Vacanze a Berlino, da scoprire in 5 film
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Vacanze a Berlino, da scoprire in 5 film

di Simona Santoni

Da Potsdamer Platz insieme agli angeli di Wenders alla Karl-Marx-Allee intrisa di Ostalgie, ecco il nostro viaggio cinematografico nella vivace città tedesca

Capitale d’Europa non assediata dal caldo bruciante, Berlino, fresca e accogliente, è la meta ideale, anche d’estate, per chi ha sete di conoscenza, ampi spazi e vitalità in una cittadina frizzante e cosmopolita. Con la possibilità di concedersi un tuffo, in vero stile berlinese, nei tanti laghi e fiumi (a portata di mezzo pubblico) dei dintorni.
Figlia, anche a livello architettonico, della sua storia recente, come città fortemente distrutta dalla seconda Guerra mondiale, vissuta da protagonista del Male, e a lungo divisa dal Muro, tutto a Berlino sembra essere stato riletto e ripensato a mo’ di catarsi, come aspirazione all’elevarsi, senza mai dimenticare.

Sulla scia di Venezia e Cannes, Berlino è anche città di cinema. Nel 1951 nasceva il Festival internazionale ribattezzato Berlinale, voluto dagli statunitensi e dagli alleati occidentali come vetrina del mondo libero e come simbolo della ripresa, distintosi negli anni anche come ponte artistico e distensivo tra Ovest ed Est. Film d’apertura? Rebecca, la prima moglie di Alfred Hitchcock.

Sulle tracce di questa vocazione cinematografica, esploriamo Berlino usando come bussola i film che l’hanno scelta come location o come trama, tra piazze che conservano il fascino di una storia dolorosa e parchi giganteschi da perlustrare.

Il cielo sopra Berlino
Foto: Road Movies Filmproduktion
Immagine del film “Il cielo sopra Berlino”

Il cielo sopra Berlino (1987) di Wim Wenders

Film poetico e nostalgico di uno dei più grandi registi tedeschi, premio come Migliore regia al Festival di Cannes, per vedere Berlino dall’alto, dagli occhi degli angeli, nella fotografia del maestro Henri Alekan. 
Ne Il cielo sopra Berlino due angeli (interpretati da Bruno Ganz e Otto Sander) scendono nella Berlino degli anni ’80, prima della fine della Guerra Fredda. Vagano per la città, sono invisibili e impercepibili agli umani, osservano i berlinesi e ascoltano i loro pensieri, senza possibilità di aiutarli.

Con loro siamo nella Biblioteca di Stato di Haus Potsdamer Straße (Staatsbibliothek), presso cui vivono gli angeli, realizzata dall’architetto Scharoun tra il 1967 e il 1978 per dotare anche il settore occidentale di Berlino di una biblioteca statale, visto che l’originaria era rimasta nel settore orientale in seguito alla costruzione del Muro nel 1961.

Ecco poi l’iconica colonna della Vittoria (Siegessäule) con la statua dorata della Vittoria posta sulla sua cima, la chiesa Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche nel quartiere di Charlottenburg e Potsdamer Platz, considerata prima della Seconda guerra mondiale una delle piazze più belle d’Europa: qui, negli anni della repubblica di Weimar, nel 1924, sorse il primo semaforo nel tentativo di controllare il traffico imponente, tuttora conservato nella piazza. Nella Berlino divisa immortalata dal film, Potsdamer Platz è invece una spianata incolta, una terra di nessuno, tra le due ali del Muro.
Oggi la piazza è simbolo della nuova Berlino, tra palazzi contemporanei audaci e svettanti, dopo essere stata al centro del più ambizioso progetto urbano della città riunificata negli anni ’90, con il coinvolgimento dei più importanti architetti europei. Conserva comunque pannelli fotografici che raccontano la sua storia e la percorre, come nel resto della città, una doppia fila di ciottoli che segna il percorso dell’ei fu Muro.

Good Bye, Lenin!
Foto: X-Filme Creative Pool
Immagine del film “Good Bye, Lenin!”

Good Bye, Lenin! (2003) di Wolfgang Becker

Commedia tedesca affascinante piena di intuizioni sociopolitiche, campione di incassi in Germania, sul filo di una lucida satira si ispira al fenomeno post-riunificazione dell’Ostalgie, ovvero la nostalgia per la vita nella vecchia Repubblica Democratica Tedesca. Con un giovane Daniel Brühl.
Protagonista la famiglia Kerner di Berlino Est: nel 1989, dopo aver visto suo figlio partecipare a una manifestazione anticomunista, la madre, fedele membro del partito, cade in coma e si sveglia alcuni mesi dopo, con il Muro ormai crollato e la società mutata. Per evitarle uno choc che potrebbe causarle un infarto, suo figlio fa di tutto per fingere che nulla sia accaduto.

Interamente girato a Berlino, con le immagini poi ritoccate e invecchiate digitalmente, Good Bye, Lenin! ci porta tra i Plattenbau di Alexanderplatz, gli edifici di pannelli prefabbricati in calcestruzzo tipici dell’edilizia della Germania Est, e la Karl-Marx-Allee che collega i quartieri centrali di Mitte e di Friedrichshain, la strada più famosa della RDT, esempio di architettura sovietica berlinese. Boulevard maestoso lungo più di 2 km e largo 90 metri con palazzi nivei e solenni in stile “Zuckerbäckerstil” (“torta nuziale”, tipico stile stalinista), durante la sua costruzione si verificarono i cosiddetti moti operai del 1953 nella Germania Est, la protesta dei lavoratori impiegati nel cantiere che chiedevano un miglioramento delle condizioni lavorative. Fu violentemente repressa nel sangue.

