Dal laboratorio alla padella: la carne sintetica è il futuro imminente?
Foto di Jorge R Martins da Pixabay

Dal laboratorio alla padella: la carne sintetica è il futuro imminente?

di Simona Santoni

Filet mignon o straccetti di pollo creati in vitro. Presto potrebbe essere normale ordinarli al ristorante. O scegliere al supermercato tagli di carne coltivata, ricavata da cellule animali. Una stravaganza per facoltosi annoiati? No, secondo visionari come Bill Gates e Sergey Brin, la strada necessaria per salvare il Pianeta

Alla fine del 2020, in un club di lusso a Singapore, l’unico Paese al mondo ad aver approvato sinora il consumo di carne sintetica, i commensali hanno banchettato per la prima volta con pollo croccante al sesamo in cui l’ingrediente principale, la carne, era stato realizzato in laboratorio, senza che alcun animale venisse macellato.

A produrre questi chicken nuggets di carne sintetica (detta anche carne coltivata o pulita, perché ottenuta senza uccidere animali), è stata la start up californiana Eat Just, che per ottenerne il via libera alla commercializzazione nella città-Stato asiatica ha dovuto seguire lunghe procedure che dimostrassero la sicurezza dei prodotti.

Una stravaganza per facoltosi annoiati? Assolutamente no: una necessità per salvare il Pianeta. È questo il mantra che ripetono visionari come Bill Gates, filantropo e co-fondatore di Microsoft, gravemente preoccupato per il nostro futuro. In un’intervista a MIT Technology Review Gates, autore del libro Clima: come evitare il disastro climatico, ha detto a chiare lettere: «Tutti i Paesi ricchi dovrebbero mangiare carne sintetica al 100 %». Ecco perché: «Ci stiamo avvicinando a grandi passi a un disastro climatico senza precedenti. Per evitarlo dovremmo cominciare a cambiare la nostra alimentazione, passando ad esempio al consumo di manzo sintetico e a prodotti alternativi a base vegetale». Lo stesso Bill Gates alcuni anni fa aveva previsto che, a minacciare l’umanità, più che una guerra globale sarebbe stata una pandemia.

Un recentissimo studio sul settore della carne sintetica, realizzato dagli analisti della multinazionale americana McKinsey & Company, delinea i confini di questo futuro prossimo, prevedendo che entro il 2030 il business di carne sintetica potrà balzare a quota 25 miliardi di dollari. Insomma, molto di più di una moda o di sperimentazioni senza prospettive concrete.

Perché la carne sintetica sarebbe una necessità

La carne sintetica non rappresenta solo una scelta etica, più o meno condivisibile, che potrebbe far la gioia di vegetariani e vegani, visto che la sua produzione non implica l’uccisione di alcun animale. La carne sintetica infatti è realizzata in laboratorio dalla cellula staminale di un animale (che può essere un bovino come anche un pollo o un pesce), che viene replicata: l’animale deve essere ovviamente morto, ma potrebbe tranquillamente essere morto in modo naturale.

Da un po’ gli scienziati puntano il dito contro la produzione intensiva di carne: non è ecologicamente sostenibile.

Secondo una ricerca di Greenpeace, il 17% delle emissioni totali di gas serra dell’Unione Europea proviene dagli allevamenti intensivi, più di quelle di tutte le automobili e i furgoni in circolazione messi insieme.

Al mondo, le emissioni globali derivanti dall’allevamento sono paragonabili a quelle dell’intero settore dei trasporti (14,5% delle emissioni complessive di gas serra).

Gli allevamenti, più o meno intensivi, contribuiscono inoltre alla deforestazione: l’80% della deforestazione mondiale (dati WWF) è dovuto alla necessità di fare posto ai pascoli per la produzione di carne e alle coltivazioni di soia e olio di palma (il 97% delle farine di soia prodotte è destinato ai mangimi per animali). Senza contare poi il consumo di suolo e di risorse idriche.

