raggiunse l’apice quando iniziò a ritrarre, mediante la tecnica della serigrafia, celebrità quali Marilyn Monroe, Elvis Presley ed Elizabeth Taylor, iniziando da quel momento a circondarsi dalle più audaci e celebri personalità della sua generazione. Warhol divenne l’artista più ricercato da attori, artisti, musicisti, politici, scrittori, modelle e ricchi mecenati. La maggior parte ne approfittava per essere commemorata e resa immortale, sedendosi per gli “screen tests series” o come modelli per uno dei suoi ritratti. Dal suo studio passarono star di Hollywood quali Liza Minelli o Sylvester Stallone, artisti come Bob Dylan, John Lennon, Mick Jagger, Salvador Dalì, personaggi del calibro di Valentino, Armani e Gianni Agnelli e molti altri.  Da considerare l’antesignano di un vero e proprio genere, quello del ritratto delle celebrità, in realtà Warhol non fu il solo ad essere attratto dal mondo delle persone famose. 

Nella storia dell’arte recente si contano anche altri artisti che hanno avuto con i personaggi celebri dei rapporti controversi. Uno di questi è senza dubbio Lucian Freud, nipote di Sigmund, inventore della psicanalisi. Bello, geniale e maledetto, Freud ha vissuto una vita trasgressiva e decisamente sopra le righe. Il catalogo delle sue amicizie ed incontri è sterminato, sebbene praticasse una riservatezza quasi ascetica. Da Dylan Thomas a Francis Bacon o alla moglie di Ian Fleming (l’autore di James Bond lo detestava). Amante del gioco d’azzardo, sperperava tutto ciò che guadagnava dipingendo. Da anonimo pittore è diventato in breve tempo il più celebre artista del Regno Unito. Aveva un caratteraccio e si permetteva di essere intemperante con tutti, facoltosi collezionisti, galleristi o committenti generosi come la modella Jerry Hall, che arrivò in ritardo a una seduta e lui le cancellò il volto sostituendolo con uno maschile, incurante delle telefonate furiose del marito Mick Jagger. Gli unici ritardi che concesse furono quelli di Kate Moss (“Naked Portrait 2002”), a cui impediva di fumare durante le sedute per un ritratto che, a suo parere, venne decisamente male. Tra i suoi quadri più famosi quello della Regina Elisabetta (2000) e di molte altre personalità tra cui l’artista Francis Bacon e l’editore e scrittore Bruce Bernard. 

Un taglio decisamente ironico è quello che anima le opere della fotografa inglese (1960) Alison Jackson. La Regina Elisabetta mentre sorseggia un tè caldo a letto con i suoi amati cani; Lady Diana che fa il dito medio, Donald Trump che gioca a croquet con la regina di Buckingam Palace o la stessa artista a passeggio con David Beckham. Sono solo alcune delle scene divertenti e altamente ironiche create dalla Jackson. Usando sosia inquietanti e un livello di produzione ambizioso per ogni scena, l’artista crea abilmente immagini che sembrano rivelare le vite segrete di figure di alto profilo. Girate da un punto di vista voyeuristico e clandestino, le opere di Jackson divertono e provocano allo stesso tempo. L’assurdità e l’umorismo delle situazioni che crea per il suo “cast” sono sostenuti da un’esplorazione inquietante del concetto attuale di notizie false e dell’ossessione della società per la fama e la celebrità. 

Nella nostra ricerca non può mancare anche Francesco Vezzoli (1972), artista italiano tra i più noti a livello internazionale, la cui ricerca spazia dal ricamo alla performance, dalla realizzazione di campagne pubblicitarie a dei veri e propri film. L’artista investiga, spesso con pungente ironia, il concetto di celebrità e gli stereotipi della comunicazione, riuscendo a coinvolgere nelle sue produzioni alcune delle personalità più illustri del nostro tempo. In oltre un ventennio, ha stretto collaborazioni con celebrità del calibro di Catherine Deneuve, Lady Gaga, Kate Blanchett o Gina Lollobrigida. Tra i temi principali che Vezzoli affronta con le sue opere c’è la critica e la decostruzione della cultura mediatica e popolare, il rapporto tra arte e celebrità, il potere seduttivo e manipolatorio della comunicazione, la rielaborazione dell’arte antica in chiave contemporanea, ma non solo, anche il contrasto tra sacro e profano, il dolore e la sofferenza nascosti dietro il glamour e la fama. Di esempi ne potremmo fare tanti, tra questi la pubblicità interpretata da Roman Polansky per un profumo fittizio o il remake del trailer del film di Gore Vidal, Caligola interpretato da Vidal stesso, Helen Mirren e Courtney Love.

Utilizza solo la pittura l’artista inglese Elizabeth Peyton che in più occasioni ha affermato: “Per dipingere bene ho bisogno di essere estasiata dai miei soggetti”. Da sempre la pittrice studia e ritrae il mondo delle celebrità, da quelle più trasgressive come Sid Viciuos e Kurt Cobain, a Michele Obama e Leonardo DiCaprio, accanto a volti appartenenti al circolo dei suoi conoscenti come i musicisti Liam Gallagher e Jarvis Cocker o artisti come Nick Relph. Come un album di figurine di personaggi illustri, nelle sue mostre Peyton mischia vivi e morti, ritratti con una pittura veloce ed essenziale, spesso lasciata incompleta negli sfondi, ma dettagliata nel definire le fisionomie dei volti. Grazie al suo sapiente linguaggio pittorico l’artista assorbe le qualità dei modelli, le mescola con la sua interpretazione – infondendo amore, ammirazione e rispetto in ogni pennellata – e le traduce in un’immagine – nella pittura a olio su tavola, a penna e inchiostro, o nei bellissimi monotipi che, più recentemente, ama fare.