Jacopo Tissi

Jacopo Tissi

Già primo ballerino del Bolshoi, ora étoile del Dutch National Ballet, è il danseur noble che sulle punte sta conquistando il mondo. Perfezionista che ha imparato a gestire la pressione, nel tempo libero ama vivere senza fretta. Alla scoperta di Jacopo Tissi, in scena e fuori dal palco

Foto: Den Gladkov
di Simona Santoni

Quando lo raggiungiamo via Zoom, Jacopo Tissi ci conquista in poche battute. Volto da bravo ragazzo, sorriso gentile, in lui riconosciamo subito l’eleganza e l’energia luminosa che proietta sul palcoscenico.

Artista ospite del Teatro alla Scala, dal 2023 primo ballerino del Dutch National Ballet, la compagnia di ballo ufficiale dei Paesi Bassi, Jacopo è il danseur noble della scena internazionale. Considerato da tempo l’erede di Roberto Bolle, è dotato di prestanza fisica straordinaria, spiccata abilità tecnica e naturale presenza scenica. Un connubio perfetto di forza e grazia. Tra i suoi riferimenti Nureyev, Baryshnikov e Vassiliev.

Nel febbraio del 2022, quando la Russia invase l’Ucraina, ha visto infranto dalle bombe uno dei suoi sogni più belli: appena promosso a étoile del Teatro Bolshoi, primo italiano a toccare questa vetta, ha dovuto lasciare Mosca con il cuore in subbuglio. La guerra ha dirottato la sua vita.

Ma ora Jacopo Tissi è ad Amsterdam felice. E, a 30 anni appena compiuti (il 13 febbraio), ha ancora tanta meraviglia da regalare alla danza classica mondiale.

Ecco la nostra intervista a Jacopo Tissi.

Jacopo Tissi
Foto: Alexander Yakovlev
Jacopo Tissi, primo ballerino del Dutch National Ballet

È da un anno e poco più che sei primo ballerino del Dutch National Ballet, il Balletto Nazionale Olandese. Come sta andando?

«Mi sto trovando molto bene. Sono rientrato dal Bolshoi nel marzo del 2022. Dopo essere stato in un tempio della danza classica così importante, volevo continuare il mio percorso. Volevo un nuovo cammino che mi potesse aprire nuove porte, qualcosa che non avessi già fatto, nuove coreografie e nuovi coreografi.

Aspiro sempre alle crescita artistica: credo sia fondamentale per un artista continuare ad ampliare il proprio repertorio, le conoscenze, ma anche i viaggi e gli incontri con le persone. E Amsterdam mi sta offrendo molto, anche come esperienze.

Sono tornato da poco da un viaggio in Giappone per uno spettacolo con ballerini dell’Opéra di Parigi. Confrontarsi con artisti che hanno provenienze diverse e ballano cose diverse è una continua evoluzione, molto importante a questo punto della mia carriera».

Amsterdam ti piace come città?

«Molto».

Hai cominciato ad andare in bici?

«Ancora no, mi frega l’inverno. Le persone del posto sono abituate a spostarsi in bici con qualsiasi condizione meteorologica, io forse sono ancora più italiano in questo. Ho il tram sotto casa che è così comodo!», sorride Jacopo.

«Amsterdam è una città molto vivibile. Offre un’ampia rete culturale che consente di stabilire connessioni e conoscenze di diverso tipo. C’è anche un modo di vivere olandese che tende a salvaguardare il “comfort di una persona”, a far sì che ci si senta sempre in situazioni che fanno star bene. Per loro è una priorità. Non c’è una grande ambizione nell’eccedere, nel dimostrare, nel tentare di arrivare a qualcosa, quanto piuttosto nel trovare la felicità e nella semplicità delle piccole cose».

Jacopo Tissi
Foto: Elen Pavlova
Jacopo Tissi, il danseur noble della scena internazionale

Ma dentro ti senti ancora un ballerino del Bolshoi?

«Sì, credo che sarà un tatuaggio che porterò per sempre, con piacere».

Se mai fosse possibile, ti piacerebbe un giorno tornarci?

«Ovviamente sì, è difficile fare una previsione in questo momento. Mi piacerebbe tornare a ballare lì, su quel palco, ma non a viverci. È stato un capitolo fantastico della mia carriera e della mia vita, che però è finito ed ora ne è iniziato un altro».

