Eataly dedica due serate allo “chef” Arturo Brachetti. E alla magia del cibo. L’artista racconta ad Icon i suoi peccati di gola

Il cibo ha una sua magia: tramutarsi fra le mani dello chef da materia prima “grezza” in qualcosa di unico e originale, ma sia con l’arte magica che con quella culinaria “siamo sempre nel laboratorio dell’alchimista: se la magia stimola la vista e l’udito, la cucina stimola l’olfatto e il gusto, e entrambe aprono la porta del sogno”. Lo dice Arturo Brachetti, “chef artistico” di due serate particolari nel mese di febbraio che Eataly dedica alla magia. Il 20 a Torino l’artista e performer sarà protagonista di una cena speciale con Luca Montersino e il 24 sarà la volta di Milano, con un magico pre-dinner sul palco di Eataly Smeraldo. Reduce dal tour nazionale Brachetti che sorpresa! e fra una pausa e l’altra delle prove a teatro di The best of che festeggia i 25 anni di carriera del trio Aldo, Giovanni e Giacomo di cui è regista (storico), l’occasione è ghiotta (nel vero senso della parola), per chiedere all’artista quali sono i cinque piatti che durante una tournée scandiscono la sua giornata.

Colazione: “Non la salto, perché si sa che è il pasto più importante. Per affrontare i miei impegni quotidiani scelgo biscotti al farro, o ai cereali integrali, o crackers all’avena”. Perché sono a lento rilascio energetico (e abbastanza guilt-free), e “una volta al mese, mi concedo una brioche, ma, se deve essere peccato di gola, allora che peccato sia: la scelgo fragrante, con la ‘crosticina’ di zucchero e bella burrosa. Con tutti i crismi, da manuale”.

Pranzo: un primo. “I miei preferiti sono la carbonara integrale oppure la pasta con i pomodori del Piennolo, un piatto che ho imparato a fare – e a mangiare – a Napoli: sempre pasta integrale, con aglio, pomodorini e un po’ di passata (questo è un mio tocco, i puristi inorridirebbero, lo so). Voglio vedere cosa mangio, voglio vedere gli ingredienti nel piatto. Per questo non amo i soufflè, le torte salate, i piatti che un po’ “mimetizzano” gli ingredienti: devo dire che invece purtroppo la cuisine française ha un po’ questa tendenza. Invece la grandezza della cucina italiana sta (anche) nel fatto che gli ingredienti semplici al contempo sono un capolavoro di gusto, come questi pomodorini del Vesuvio”.

Spuntino di metà pomeriggio: “Se ho le prove, resto in teatro. Mi preparo un estratto di verdure, fatto con l’estrattore che piazzo nel mio camerino: di solito mixo carote, sedano e zenzero (per aromatizzare). Senza esagerare con le carote, perché troppe colorano la pelle…”.

Cena: pesce al vapore o al sale. “In tournée, se non trovo niente in carta, mal che vada mangio riso in bianco con gomasio (derivato dal sesamo tostato). Da poco ho scoperto però il ceviche. A Parigi c’è un ristorante bellissimo, la Cevicheria, (al 16 di rue Marie Stuart, nel secondo arrondissement) che, ad esempio, al branzino aggiunge pezzetti di mango, semi di girasole e semi di papavero tostato: un piatto, oltre che buonissimo, bello a vedersi per gli accostamenti dei colori”.

Tentazione una tantum: i dolci. “La mia torta preferita è la Pavlova: qui la vera difficoltà è la meringa e fare in modo che non si spezzi. È una torta renversé come la Tatin, con la panna montata, zucchero a velo e poi fragole, lamponi e mirtilli. La amo molto perché è essenziale e al tempo stesso molto colorata. Con Montersino tenterò proprio di fare questo dessert. Per non ingrassare: ho un mio trucco. Prendo un assaggino piccolissimo e ne memorizzo il gusto, così il cervello inganna il palato”.