1600 pezzi storici e altrettante avventure da scoprire alla collezione milanese di Umberto Di Donato

Questa è una storia di passione, avventura e tempi lontani. E di poesia. Perché è la storia della macchina da scrivere, compagna e cronista di eventi importanti, sorprendenti, rivoluzionari: non solo della vita di tanti individui ma anche di tanti cambiamenti politici e sociali.

Questa storia inizia ufficialmente 10 anni fa, quando Umberto Di Donato, classe ’35, «ragioniere con la “R” maiuscola perché capace di scrivere a macchina», apre a Milano, in via Menabrea 10, il Museo della Macchina da Scrivere (sabato alle 18 l’evento per festeggiare l’anniversario – prenotazione gratuita al 3478845560).

Ma è una storia che viene da molto più lontano: «Nel 1951», racconta Di Donato, «frequentavo il primo anno dell’istituto tecnico e, dopo la scuola, mio padre mi faceva andare nel suo ufficio per provare a scrivere a macchina. È così che ho “conquistato” la mia carta professionale in più: a quel tempo ero uno dei pochi a vantare questa capacità. Quando venni assunto alla Banca Commerciale Italiana di Milano in piazza della Scala, mi occupavo anche del rinnovo del parco macchine da scrivere. Quando le cambiavamo, una la tenevo sempre».

Così è nata una prima collezione di 200 pezzi, che ora ammonta a oltre 1600 tra macchine da scrivere e da calcolo, appartenute a grandi personaggi (tra gli altri, gli italiani Francesco Cossiga, Camilla Cederna, Matilde Serao, Carmen Covito), che gira il mondo con mostre itineranti. E che raccontano, ognuna di loro, un pezzo di storia.

Come la Williams prodotta a New York nel 1887. La usava un giovane emigrato italiano che nel 1893 se la trascinò da Brooklyn, dove aveva sede la fabbrica, a Chicago, accompagnando come interprete il suo insegnante Galileo Ferraris (scopritore del campo magnetico rotante e ideatore del motore elettrico in corrente alternata) all’EXPO in occasione della inaugurazione dell’illuminazione elettrica della città, organizzata da Thomas Edison.

Quel giovane si chiamava Camillo Olivetti e, tre anni dopo, avrebbe fondato ad Ivrea la C. Olivetti & Co.