Hai dovuto lasciare la Russia all’improvviso, dolorosamente. È un’esperienza che ti ha insegnato qualcosa?

«Ho imparato che a volte ci sono dei cambiamenti che la vita ti impone, in cui non puoi scegliere. Ti rendi conto che non puoi avere tutto sotto controllo e, in quel momento, devi cercare di decidere cosa fare in base a quello che ti si presenta. È qualcosa che inevitabilmente ti fa crescere. Ma dopo tanto tempo oggi sono contento di essere focalizzato sull’attuale sviluppo artistico e sulla nuova sfera professionale».

Quali spettacoli hai in programma ora?

«Stiamo lavorando allo spettacolo Jewels di George Balanchine, genio della coreografia classica e neoclassica, ispirato dai gioielli di Van Cleef & Arpels (in scena dal 12 febbraio al 9 marzo, ndr). Balanchine ha ideato un balletto in tre atti dal titolo Smeraldi, rubini e diamanti, per gli amanti dell’estetica che si unisce alla finezza della danza classica.

Tra l’altro è uno dei primi balletti che ho fatto al Bolshoi. Membri della Balanchine Trust (che hanno la missione di preservare il lavoro creativo del coreografo morto, ndr) sono venuti apposta dagli Stati Uniti per rimontare il balletto seguendo il disegno della coreografia originale. Le coreografie, anche di coreografi che non ci sono più, vengono tramandate.

E poi a marzo avrò una tournée a Hong Kong: sono invitato come artista ospite in un galà dedicato a Nureyev».

Jacopo Tissi
Photo by Tiffany Rose/Getty Images for Segerstrom Center for the Arts
Jacopo Tissi durante il Reunited in Dance al Segerstrom Center for the Arts di Costa Mesa, California, 12 novembre 2022

Cos’è per te il balletto?

«È una delle forme d’arte più complete, perché unisce la forza fisica, quindi il coinvolgimento del corpo, alla bellezza e all’armonia della musica. Riesce a trasmettere passione, eleganza e grazia, ma allo stesso tempo anche forza ed energia.

Fonde tante qualità fisiche e più eteree, che toccano la sfera emozionale. Per questo credo sia così comunicativo anche per il pubblico. È un po’ come andare a vedere un film, però con delle persone vere lì al momento».

Già all’età di dieci anni sei stato ammesso all’Accademia Teatro alla Scala. Ma all’inizio a Landriano, nel tuo paesino del Pavese, eri l’unico maschio a fare danza e sei stato deriso per questo, un po’ alla Billy Elliot.

«Sì, spero che oggi la mentalità sia più aperta ed evoluta, anche se in alcune cittadine di provincia c’è ancora l’idea che la danza classica sia tutù e scarpette rosa.

Ci sono stati dei momenti difficili all’inizio: il fatto di non essere capito e di sentirmi giudicato era qualcosa che non capivo. Ero un bambino di sei anni: forse è un po’ presto a quell’età capire il pregiudizio. Nello stesso tempo, proprio perché ero così piccolo, non ne sono stato troppo condizionato, anche se ovviamente non mi lasciava indifferente.

Però la forza della passione e la felicità che avevo nel ballo mi hanno fatto concentrare più sul fatto che gli altri non riuscissero a capire cosa significasse per me, che non nel sentirmi triste per non essere accettato. Non so bene da dove sia arrivata la mia ispirazione per il balletto. Da che ho memoria ricordo di aver sempre ballato quando c’era musica, era qualcosa di innato».

Quanto sei perfezionista?

«Tanto! Pretendo molto da me stesso. È sicuramente una deformazione professionale, però nel tempo sono riuscito a lavorarci in modo costruttivo. Ho capito in che modo concentrare la mia attenzione, ho imparato a non focalizzarmi troppo sulle cose, a lasciare andare ciò che mi limita più che aiutarmi. Perché ovviamente la perfezione non esiste. La cosa più importante è cercar di tirar fuori il massimo da sé».

Ma anche fuori dal palco pretendi tanto da te stesso?

«In generale mi piace fare le cose bene, ci metto tutto il mio impegno. Però anche in questo caso con il tempo ho imparato a capire meglio come gestirmi».