Le start-up che stanno coltivando carne sintetica

Il professor Mark Post dell’Università di Maastricht, in Olanda, è stato uno dei primi a lavorare concretamente alla produzione di carne sintetica, finanziato, tra gli altri, da Sergey Brin, cofondatore di Google. Nel 2013 ha realizzato il primo hamburger di carne sintetica, dal prezzo di oltre 300mila dollari, che in consistenza e sapore somigliava molto a un hamburger bovino normale, anche se da perfezionare. Soprattutto nei costi: l’obiettivo è riuscire a produrre carne sintetica rivendibile a prezzi di mercato e non da aste di Christie’s.

Molti hanno seguito le orme di Post, da Israele alla California. Il settore della carne sintetica ad oggi comprende poco meno di 100 start-up. Nel 2020 ha attirato circa 350 milioni di dollari di investimenti e finora nel 2021 circa 250 milioni di dollari (dati McKinsey), da alcuni dei più grandi player del campo delle proteine animali, tra cui Tyson e Nutreco, e da noti investitori, inclusi Temasek e SoftBank.

E il buon Bill Gates? Lui, dal suo canto, ha puntato soprattutto sulla carne vegetale (in inglese chiamata fake meat, “carne finta”) e c’è lui – o meglio, i suoi soldi – dietro al “burger impossibile” di Impossible Foods, la start-up californiana che ha calamitato anche i danari di divi come Katy Perry e Jay-Z: si tratta di “carne” composta da ingredienti vegetali, che imita per gusto, aspetto, consistenza e proprietà nutrizionali la carne di origine animale. E c’è sempre Gates, come anche l’attivista green Leonardo DiCaprio, tra i finanziatori di Beyond Meat, azienda che produce sostituti per la carne che, tra l’altro, ha stretto una collaborazione con McDonald’s per rifornire i fast food della linea di hamburger veg McPlant.

Largo anche alla carne di manzo Wagyu sintetica

Non solo braciole di maiale, fettine di vitello, fesa di pollo. Con la carne coltivata in laboratorio, a partire dalle cellule staminali, si potrà riprodurre anche la carne più pregiata e costosa, come quella di manzo Wagyu. Oppure carne di pesci rari sul mercato come il salmone selvatico. E anche carni di animali che finora non si sono rilevati redditizi da allevare, come quelle di struzzo.

Ecco così che, mentre la maggior parte delle start-up si sta concentrando sulle specie popolari, GOOD Meat della Eat Just e la Orbillion Bio stanno esplorando la carne di manzo Wagyu, e la società Vow sta lavorando su fronti ancora più esotici, il canguro e l’alpaca

Sono in corso anche lavorazioni miste. Ad esempio le crocchette di pollo vendute a Singapore sono composte per oltre il 70% da cellule coltivate, con una piccola quantità di proteine vegetali aggiunte per dare struttura.

Le sfide da vincere per la carne sintetica

Oltre alla sfida ben complessa di ripensare l’industria della carne con i rischi relativi a posti di lavoro ed effetti economici, due sono gli scogli principali da superare perché la carne sintetica possa essere davvero la soluzione del futuro imminente: che sia prodotta e quindi vendibile a prezzi accessibili, e che vinca la diffidenza del consumatore.

Sul primo punto, le analisi di McKinsey mettono il 2030 nel mirino: in meno di un decennio, le aziende sono riuscite a ridurre del 99% i costi di produzione della carne coltivata. Di questo passo, potrebbe raggiungere lo stesso costo della carne convenzionale entro il 2030.

E il consumatore saprà farsi convincere da un filet mignon creato in vitro? Le nuove generazioni, con in testa Greta Thunberg e il movimento degli scioperi per il clima Fridays For Future, sembrano più attente alle tematiche ambientali e alla salute del Pianeta. La bioingegneria intanto sta facendo il resto, limando sempre più gusto, odore e consistenza dei bocconi sintetici.
E magari tra qualche manciata di anni sarà normale trovare nei supermercati il reparto della carne… senza carne.