La Nouvelle Vague dell’alta cucina vegetale

La Nouvelle Vague dell’alta cucina vegetale

di Penelope Vaglini

La svolta degli chef verso il mondo vegetale parte da nuove consapevolezze. Concedersi il lusso di seguire incondizionatamente il ritmo delle stagioni e avere un occhio di riguardo verso i piccoli produttori, custodi della biodiversità da preservare e valorizzare

Quando lo chef svizzero Daniel Humm, proprietario del Ristorante tre stelle Michelin Eleven Madison Park di New York, ha annunciato che avrebbe riaperto le porte con un menu totalmente plant-based, ha registrato il sold-out dopo pochi minuti. La notizia, facendo il giro del mondo, ha dato nuova linfa vitale ai sostenitori della svolta vegetale dell’alta cucina, dimostrandosi, prima di tutto, una scelta sostenibile, capace di rispettare i tempi della natura, evitare inutili sprechi e riscoprire le materie prime di eccellenza che caratterizzano il territorio. 

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Daniel Humm, Credits Sebastian Nevols

Per quale motivo la cucina plant-based affascina così tanto? “Mangiare verde” permette di spingersi oltre e considerare le materie prime vegetali in ogni loro sfaccettatura, creando nuovi imprinting gustativi. Così, superata la fievole luce dell’alba, oggi si assiste alla sfavillante Nouvelle Vague dell’alta cucina vegetale che si manifesta attraverso un nuovo modo di concepire le ricette e i menu degustazione. Un’istantanea dell’epoca in cui viviamo, dove urgono azioni sostenibili e immediate per costruire un divenire sano, genuino, capace di tutelare la biodiversità e valorizzarla all’interno del piatto. La nuova cucina vegetale, oggi, è sincera e disinvolta poiché si manifesta nella creatività e nella freschezza. Sottrae per dare spazio al gusto e alla vera essenza di ogni ingrediente.

Il nuovo lusso della cucina vegetale

Ai più grandi chef va oggi il compito di ridefinire i confini dei sapori, modulandoli con infinite sfumature stagionali. La cucina vegetale, infatti, plasma un “nuovo lusso”: quello di seguire in maniera incondizionata il ritmo della natura, accettando, per esempio, che un ingrediente non sia reperibile tutto l’anno. Quindi, meglio farlo arrivare dall’altra parte del mondo, oppure ingegnarsi per dare nuovi sviluppi creativi a una ricetta, trasformando l’assenza in un’opportunità? 

“Durante il lockdown, ho pensato molto ai modelli poco sostenibili della food industry e non me la sono sentita più di ignorare tutto quello che sta accadendo intorno a me” ha rivelato Daniel Humm sul suo profilo Instagram. “Oggi voglio mostrare una via diversa alle persone che siedono alla mia tavola in cerca di momenti magici. Utilizzando solamente ingredienti vegetali posso offrire loro un pasto delizioso tanto quanto (se non di più) quelli che realizzavo con carne e pesce”. 

Valorizzare i piccoli produttori locali

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Carciofo, carciofo, carciofo

Struttura, ma soprattutto identità. Secondo Luca Landi, Executive Chef del Lunasia di Viareggio, ristorante una stella Michelin al piano terra dell’Hotel Plaza e De Russie, “l’ingrediente vegetale, più della carne e del pesce, racconta un territorio dal punto di vista storico, economico e climatico. Riuscire a essere in sintonia con le materie prime che ci circondano, coltivate nell’orto o spontanee, è raccontare la terra dove si opera”. Valorizzare i prodotti vegetali del territorio è quindi essenziale per trasmetterne la storia e, per farlo, è necessario lavorare a stretto contatto con i piccoli produttori locali. “Bisogna avere rispetto per l’ingrediente e per la stagionalità, certo, ma anche per chi lo coltiva. I produttori sono degli attori nascosti senza i quali il mio lavoro non avrebbe lo stesso valore” racconta Landi

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Luca Landi, Executive Chef Lunasia

La ricerca dei custodi di questi tesori vegetali è la fase più delicata per lo chef, che si appoggia alla Coldiretti e poi si affida al passaparola. “Sono i fornitori stessi a parlarmi dei loro conoscenti. Così, pian piano, metto insieme ingredienti che, crescendo su terreni diversi, hanno espressioni completamente differenti” prosegue Landi. Chi è familiare con il concetto del “terroir” nel vino, comprenderà molto bene cosa intende lo chef. “Per esempio, nel Parco della Lumaca si coltiva in riva al mare e quindi gli ortaggi hanno una salinità naturale, mentre Versil Green coltiva ai limiti della zona di bonifica di Torre del Lago, in un terreno paludoso ricco di sali minerali’. 

Autoproduzione

C’è chi, invece, la svolta vegetale la vive letteralmente a due passi dalla cucina. Da EraGoffi, insegna torinese guidata da Lorenzo Careggio, la riapertura dopo il lockdown ha segnato un ulteriore passo avanti verso l’introduzione di nuovi piatti vegetali. In più, nel cortile del ristorante che affaccia sul Po, da qualche mese c’è una serra aeroponica urbana dove la brigata si prende cura di piante aromatiche e micro ortaggi. “Si trova all’interno di un container con pareti trasparenti, sviluppato dall’azienda torinese Agricooltur. Tutto viene controllato da un software che permette di regolare la nebulizzazione dell’acqua e del nutrimento per le piante, che avviene direttamente sulle radici, poiché tutte le specie sono coltivate fuori suolo”. Dalla serra provengono i germogli che Careggio impiega per arricchire i piatti della carta estiva con note erbacee. Come Aglio nero e piselli, un dessert vegetale composto da un gelato all’aglio nero, il cui gusto, al primo assaggio, somiglia a quello del cioccolato, servito con una croccante insalata di fave fresche e olio alla vaniglia. 

Il fattore nutrizionale

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Raffaele Lenzi, Executive Chef Berton al Lago

Per Raffaele Lenzi, Executive Chef di Berton al Lago, ristorante de Il Sereno, affacciato sulle calme sponde del Lago di Como, la cucina vegetale merita un intero menu degustazione. “Si chiama Radici, Tuberi e Vegetali e nasce dalla consapevolezza che queste materie prime rendono completo un piatto e devono essere protagoniste”, racconta lo chef di origini napoletane che ha un amore viscerale per la cucina vegetale. “Quando ero piccolo, durante i pranzi domenicali, mia madre non faceva mai mancare tanti tipi di vegetali cotti diversamente l’uno dall’altro. Oggi mi piace pensare alle mie ricette plant-based come al risultato di un percorso di vita e considerare ogni tappa di questo viaggio come un ingrediente, da cui attingere per esprimere la mia filosofia gastronomica”. 

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Carota, mandorla e prezzemolo

Infatti, ogni ricetta segue la dedizione di Lenzi verso la sana alimentazione, che pratica nella sua vita quotidiana, grazie alla collaborazione con una nutrizionista che, oltre a seguirlo personalmente, lo supporta nella scelta degli ingredienti vegetali da utilizzare nei suoi piatti, con un occhio di riguardo al lato nutrizionale delle ricette. “La mia è una cucina sana, in armonia con il corpo, per rispettare la terra, il prodotto e i ritmi delle stagioni” conclude Lenzi. “Un’Alta Cucina Vegetale che, oggi come non mai, deve essere fonte di benessere per il palato e per la mente”.

Ecco tutte le potenzialità di un ‘modo di mangiare’ che attinge dalle nostre radici e rappresenta una via nuova per nutrire mente e corpo, facendo del bene anche al nostro pianeta che, di risorse, ormai ne ha sempre meno.