Alcune scene del film sono state girate negli spazi della Kunsthaus Tacheles (Casa dell’arte Tacheles), polo d’arte contemporanea e controcultura nel quartiere Mitte, chiuso dal 2012 e oggetto di un progetto di riqualificazione.

Uno, due, tre (1961) di Billy Wilder

Billy Wilder conosceva bene Berlino, avendoci vissuto alcuni anni fino all’ascesa di Hitler, da austriaco di famiglia ebraica che poi espatriò negli Stati Uniti. Non a caso gli dedicò due film, oltre a Uno, due, tre anche il suo precedente Scandalo internazionale (1948), entrambi fondamentali per conoscere la Berlino divisa da Guerra Fredda, ancor prima che fosse eretto il Muro.
A entrambe le pellicole fanno da sfondo l’aeroporto di Tempelhof, storico e centrale risalente al 1923, definitivamente chiuso nel 2008; nel 1948 era l’unico aeroporto della parte libera della città e salvò Berlino Ovest dalla fame quando i Sovietici impedirono rifornimenti via terra alla parte sotto il controllo americano. Oggi è un enorme parco di gran fascino dove i berlinesi vanno in bici, corrono, fanno kitesurf, coltivano orti. 

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Sean Connery arriva all’aeroporto Tempelhof, Berlino, 22 gennaio 1973

Uno, due, tre è una satira sulla Guerra Fredda dal ritmo incalzante. Un dirigente della Coca Cola a Berlino Ovest vorrebbe vendere la bevanda anche nei Paesi comunisti, mentre la figlia del boss della multinazionale si innamora di un giovane della Germania Orientale… 

Le riprese, durate da giugno a settembre 1961, furono turbate proprio dallo storico innalzamento del Muro, il 13 agosto 1961, quando si stava filmando sotto la porta di Brandeburgo, monumento berlinese imprescindibile, simbolo dell’antica grandezza imperiale e punto di congiunzione fisico e simbolico tra Est e Ovest. La porta finì sotto la Berlino Est, con la quadriga sulla sommità che volgeva le spalle all’Ovest. Wilder dovette terminare i ciak in studio, dove il monumento fu ricostruito.

Le vite degli altri (2006) di Florian Henckel von Donnersmarck

La pressione silenziosa e invadente su ogni libero pensiero che si respirava nella Berlino Est è tutta nel lungometraggio tedesco dolente e inquietante Le vite degli altri, Oscar al miglior film straniero.
Nel 1984, nella parte orientale della città controllata dalle spie della Stasi, un funzionario scruta nell’ombra la vita di una coppia, registra ogni suo passo, fino a diventarne complice. Superba la performance di Ulrich Mühe, che purtroppo morì poco dopo.

Il film è stato girato quasi interamente a Berlino. Eccoci così nel quartiere di Friedrichshain, che prende il nome dal Volkspark Friedrichshain, il più antico parco pubblico berlinese e terzo per dimensioni (i parchi di Berlino sono imperdibili). Siamo nella Frankfurter Tor lungo la Karl-Marx-Allee, poi ci ritroviamo nel quartiere Niederschönhausen presso il memoriale sovietico di Schönholzer Heide, che contiene il più grande cimitero sovietico di Berlino.

Ci porta anche dentro l’ex sede del Ministero per la Sicurezza di Stato (Stasi) nel quartiere Lichtenberg. Nello stesso plesso oggi è visitabile lo Stasimuseum (Ruschestraße 103), una raccolta di oggetti, foto e documenti riconducibili all’attività della Stasi.

Berlino in macerie
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Le macerie di Berlino Est, 1945 circa. In basso a destra le rovine della Klosterkirche

Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini

Film forte e terribile, che immerge lo spettatore nell’orrore della vita reale, è anche un documento storico, opera imperdibile per capire cos’era Berlino subito dopo la sconfitta della seconda Guerra mondiale. Per poterla apprezzare ancora di più oggi, nel suo splendore di città moderna che coccola il cittadino con spazi ariosi, distese di verde, piste ciclabili a tappeto, consapevolmente rinata dalle sue ferite.

Germania anno zero è il terzo capitolo della cosiddetta trilogia della guerra di Rossellini, dopo Roma città aperta e Paisà, ed è tra i capolavori del Neorealismo.
Ambientato nella Berlino devastata dell’immediato Dopoguerra, nel 1946, ha come protagonista un ragazzino (Edmund Koehler) che si aggira tra le macerie della città cercando cibo per la famiglia. Quando incontra un vecchio maestro ex nazista, che lo addomestica con le sue teorie secondo cui i deboli devono soccombere ai più forti, sarà spinto a uccidere il padre invalido.

Per gli esterni la pellicola è stata girata davvero tra i resti di Berlino, nell’agosto del 1947, tra le rovine della Cancelleria del Reich… Immagini tuttora enormemente potenti, una sorta di documentario incredibile, che fa sentire il peso di ogni facciata crollata.