Jacopo Tissi
Foto: Den Gladkov
Jacopo Tissi, già primo ballerino del Teatro Bolshoi

Nel tempo libero, quando non balli, come ti rilassi e cerchi di metter via le pressioni?

«Abbiamo due giorni liberi o uno solo alla settimana. Questi momenti li dedico alla cura del corpo, dal massaggio alla spa. E poi una bella passeggiata, incontri con gli amici, un film al cinema o una visita al museo o semplicemente godermi con più calma tutte le fasi della giornata. Mi piace non avere fretta e avere il mio tempo.

Adoro anche riconnettermi con la natura: a dicembre ho avuto qualche giorno libero e ne ho approfittato per andare in un posto qui vicino ad Amsterdam che ha delle casette nella foresta, un po’ al di fuori da tutto. Ma anche la città ha le sue bellezze: un po’ di shopping ogni tanto? Perché no?!».

Quante ore al giorno ti alleni?

«Dipende da quanti balletti provo e da quanto mi impegnano, però direi una media di sei ore al giorno, per 5-6 giorni alla settimana».

Che rapporto hai con i social? Ho visto che sei abbastanza attivo.

«Sì, abbastanza. Ho soltanto Facebook e Instagram, che uso di più e con cui ho trovato più connessione. In qualche modo è più collegato al mio lavoro, mi dà la possibilità di pubblicare un estratto di un balletto o un momento in cui sono in tournée o far vedere il dietro le quinte. Mi piace l’idea di condividere foto e momenti con tante persone: è questo l’aspetto più interessante dei social. Non sono però così assiduo. Non sono ancora arrivato a TikTok e forse va bene così».

E il tuo rapporto con la moda? Come ti piace vestirti fuori dal palco?

«Il mondo della moda mi affascina. Credo che abbia dei collegamenti con la danza. Basti pensare ad esempio ai tempi dei Ballets russes, con cui collaborò Coco Chanel: c’era un’incredibile connessione artistica. Più in generale, la moda stessa spesso cerca di avvicinarsi agli artisti perché riescono a dare movimento ai capi, con un portamento diverso rispetto a quello dei modelli.

Per quanto mi riguarda, ho sempre preferito uno stile classico, che più mi rappresenta. Ma mi piace anche giocare con forme e stili diversi. Cerco di essere attento ai materiali e a come viene realizzato il capo: non sono un compratore seriale che butta tutto nel carrello, mi piace selezionare con cura, sentendo se quello che acquisto mi rispecchia».

Jacopo Tissi
Photo by Ernesto Ruscio/Getty Images
Jacopo Tissi si esibisce a “Ballando con le stelle”, Roma, 23 aprile 2016

Nel tempo libero che musica ascolti?

«La musica mi accompagna in tutte le giornate ed è sempre collegata a uno stato d’animo, quindi spazio tra diversi stili. Ci sono momenti in cui ascolto più il pop, in altri la canzone italiana o anche R&B, soul, musica classica… Di sicuro non vale l’idea del ballerino che anche a casa ascolta solo Čajkovskij».

Tra tutti gli spettacoli messi in scena finora quali porti più nel cuore?

«È difficile rispondere perché, quando lavori su un personaggio, ognuno ha qualcosa di te. In ogni ruolo c’è una piccola storia personale, che poi cambia con il tempo e con le differenti esperienze di vita. Per interpretare ora la drammaticità, ora l’euforia o il tradimento, vai sempre a scavare dentro di te.

Ed è questa una delle cose più belle del nostro mestiere: poter entrare all’improvviso in un’epoca e in una storia ogni volta un po’ diversa. Forse ci sono dei ruoli che sento più miei, quelli lirici e principeschi come il Lago dei cigni, Giselle e lo Schiaccianoci: li sento veramente vicini e quando mi trovo sul palco li vivo ancor di più».

Qual è il sogno che vuoi ancora realizzare?

«A questa domanda deludo sempre i giornalisti perché sono scaramantico, quindi tutto ciò che ancora non è tendo a non anticiparlo. Sicuramente voglio continuare a ricercare, conoscere, non pormi limiti. Perché non si smette mai di crescere, fortunatamente».