Carbone nei cocktail, l’idea che spopola negli Stati Uniti
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Carbone nei cocktail, l’idea che spopola negli Stati Uniti

di Aldo Fresia

Esiste anche in Europa, ma solo all’interno di circoli ristretti e dedicati alla sperimentazione: utilizzare il carbone come ingrediente nei cocktail

Non solo sapori e odori: quando si inventa un cocktail si può anche pensare ai colori. Quello che attualmente va per la maggiore, negli Stati Uniti, è il nero. Lo si ottiene a partire dal carbone di varie piante (soprattutto bambù) e si è ormai diffuso a macchia d’olio come ingrediente del momento.

I primi esperimenti risalgono a circa un anno e mezzo fa, quando i più arditi fra i cocktail bar d’Oltreoceano hanno cominciato a presentarlo nei propri menù. L’idea era di sorprendere i clienti grazie al nero intenso che si ottiene aggiungendo la polvere di carbone. Ovviamente, la sfida non si fermava qui, altrimenti sarebbe stata tutto sommato facile: era necessario trovare le giuste combinazioni per valorizzare il gusto amaro e affumicato del carbone, e come la sua consistenza granulosa. Insomma, i nuovi cocktail dovevano essere belli da vedere e gustosi da bere.

Nascono così ricette come il Charcoal Old Fashioned, una rivisitazione dell’Old Fashioned che prevede di mescolare la riserva del whisky single malt Hakashu, sciroppo di camomilla, due gocce di bitter e il carbone della pianta che dà le noci di cocco.

Perché una sperimentazione diventi tendenza occorre che esca dai cocktail bar che fungono da laboratori e si diffonda anche presso i locali più ‘normali’. Negli Stati Uniti questo fenomeno si è verificato in modo prepotente, mentre nel Vecchio Continente resta una peculiarità degli innovatori. Uno di questi è per esempio Alex Kratena, ex bartender dell’Artesian di Londra e nome di punta tra gli sperimentatori. Ha immaginato di mescolare pisco e succo di guava (un frutto tropicale) e di utilizzare la cenere in modo nuovo: ha preso quella di agrumi e vegetali, l’ha lasciata riposare insieme a sale e zucchero e poi l’ha mescolata con glitter commestibile in modo da rifinire con questa mistura il bordo del flute nel quale veniva servito il cocktail.

Resta il fatto che in Italia ed Europa potrebbe essere difficilissimo trovare un barman disposto a proporre il carbone, ma dovesse capitare l’occasione vale la pena di farsi tentare dalla curiosità.