24 artisti raccontano il mondo industriale in una mostra a Bologna

Raccontare il mondo industriale contemporaneo significa raccontare non solo come è cambiata la produzione o come si è trasformata l’organizzazione del lavoro, bensì quali sono i cambiamenti sociali in corso. A cominciare dalla comunicazione che l’industria stessa vuole dare di sé. Se fino agli anni 70 del secolo scorso fotografi, stampatori e ritoccatori lavorano negli uffici dedicati alla comunicazione per restituirne un’immagine perfetta, oggi la velocità del linguaggio sul web insieme alla quasi totale invisibilità dell’universo produttivo, delocalizzato e digitalizzato, hanno cambiato radicalmente l’informazione iconografica industriale.

Ecco perché raccontare fotograficamente l’industria contemporanea è una sfida. Ed ecco perché il Mast di Bologna ospita gli scatti di 24 fotografi contemporanei per una collettiva dal titolo Industria, oggi. Tre ragioni per non perdere l’esposizione bolognese.

Arte e industria. Sono gli artisti a restituire al pubblico immagini dell’industria contemporanea e non più i fotografi interni alle aziende. Cambia dunque totalmente l’impostazione concettuale: questa volta l’interesse è incentrato sui processi produttivi e sul loro legame con la società. Domande imprescindibili sul nostro modo di vivere stanno alla base di questi lavori, che traducono in scatti questioni filosofiche del nostro tempo: quali sono i rapporti di forza in ambito lavorativo? Quale influenza hanno le industrie sull’uomo e sulla natura?

Nuova fotografia sociale. Contrapporre le bianche e asettiche fabriche vuote alle variopinte correnti migratorie è una scelta di campo netta e precisa. È quella dei fotografi Ad van Denderen e Jim Goldberg, accanto alla messa in scena di altre disuguaglianze sociali, denunciate dagli scatti di Jacqueline Hassink, Allan Sekula e Bruno Serralongue. Oppure ironicamente sottolineate dal lavoro di Brian Griffin che riproduce il linguaggio del corpo di manager e Ceo. Mentre a parlare di ambiente sono Ed Burtynsky, Sebastião Salgado e Mitch Epstein.

Sincronismi disumani. Il grosso cambiamento all’interno degli stabilimenti industriali è segnato dal passaggio da luoghi bui e sporchi a interni chiari, luminosi e arredati come appartamenti. Come per la Ferrari, raccontata da Olivo Barbieri, la BMW o la Volkswagen, le fabbriche diventano dei palcoscenici in cui il pubblico può entrare per assistere al meraviglioso spettacolo della produzione (solitamente del prodotto di punta, che viene così anche pubblicizzato): ‘Potrete assistere alla coreografia dal sincronismo perfetto degli oltre 800 robot che operano nella zona carrozzeria, al lavoro di precisione eseguito dai robot nell’unità di verniciatura…’. Così si legge nella guida agli stabilimenti BMW di Lipsia. A documentare questa nuova realtà hanno pensato, tra gli altri, anche Carlo Valsecchi, Trevor Paglen, Thomas Struth e Vera Lutter.

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Industria, oggi

Mast, Bologna, fino al 6 settembre