Locali a tempo determinato dove mangiare in questi mesi

Che si scriva temporary o pop up il risultato resta sempre lo stesso. I ristoranti a tempo determinato funzionano e fanno tendenza. In tutto il mondo e in tutte le forme. Lo hanno capito anche gli chef stellati. Ultimo il ’50 Best’ Massimo Bottura che ha aperto (e già chiuso) il suo all’interno delle gallerie londinesi Sothesby’s.

Fonti di ispirazione sono lo StadtBiotop di Krieau, non lontano da Vienna, il BoxPark di Londra e il Frau Gerolds Garten a Zurigo. Tutti centri pop up che ai negozi di prodotti biologici uniscono ristoranti, caffè e altre realtà originali a rotazione della scena culinaria.

Spostandosi nel Principato di Monaco all’interno di uno spazio temporary coloratissimo allestito sull’esplanade del Grimaldi Forum e affacciato sul mare i piatti e i drink proposti corrispondono a un colore selezionato dalla celebre palette di Pantone® che i clienti sono invitati ad assaggiare combinando in questo modo vista, gusto e design in un’esperienza sensoriale unica nel suo genere.

Passando a Milano, sull’onda di Expo, sono sorti The Tank, un villaggio del gusto che mette insieme food&drink, shopping, arte e intrattenimento e il Mercato Metropolitano, un farmer’s market dedicato ai sapori. Inaugurati da poco, il temporary Kitchen Sound dello chef Alessandro Borghese, aperto nel dehor dell’Enterprise hotel e il Pavarotti Milano Restaurant Museum dove si mangia ascoltando musica operistica. E ancora. Con vista spettacolare il Priceless, in piazza della Scala e il James Beard American Restaurant al quinto piano della Galleria Vittorio Emanuele II. Nuovo è il bio pop up Al Cortile aperto dalla Food Genius Academy. Oppure il corner Carapina, in zona Porta Venezia, ideato per chi ama pranzare a gelato. Qui, oltre agli altri gusti, è possibile provare la nuova Crema Milano che Simone Bonini ha realizzato in onore del capoluogo lombardo.

E dove precario è sinonimo di fantasia, oltreoceano, a Pittsburgh servono a rotazione solo cibo di paesi contro i quali gli Stati Uniti sono in conflitto. È la filosofia di Conflict Kitchen, un piccolo locale che cambia completamente volto (e menu) regolarmente ogni sei mesi. Più che un ristorante un chiosco che fino a oggi ha alternato piatti iraniani a quelli afgani, gusti cubani a quelli nord coreani, sapori venezuelani a quelli palestinesi.