Difficile da trovare, importante nel prezzo, è però un’esperienza che non si dimentica

Il periodo a cavallo tra XX e XXI secolo è stato un’epoca d’oro per coloro che si avvicinavano alla cultura della birra. In quegli anni era necessario cercare con il lanternino i prodotti artigianali, ma una volta identificato il giusto pub era facile trovare una delle migliori trappiste al mondo, la belga Westvleteren 12, ed era possibile gustarla spendendo 5 euro per una bottiglia da 33 centilitri. Oggi scovarla è un’impresa titanica e bisogna mettere sul tavolo almeno una ventina di euro prima di poterla stappare.

Il mondo non è impazzito, è una questione di mercato: per essere definita trappista, una birra dev’essere prodotta all’interno delle mura di un’abbazia trappista, da parte dei monaci o sotto il loro diretto controllo. Inoltre, i proventi ricavati dalla vendita devono essere destinati esclusivamente al sostentamento dei monaci e all’attività benefica, ignorando completamente qualunque discorso intorno al profitto finanziario.

Dunque, ragioni di spazio e di indirizzo fanno sì che il numero di bottiglie prodotte in un anno sia stabile a prescindere dalla richiesta. E a peggiorare la situazione, in termini di reperibilità e costo della Westvleteren 12, c’è il fatto che l’abbazia di Saint Sixtus (vicino alla città di Westvleteren, in Belgio) è sede del più piccolo fra i birrifici trappisti. Solo in occasione di urgenti lavori di ristrutturazione del monastero, fra il 2011 e il 2012, i monaci si impegnarono in un temporaneo sforzo produttivo che ne aumentò la disponibilità – anche se i palati più esigenti sostengono che la qualità ne abbia risentito.

Al di là delle oggettive difficoltà, assaggiare la Westvleteren 12 resta un’esperienza che non si scorda. Ha un colore scuro, con una spuma cremosa che si assottiglia in fretta ed è una birra equilibratissima nonostante la ricchezza dei sapori: frutta rossa, amarognolo del luppolo, il gusto tostato del malto e un finale di cacao e liquirizia. L’alcol non è invadente, nonostante la gradazione di 10.2% vol.

È una birra da meditazione, che dev’essere servita fra i 10 e i 12 gradi e che dà il meglio di sé quando ha respirato per diversi minuti nel suo bicchiere. Non è la migliore birra del mondo, come talvolta viene definita, e non per ragionamenti intorno alla qualità: è la definizione a non avere senso, come se potessimo parlare di miglior vino al mondo accomunando in un unico calderone bianchi, rossi e bollicine. La Westvleteren 12 è però indubbiamente una delle migliori tappiste del pianeta, e questo sì che è un attestato incontestabile d’eccellenza.