Harris Dickinson

Harris Dickinson

Agli inizi, fare audizioni e lavorare per mantenersi, lo confessa, non è stato facile. Come quando Hollywood gli ha detto una prima volta no. Poi le cose hanno preso una piega diversa…

di Chris Sullivan

Sono con Harris Dickinson nel giardino di una mensa nella zona orientale di Londra. I pantaloni della tuta e le scarpe da ginnastica gli danno un’aria affabile e minimalista. Non dà l’impressione di aver appena recitato a fianco di Nicole Kidman in Babygirl, diretto da Halina Reijn (visto a Venezia, uscirà il 24/12, ndr).

«È stato entusiasmante trovarmi faccia a faccia con lei», racconta. «Non è passato giorno in cui non abbia pensato “Come faccio a rilassarmi e a non essere travolto dalla personalità o dalla celebrità di Nicole?” Poi, ho realizzato che eravamo entrambi lì per lavorare ed è andato tutto bene. Quando si inizia a lavorare con dei mostri sacri», prosegue, senza alcuna spacconeria, «il mistero che li circonda svanisce presto, lasciando il posto alla consapevolezza che, in fondo, sono persone normali. In più, mi scatta una sorta di difesa contro la pomposità dell’industria cinematografica, insomma non la prendo sul serio. Non fraintendermi, prendo molto sul serio il mio lavoro: ma non siamo di certo qui per salvare vite umane».

Harris Dickinson
Harris Dickinson indossa tutto Prada

Mamma parrucchiera, papà assistente sociale, Harris Dickinson è decisamente figlio della working class tanto che nel suo CV c’è scritto anche operatore ecologico, cameriere, portiere d’hotel e commesso in un negozio di abbigliamento. «Sono cresciuto convinto di dovermi guadagnare i soldi da solo. A 14 anni ho iniziato a consegnare i giornali e a trovarmi lavoretti part-time. Non c’è nulla di strano in tutto questo».

L’esperienza con il RAW, un gruppo teatrale giovanile di comunità, gli ha poi aperto la strada per arrivare a recitare in grandi produzioni. «La difficoltà principale? Fare audizioni e contemporaneamente guadagnarsi da vivere è quasi impossibile», spiega. «Questa è un’attività che devi amare proprio tanto e desiderare profondamente. In uno dei miei primi lavori, dove facevo praticamente la comparsa, ricordo un’attrice quindicenne di discreto successo sostenere di non aver desiderato diventare attrice, mentre io avrei fatto qualsiasi cosa, persino il mio braccio sinistro pur di stare sul set. Ero pronto a interpretare qualsiasi ruolo, anche a fare il palo della luce».

Harris Dickinson
Maglia a collo alto, pantaloni e calze Prada

Effettivamente, Harris Dickinson, che oggi ha 28 anni ed è 1,88 m, è alto abbastanza per poter fare il palo della luce, anche se è riuscito a evitarlo. Dopo una performance strepitosa in Angels al National Theatre nel 2004, si è trovato un agente, ha seguito un corso di studi cinematografici (che lo ha convinto a evitare la scuola di recitazione), ha risparmiato per andare a Hollywood e ha recitato in una serie tv pilota. «Al lavoro dissi ai colleghi che era giunto il mio momento», ricorda con un gemito e un sorriso. «Poi le cose sono andate tutt’altro che bene, perciò sono dovuto tornare e chiedere indietro il mio posto».

Il seguito? Un ruolo da protagonista nei panni di Frankie, un adolescente confuso di Brooklyn che passa dal sesso con uomini più vecchi incontrati su chat online ad amplessi più modesti con la fidanzata in Beach Rats di Eliza Hittman, vincitore del Sundance Film Festival 2019. La sua performance, dalle sfumature tutt’altro che comuni, gli ha valso un paio di premi come miglior attore e nomination in tutto il mondo.

