Porsche 911, 50 anni e una certezza

Porsche 911, 50 anni e una certezza

50 di un mito, nel racconto di un fan

Scopro soltanto oggi, grazie alle celebrazioni del cinquantenario, di avere avuto appena 4 anni quando uscì la prima 911. Ricordo però che mio nonno Tullio, da buon austriaco filotedesco e appassionato d’auto, notò fin d’allora una mia particolare e precoce predilezione per quella che, appena notavo passare per strada, salutavo gridando «popotte brum-brum!».

La predilezione ha avuto un seguito. Adesso che sono arrivato a 54 anni, di Porsche ne ho avute tre. Tutte usate, usatissime; tutte amate, amatissime. La prima non era una 911, ma una 924 turbo. Era un bolide difficilissimo da guidare: rammento un clamoroso fuori-strada, dovuto a una pioggia battente e alla mia imperizia di ventenne. Quella Porsche fumava come un turco (il rivenditore mi aveva allegramente imbrogliato), dal tubo di scappamento usciva un fumo denso. Defunse sull’autostrada nei pressi di Ancona, irrimediabilmente fusa.

La seconda fu una 911 Targa color champagne. Una meraviglia degli anni Ottanta, comprata prima del matrimonio. La carrozzeria arrugginiva come una moneta falsa (perché il rivenditore era cambiato ma io ero restato l’ingenuo di prima), in curva saltava come un canguro pazzo, beveva come un elefante del Sahara. Però era la perfezione meccanica. Premevi l’acceleratore, i cilindri cantavano e il resto del mondo spariva. Mi lasciò per sempre dopo il matrimonio: mantenerla costava troppo.

La terza è stata una 911 cabrio blu, presa a parziale compensazione di una disastrosa delusione sentimentale. Avevo dato retta all’ingegner Ferdinand, il quale sosteneva che «si può vivere senza amore, ma non si può vivere senza Porsche». La ragazza era tanto bella quanto crudele, non l’ho più vista. Mi dicono però che quando ha saputo che avevo una Porsche abbia ipotizzato un veloce dietro-front, subito represso da chissà quale altra opzione (ne aveva tante…). Meglio così. Di certe donne puoi fare a meno. Di certe auto, no.