Love, un film di cui innamorarsi per aprirsi all’amore
Credits: Motlys

Love, un film di cui innamorarsi per aprirsi all’amore

di Simona Santoni

Dal regista norvegese Dag Johan Haugerud, Orso d’oro a Berlino con “Dreams”, un altro tassello della sua trilogia. Un film di parole, da rileggere a mo’ di guida filosofica alla vita. Un’ode alla libertà sessuale, che apre l’interpretazione dell’esistenza a strade diverse e innumerevoli

Commovente e prezioso, Love di Dag Johan Haugerud è il film per aprirsi all’amore, oltre gli schemi introiettati da generazioni e generazioni di famiglia nucleare.

Dal 17 aprile nelle sale italiane, è uno dei film che abbiamo più apprezzato all’ultima Mostra del cinema di Venezia e che ci ha fatto cerchiare in rosso il nome del regista norvegese: da recuperare e tenere d’occhio tutti i suoi lavori precedenti e futuri.

Non a caso, poco dopo il red carpet del Lido, il sessantenne di Østfold – regione citata in Love – ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino 2025 con Dreams, da poco uscito al cinema. Un bel grazie a Wanted che porta questi titoli in Italia! In attesa di Sex.

Love film
Credits: Motlys
Marte Engebrigtsen e Andrea Bræin Hovig in “Love”

La trilogia di sogni, sentimenti e desideri

Love (titolo originale Kjærlighet) fa parte di una trilogia di film scritti e diretti da Dag Johan Haugerud, Sex-Love-Dreams, arrivata in Italia però con ordine invertito, sulla scia del successo tedesco. Si apre quindi con Sex, che fu presentato nella sezione Panorama della Berlinale 2024 e arriverà nelle sale italiane il 15 maggio, ed è chiusa da Dreams, rilasciato in Italia il 13 marzo scorso. Le tre storie sono connesse tra loro solo a livello concettuale, non per quanto riguarda trama e personaggi, quindi viaggiano bene anche in autonomia e in ordine sparso.

Anche se Dreams ha toccato i fasti del premio sommo a Berlino, è Love ad averci più ammaliato. Per la sua capacità di indagare le sfumature dell’animo umano. Per aprire l’interpretazione dell’esistenza a strade innumerevoli, anche meno convenzionali. Perché toglie strati e strati di pudori e pregiudizi sul sesso.

«Per me quasi tutto può essere bello», dice nel film l’infermiere gay Tor (interpretato da Tayo Cittadella Jacobsen) allo sconosciuto (Lars Jacob Holm) che ha appena abbordato sul traghetto. «Mi può piacere che mi scop*** più uomini in contemporanea o che mi urinino addosso. Entrambe le cose possono essere molto eccitanti. Ma quando avviene non lo considero qualcosa di perverso. Solo piacevole. O bello».

La cosa più importante che Haugerud ha voluto trasmettere con l’intera trilogia? «Che è possibile immaginare un modo diverso di pensare», dice il regista nelle note stampa.

Love film
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Oslo nel film “Love”

Love, l’amore oltre pudori e pregiudizi

Love si interroga sull’amore e sulla libertà sessuale, sulla disparità delle aspettative sociali nei confronti delle donne, su omosessualità e relazioni.

È incentrato sull’amicizia e sul confronto franco e aperto tra due colleghi di lavoro, Marianne (interpretata da Andrea Bræin Hovig), urologa pratica, donna di mezza età etero e single, e Tor, giovane infermiere omosessuale, anche lui single. Lei non è alla ricerca spasmodica dell’amore e della vita di coppia, è interessata a un bel geologo divorziato (Thomas Gullestad) ma disposta anche a sperimentare Tinder e il “cruising”, il sesso occasionale. Tor, genuinamente disinibito, ha sguardo profondo, pronto a trovare significati dietro ai non detti. Indossa maglioncini gialli e celesti, delicati ma vividi, com’è lui. Due personaggi stupendi che sarebbe bello avere nella propria vita.

In una Oslo di luce rarefatta e aperture della camera sul fiordo e sul Mar del Nord, vibra ovunque un senso di possibilità. La possibilità di gentilezza, di comprensione, di apertura a nuove vedute.

«Il mio obiettivo primario è quello di trasmettere che sono possibili per tutti nuovi modi di pensare e di comportarsi», afferma Haugerud.

L’inizio del film è già un manifesto di questo intento. Heidi (Marte Engebrigtsen), l’amica di Mariane, mostra e spiega decorazioni e sculture del Municipio di Oslo. In un rilievo con donne con neonati e donne senza figli, Heidi ci legge la legittimazione delle madri single e dell’omogenitorialità e, «per estensione, un inequivocabile tributo municipale all’omosessualità».
Dopo aver mostrato la statua de Il pescatore di Nils Flakstad, per lei simbolo di un Cristo di amore e perdono, e quella di un triangolo amoroso, commenta: «Le persone hanno bisogni e preferenze sessuali diverse che Gesù vede e riconosce come parte della creazione».

Love film
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Andrea Bræin Hovig e Tayo Cittadella Jacobsen in “Love”

La sceneggiatura che volevamo sentire

Love è un film di parole più che di immagini, supportato da una sceneggiatura da cui rubare frasi e frasi, da rileggere come una guida filosofica alla vita. Il film è uscito da Venezia a mani vuote, ma il premio Osella al miglior script avrebbe potuto essere suo (lasciando al film premiato, Io sono ancora qui, onori più alti).

I personaggi che ci presenta, anche se illuminati e illuminanti, sono infusi di grande realismo, persone normali, colti nella loro vita normale.

«Love è un film che non ha paura di amare le persone e la città che ritrae», ha detto Haugerud. «La famiglia nucleare è limitante soprattutto per chi non si sente libero di fronte a questi atteggiamenti. E poiché è alla base di gran parte del patrimonio culturale e di tutte le tradizioni e cerimonie ad essa associate, è impossibile non relazionarsi ad essa. Questi atteggiamenti modellano anche le politiche, rendendo difficile per molti immaginare modi di vita alternativi». Con la sua incisività diretta e garbata, Love ci immerge in altre quotidianità da vivere.

Un’altra citazione da portare con sé è quella che ci legge nel film Mariane, dal diario di Etty Hillesum, scrittrice olandese ebrea morta ad Auschwitz: «Ho un amore innato per l’umanità. Per tutti gli esseri umani. E anche compassione per loro. Non credo di essere fatta per avere un uomo e basta. Mi sembra quasi puerile amare una sola persona».
Haugerud va a evidenziare i nervi scoperti di una società in cui le donne spesso devono ancora difendere o spiegare scelte riguardanti la loro sessualità.

Sono spesso in bocca a Tor battute da ricordare: «C’è gente così antipatica che hai voglia di una doccia dopo averci parlato». Come pure massime da faro per i giorni a venire: «Sei sempre così gentile?», «Sì, la vita è così breve».

Non vediamo l’ora di vedere Sex!