I 5 album da ascoltare a Maggio 2022

I 5 album da ascoltare a Maggio 2022

di Giuditta Avellina

C’è un fil rouge che unisce i 5 album da ascoltare a Maggio 2022 che abbiamo selezionato per voi: la voglia di libertà e di rinascita.

I 5 album da ascoltare a Maggio 2022 sono il passaggio perfetto dalle costrizioni del clima pandemico a quel desiderio di venirne finalmente fuori. Il fil rouge che collega i cinque dischi che abbiamo scelto questo mese è quello della voglia di libertà e di rinascita. Celebrato dalla mescola potente di suoni e immagini, di grandi ritorni artistici, di desideri finalmente in procinto di essere espressi. 

Florence + The Machine | Dance Fever

Questo album doveva vedere la luce, taccuino e appunti, nel marzo 2020: Florence era appena approdata a New York, per iniziare a registrarlo. Lo stop ha tardato la release e ne ha spostato la base a Londra, ma non ha impedito a vari singoli di successo a fare da apripista a questa nuova opera. Florence + The Machine ritorna, dunque, con il suo attesissimo nuovo album, Dance Fever, degnamente anticipato da My Love, Free, King e Heaven is Here e supportati da visual meravigliosi realizzati dalla talentuosa regista Autumn De Wilde. E così, post pandemia, questo Dance Fever condensa tutto ciò che a Florence è mancato.

I club, i festival, la musica, l’unione. Riunirsi a tutto questo nell’estatica danza, per accoppiarsi idealmente con le mancanze e lasciare indietro ogni paura è stato l’obbiettivo dell’artista. Che lo ha raggiunto lavorando – parole e suoni – al concetto di coreomania, un fenomeno rinascimentale in cui gruppi di persone ballavano selvaggiamente fino allo sfinimento, al collasso e alla morte. La sintesi perfetta di Florence, in fondo: pienezza, gioco costante tra le idee di identità maschile e femminile, iconica presenza. 

Arcade Fire | We

La band canadese torna con il sesto disco We, a 5 anni di distanza dall’ultimo album di inediti. Registrato in molteplici location, da New Orleans a El Paso e Mount Desert Island, è stato prodotto dagli stessi Nigel Godrich e Win & Régine. E sembra essere un condensato del periodo pandemico appena trascorso. ‘Il periodo più lungo che abbiamo mai passato a scrivere, senza interruzioni’ – ha dichiarato Win Butler – in un’epopea concisa di 40 minuti che parte dall’oscurità per arrivare sino alla luce.
Sette canzoni e due sezioni ben distinte: la prima, I, connessa alla paura, alla solitudine, all’isolamento. E la seconda, WE, in cui il contatto rappresenta il carburante della gioia ritrovato. Un album che dondola, dunque, tra le forze che provocano l’allontanamento tra le persone che si amano e l’urgenza di superare ogni distanza. La chicca sta nella copertina in cui è immortalato un occhio umano – opera realizzata dall’artista JR e aerografata da Terry Pastor, già autore di copertine iconiche di album di David Bowie quali Hunky Dory e Ziggy Stardust– a  rievocazione di Sagittarius A, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Gli Arcade Fire li potrete vedere in live anche in Italia, il prossimo 17 settembre al Mediolanum Forum di Assago a Milano. 

Nu Genea | Bar Mediterraneo

Se Nuova Napoli era stato un ottimo album, sembra promettere molto bene anche questo nuovo capitolo della storia di Nu Genea. Che tornano con Bar Mediterraneo e fanno volare le ispirazioni e i suoni di Massimo Di Lena e Lucio Aquilina, verso nuovi desiderabilissimi mondi da conquistare. Potere della musica e Bar Mediterraneo si trasforma in uno spazio d’incontro tra persone e ispirazioni. Un luogo caldo e accogliente come solo il Sud sa essere e in cui le sorti buone e avverse di tutti s’ascoltano e s’osmotizzano.

La magia dell’intreccio di strumenti acustici, voci, timbri e sintetizzatori è questa mescola che unisce popoli e istanze. E fa incontrare a Napoli sonorità da mondi lontanissimi, palpabili nei versi tunisini e nel flauto Ney di Marzouk Mejiri che s’aprono alla malinconia in Gelbi o nel canto di Marco Castello che in Rire attraversa lo Stretto di Messina o nei versi francesi di Célia Kameni che passeggiano tra le strade di Marechià o nella batteria del compianto Tony Allen che accompagna i mandolini di Straniero. Otto brani, un alternarsi tra suggestioni briose come Tienatè e attimi di intenso coinvolgimento  come in La crisi, nel riadattamento di una poesia del 1931 di Raffaele Viviani, con le parole cantate da Fabiana Martone. Ma c’è spazio anche per il dance floor di una canzone folk napoletana degli ‘E Zezi, storica band operaia di Pomigliano D’Arco, e in cui i Nu Genea hanno registrato le voci di un coro di bambini a sottolineare la dimensione tribale, evocativa. E il sottile fil rouge è, come sempre, questo orgoglio partenope che tutto unisce, amalgama, abbraccia e lo fa cultura sonora, emotiva, emozionale.

Emeli Sandè | Let’s say for instance

Così raffinata, appassionata, intensa, Emeli Sandè è tornata con il nuovo album di inediti. Si chiama Let’s say for instance ed è il primo su etichetta indipendente. Un album e un’esplorazione di nuovi territori musicali: dalla classica alla disco e all’rn’b. E in rassegna vengono passati non solo suoni, ma anche sentimenti: l’innamoramento, il vero amore, la voglia di fidarsi di sè stessi uscendo fuori dal lungo tunnel del buio, l’analizzare i momenti oscuri della depressione, per poi approdare all’argomento dell’uguaglianza razziale.

Emeli si è spogliata di ogni orpello e si è messa a nudo. Il suo quarto album, dunque, è un delicato e appassionato ritorno alla vita. Che non vuole tradire quanto fatto in precedenza, quanto piuttosto rinfrescarlo, dagli linfa nuova e direzionata verso altri mondi da conquistare. L’inizio di una nuova avventura professionale ma, lo si percepisce, un tuffo più profondo dentro gli abissi suoi.

Liberato | Liberato II

C’è questa idea che Liberato riesca trasversalmente a unire. Sarà per la sua coralità nel riuscire a unire lingue e dialetti: il napoletano, che sposa l’inglese, l’italiano, lo spagnolo e ne fa una mescola nuova. Questo album Liberato II, uscito a sorpresa in quel Nove Maggio che lo ha reso così celebre, è un piccolo scrigno: sette brani, 27 minuti, sette visual video a corredo. La firma dei video è sempre la stessa: il magistrale Francesco Lettieri. Che questa volta ha ambientato le scene al Palazzo Reale di Napoli.

Qui, una delle sirene che incontrò Ulisse, Partenope, arriva alla corte del re. Come una dervisha danza con le cortigiane, lo vede gozzovigliare, lo seduce, ne subisce violenza, prima di ucciderlo con il suo canto, rubargli l’anello e tornare al suo elemento naturale: il mare. L’album è una cornice di andirivieni sentimentali, il sound passa dal pop all’elettronica in un batter di ciglia. Tutto è scompostamente in euqilibrio. Liberato non è brezza, è vento che sconvolge le cose, quel Sud che non t’aspetti perchè è tanto atavico quanto non convenzionale. Questo disco è una credenza di quel piccolo mondo antico, che straborda e conquista il mondo. Donandosi, senza rivelarsi.