Grande retrospettiva dedicata all’artista sudafricana che dipinge la storia umana

Per parlare di Marlene Dumas è obbligatorio cominciare dal suo metodo di lavoro: utilizza polaroid di amici, scatti realizzati dai suoi amanti, fotografie legate ai fatti di cronoca pubblicate sui giornali. Ma soprattutto, la vita: alla base dei suoi dipinti c’è l’esperienza, tanto che l’artista sudafricana considera l’arte qualcosa che si impara stando in mezzo alla gente.

Così, a cominciare dalla metà degli anni 70, Marlene Dumas racconta il mondo attraverso la figura umana, con cui si rapporta attraverso i collage e la pittura. E a raccontare quelle sue trasparenze, quelle luci che sembrano provenire da dietro la tela, accanto a colori forti, a contrasto, è la prima retrospettiva europea a lei dedicata. Si tratta di Marlene Dumas, ospitatata dalla svizzera Fondation Beyeler che propone una panoramica dagli inizi del suo lavoro. A disegnare il percorso artistico ha lavorato la Dumes stessa che, nella prima sala raccoglie alcune opere chiave come The Painter, del 1994, in cui ritrae una bambina nuda con le mani sporche di vernice, come se avesse il duplice ruolo di pittore e di modella, accanto a The sleep of reason (2009) e The artist and his model (2013). Da qui l’artista conduce il pubblico attraverso un percorso grosso modo cronologico fino alle recentissime e ancora inedite produzioni, che propongono studi sulla relazione tra la figura e lo spazio.

————-

Marlene Dumas

Fondation Beyeler, 31 maggio 6 settembre