Le mostre da non perdere nelle capitali europee a fine anno
Gallery view of Marina Abramovic at the Royal Academy of Arts Photo: © David Parry/ Royal Academy of Arts

Le mostre da non perdere nelle capitali europee a fine anno

di Digital Team

Parigi, Londra, Berlino valgono bene un viaggio, vista la bella serie di mostre che propongono. Ecco una selezione di esposizioni dedicate a grandi ed epocali artisti.  Da vedere durante le vacanze

Parigi, Londra, Berlino valgono bene un viaggio, vista la bella serie di mostre che propongono. Ecco una selezione di esposizioni dedicate a grandi ed epocali artisti. Da vedere durante le vacanze.


Nicolas de Stael, Femme assise, 1953.

Al Musée d’Art Moderne, la retrospettiva dedicata a Nicolas de Staël riporta all’attenzione l’opera di un artista che ha segnato la pittura del dopoguerra in modo assolutamente originale. Figurativo, astratto, cioè il dibattito di  quegli anni,  per lui erano termini inutili: «Un quadro dovrebbe essere al tempo stesso astratto e figurativo», diceva.

In un allestimento cronologico che ripercorre i 15 anni della sua breve ma intensa carriera il Mam espone circa 200 dipinti, disegni, stampe e anche alcuni quadri e disegni inediti o visti raramente. Fino al 21 gennaio 2024. Per chi la manca, non tutto è perduto: la mostra riaprirà alla Fondation de l’Hermitage, a Losanna, dal 9 febbraio al 9 giugno.


Amedeo Modigliani, ritratto di Paul Guillame

Al Musée de l’Orangerie, la mostra Amedeo Modigliani. Un peintre et son marchand ripercorre a un secolo di distanza il rapporto fra il grande livornese, morto a 35 anni,  e il suo mercante Paul Guillaume. È l’occasione di presentare, sotto una luce meno scontata, una selezione di opere emblematiche di quel periodo, cioè la ribollente Parigi degli anni Dieci, allora davvero il centro del mondo dell’arte. Fino al 15 gennaio.


Al Musée d’Orsay, Van Gogh à Auvers-sur-Oise. Les derniers mois, torna al pubblico dopo essere stata esposta al Van Gogh Museum di Amsterdam. L’esposizione è dedicata alle opere che il pittore olandese, scomparso a 37 anni,  dipinse negli ultimi due mesi della sua vita  a  Auvers-sur-Oise, vicino a Parigi.

Fu un periodo di frenetica attività come testimoniano i 73 dipinti e 33 disegni che lasciò.  La mostra raccoglie una cinquantina di dipinti e venti disegni, tra cui capolavori come Le Docteur Paul Gachet, L’église d’Auvers-sur-Oise e Champ de blé aux corbeaux. Fino al 4 febbraio.

Da sinistra, Mark Rothko No 13 White, Red on Yellow, 1958; No 9; No 5; No 18, 1952, Green on Blue Earth Green and White 1956; Untitled 1955

La retrospettiva dedicata a Mark Rothko alla Fondation Louis Vuitton è già in lizza per essere una delle super mostre del 2024. E a ragione, grazie un corpus di circa 115 opere provenienti da importanti collezioni istituzionali e private internazionali. Il percorso cronologico che ripercorre l’intera carriera di Rothko, dai suoi primi dipinti figurativi all’astrazione aiuta a capire il continuo interrogarsi dell’artista e il volere dialogare senza più le parole con lo spettatore. Per capire l’opera sono d’aiuto le sue parole: «Sono diventato un pittore perché volevo elevare la pittura a elemento fondamentale come la musica e la poesia». Fino al 2 aprile 2024.

Gallery view of Marina Abramović at the Royal Academy of Arts.
Photo: © David Parry/ Royal Academy of Arts
Marina Abramović, The Hero, 2001. Single Channel Video (black and white, sound); Courtesy of the Marina Abramović Archives. © Marina Abramović

Bisogna affrettarsi, perché la prima personale inglese di Marina Abramović alla Royal Academy chiude il primo gennaio. La mostra presenta tappe salienti della carriera della madre della performing art, attraverso sculture, video, installazioni e performance.