Harris Dickinson
Tutto Prada

Ha poi sorpreso tutti che il giovane londinese non avesse mai messo piede a New York prima di lavorare al film. Nel film di esordio di Henry Blake del 2019, County Lines, è stato perfetto nel ruolo di Simon, uno spietato spacciatore della zona settentrionale di Londra. «Simon rappresenta un amalgama di personaggi che ho conosciuto», ammette. «C’erano certi tizi nella mia scuola che sono ancora in prigione per crimini simili».

Successivamente è arrivato Triangle of Sadness (2022), pellicola di Ruben Östlund che si è guadagnata tre nomination agli Oscar e ha vinto la Palma d’Oro, facendo a pezzi l’industria della moda notoriamente snob per poi fustigare i super ricchi con una valanga di improperi. Harris Dickinson interpreta un meccanico londinese travolto dal fascino del modello Carl, che tira a campare sfruttando la propria impressionante avvenenza.

Harris Dickinson
Abito, camicia e cravatta Prada

«Triangle of Sadness è stato una svolta per me. Ruben fa un sacco di riprese (in media 23 per scena, ndr) e, visto che io punto al miglioramento continuo e lui ritiene che tutto sia sempre perfettibile, la motivazione è costantemente a mille, al punto che, anche quando arrivi a fine giornata esausto, hai sempre l’impressione che ne sia valsa assolutamente la pena».

In The Warrior-The Iron Claw (2023), di Sean Durkin, interpreta invece uno di tre fratelli wrestler professionisti tutto muscoli che viene sballottato manco fosse una bambola di pezza maltrattata dalla sua piccola proprietaria arrabbiata.

«È stata dura», sospira scuotendo la testa. «Non mi sono dato alla recitazione pensando di dover fare quel tipo di esercizio fisico quotidianamente. Cioè, per l’amor del cielo, è stato interessante acquisire una nuova competenza: mi piace travestirmi e sono stato soddisfatto di interpretare quel ruolo, ma non ho sicuramente nessuna intenzione di darmi al wrestling in futuro».

Harris Dickinson
Tutto Prada

Dickinson ha dato fondo a tutta la sua meticolosità per firmare il proprio film di esordio da regista, ancora senza titolo, di cui sta eseguendo il montaggio proprio sopra al luogo in cui ci troviamo.

«Il film parla della condizione dei senzatetto. È una problematica che ha colpito persone a me vicine, e inoltre ho avuto modo di collaborare con enti caritatevoli che si occupano di homeless, tra cui Under One Sky. Ho scelto questo genere per presentare qualcosa di nuovo, mostrando cosa significhi realmente vivere per strada. Ho iniziato a girare dei cortometraggi quando avevo 12 anni», precisa sorridendo, «e volevo diventare regista. Sono finito a recitare, però ora mi occupo anche della regia. Effettivamente sono un po’ insaziabile: voglio fare tutto io».

Harris Dickinson
Tutto Prada

Continua con un tono più serio. «Alla mia pellicola hanno lavorato parecchie persone che non hanno mai recitato e non sono mai state prima su un set. Se comunichi con loro, però, se le fai sentire a proprio agio, alla fine sono in grado di prestazioni straordinarie».

La prossima apparizione di Dickinson è prevista in Blitz, in uscita a breve, diretto da Steve McQueen (in prima visione al London Film Festival il 24/10), mentre lui sarà impegnato a terminare il montaggio del suo film che sarà nelle sale nel 2025.

Nessun altro piano per ora, se non ovviamente pregustare l’idea di starsene a casa con la sua dolce metà, la cantautrice Rose Gray, conosciuta alle superiori, e passare del tempo con amici e famigliari. «Amo stare a casa e prendermela comoda. Sono bravissimo a staccare la spina».

In apertura Harris Dickinson indossa giacca, camicia e cravatta Prada. Photos by Gregory Harris, styling by James Sleaford. Grooming: Liz Taw @The Wall Group. Styling assistant: Dominik Radomski. Local production: 360 PM.