Alcuni lavori, come The Artist is Present sono messi in scena attraverso filmati d’archivio, mentre altri sono riproposti “live” dalla nuova generazione di artisti performativi, formati secondo il metodo di Marina Abramović. Nel corso della mostra sono riproposte opere diverse, per cui non ci sono due visite uguali.


Un’opera di Sarah Lucas alla Tate Britain

Altra mostra al femminile è Sarah Lucas. Happy Gas, alla Tate Britain. Lei, Sarah, artista britannica emersa con la grande onda del 1988 (con Tracey Emin, Damien Hirst etc) non ha perso la carica irriverente e polemica di allora con cui ha raggiunto fama internazionale grazie a un uso audace e provocatorio di materiali e immagini, spesso utilizzando oggetti ordinari in modi inaspettati. I suoi temi? Il sesso, la classe, il genere, la mortalità. Le oltre 75 opere in mostra sono un repertorio completo delle pratiche della Lucas: sculture, installazioni, fotografie, impiegate guardando ben oltre il mondo della Young British Art degli anni Novanta.


Le sculture di Georg Baselitz alla Serpentine South Gallery

George Baselitz: Sculptures 2011 – 2015 fino al 7 gennaio, alla Serpentine South Gallery, è la prima personale dell’artista tedesco nella celebre struttura londinese. Alla scultura Baselitz non è arrivato subito, è dal 1979 che vi si  dedica, continuando  quella esplorazione delle tensioni  esistenti fra astrazione e figura che caratterizzavano la sua pittura.

Le figure  e i corpi che scolpisce nel legno di un singolo tronco sono quasi totemici, sbozzati con accetta, scalpelli e motosega. Le sculture non erano originariamente destinate alla visione pubblica, ma realizzate come maquette, per opere in bronzo. L’effetto finale è di una foresta torreggiante di legno grezzo, a ricordare la matrice espressionista dell’opera di Baselitz.

Unge mennesker på stranden (Linde-frisen)
Edvard Munch, Jugend am Strand, 1904

Edvard Munch Magic of the North, alla Berlinische Galerie Museum of Modern Art, fino al 22 Gennaio,  ripercorre il lungo rapporto fra il pittore norvegese e la capitale tedesca. Quando Munch, pressoché sconosciuto, aprì la sua prima personale a Berlino, lo shock per quella tavolozza violenta e le figure in apparenza solo abbozzate fu tale che la mostra venne chiusa poco dopo.  Munch lo sentì come un successo della sua sfida moderna alla tradizione e ne nacque una specie di “affaire Munch”.

Aveva ragione lui, come dimostra l’influenza potente che ebbe su tutta l’arte di quel periodo. La mostra comprende circa 80 opere A esse si aggiungono le opere di altri artisti, come Walter Leistikow e Akseli Gallen-Kallela, che alla fine del XIX secolo hanno dato la loro impronta al modo in cui Berlino immaginava il Nord e al mondo dell’arte modernista della città.


Alice Springs, autoritratto con modella, 2008.

Mentre a Roma è aperta la grande antologica dedicata al consorte Helmut Newton, a Berlino, fino al 21 gennaio è visitabile la retrospettiva dedicata alla moglie, Alice Springs. Retrospective, allestita alla Helmut Newton Foundation. La mostra oltre a celebrare il centesimo compleanno di June Newton, alias Alice Springs, mette in scena oltre 200 fotografie da lei realizzate, molte inedite.  Il suo esordio come fotografa professionista è nel 1970, con il nome di Alice Springs, concentrandosi principalmente sulla ritrattistica. 


Alice Springs, Sirpa Lane.

Tutto è iniziato con un’influenza che costrinse Helmut Newton a chiedere aiuto alla moglie June. Le spiegò come usare la macchina fotografica e l’esposimetro, e lei lo sostituì nello scatto dell’immagine per le sigarette Gitanes a Parigi. Sono sempre stati i ritratti la passione di Alice, che dei suoi soggetti, celebrità o persone comuni,  sapeva cogliere il carisma, l’aura speciale. Da vedere, sorprendente.