Senza Giri di Parole: intervista a Valeria Parrella, finalista al Premio Strega 2020

Senza Giri di Parole: intervista a Valeria Parrella, finalista al Premio Strega 2020

Unica donna tra i sei finalisti al Premio Strega, Valeria Parrella si racconta ad Icon.

Foto: Leonardo Cendamo/Getty Images
di Giacomo Alberto Vieri

Almarina (Einaudi) è il romanzo con cui Valeria Parrella, scrittrice napoletana, entra nella sestina (a sorpresa) del Premio Strega, il cui vincitore sarà proclamato il 2 luglio al Ninfeo di Villa Giulia a Roma.

La storia di Elisabetta Maiorano, insegnante di matematica nel carcere minorile di Nisida, si intreccia coi piccoli satelliti, “fuori orbita”, dei detenuti sull’isola.

Un romanzo delicato, fra segreti e lutti, promesse e desideri: gli occhi della giovane Almarina che col suo arrivo cambierà la vita di Elisabetta, proiettando sul futuro bagliori di perdono e coraggio.

Valeria, partiamo proprio dal Premio Strega: lei è l’unica donna nella sestina. “It’s a man’s world” ripeteva James Brown nell’omonima canzone. Che peso ha, oggi, il genere oggi nel suo mestiere?
Una donna è poca cosa allo Strega, e una donna è poca cosa al Campiello, anche se quella donna è Patrizia Cavalli. Tutto questo è però la punta dell’iceberg, la dimostrazione di un sistema patriarcale, sciocco, che ha delle connotazioni gravi e pericolosissime a livello sociale. Dopo il lockdown, fra le persone rientrate a lavorare, il 70% sono uomini. Con le scuole chiuse, e magari in smart-working, le donne spesso sono rimaste a casa, col sacrificio che questo doppio, triplo, lavoro comporta.

In Italia abbiamo un’enorme problema sociale che ha la questione femminile al centro: i premi celebri raccontano poco, pochissimo di questo divario. Non fosse altro perché sono ben distanti da chi fa poi, davvero, la narrativa, da chi maggiormente entra a comprare romanzi in libreria, che toh… son più che altro le donne.

Almarina: dove e quando ha iniziato a scriverlo?
Era Dicembre del 2017, ero nello studio di casa. Tornavo da un laboratorio di scrittura creativa a Nisida: ero letteralmente sconvolta dal tema che mi aveva passato un ragazzo, un detenuto e subito capii che volevo scriverci sopra. Questo tema è stato inglobato poi nel romanzo, è uno dei 4 documenti autentici, vera testimonianza. Era una mattina piovosa, ricordo una forte sensazione di buio.

Una penna mattiniera, insomma, la sua.
Decisamente sì. Di rado scrivo la sera. Non avendo una stanza tutta per me, con un marito e un figlio in casa è difficile separare la scrittura, che per me è un gesto intimo, privatissimo, dal quotidiano. Soltanto durante il lockdown mi sono fatta forza e ho scritto a discapito delle condizioni. Altrimenti sarei rimasta ferma per due mesi, ed è una cosa che non riesco proprio a concepire.

Chi è il suo primo lettore? Le stesure grezze, i dubbi dell’incipit, con chi li confronta?
La mia prima lettrice, almeno degli ultimi romanzi, Almarina compreso, è la mia editor Paola Gallo. Non do i miei manoscritti agli amici solitamente: ne passo uno a mio marito ma comunque dopo il primo intervento.

Per cosa si arrabbia Valeria Parrella? E per cosa ride fortissimo?
Mi fa infuriare la sperequazione sociale, le povertà, l’infanzia non seguita. Mi infurio per uno Stato che fa diventare ultimi i penultimi e penultimi chiunque sia in una sorta di difficoltà. Mi dà fastidio il primeggiare, e gli uomini che vanno avanti mentre io credo che gli uomini, prima di tutto debbano andare insieme. Cosa mi diverte? Gli amici storici. La complicità è ciò che mi fa più ridere di benessere.

Ritorniamo su Almarina. Se le chiedessi un motivo, uno solo, per leggerlo?
Alt alt! Doverosa premessa. Deve sapere che mi sono candidata una volta alle elezioni europee (L’altra Europa con Tsipras n.d.r) perché volevo sostenere un partito di sinistra. Andavo sui palchi e non avevo mai, mai, il coraggio di dire “Votate per me”, che in fondo è l’unico modo di sostenere una lista di cui si fa parte. Almarina è il miglior romanzo che sono riuscita a scrivere: soggettivamente posso dirle solo questo, ma là fuori ci sono tonnellate di romanzi più belli sugli scaffali delle librerie. Anzi, se le va posso darle un motivo per leggere “La linea d’ombra” di J.Conrad.

Touché. Allora parliamo di vacanze: dove andrà quest’estate?
Dopo il lungo tour, e la pressione che ne consegue, del Premio Strega, l’ultima settimana di luglio mi rilasserò in Cilento con degli amici mentre ad agosto passerò del tempo a Procida, che è uno dei miei luoghi del cuore, da sempre.

Valeria, anni fa ero su un traghetto, fra primavera ed estate, con un borsone semivuoto in spalla, una scialuppa di dubbi, in bilico fra restare o tornare. In mano avevo il suo ultimo libro di allora, “Troppa importanza all’amore”. Ora, è tanto che mi prometto di chiederle: gliene diamo davvero troppa?
Io ne do un’infinità. E sì, magari è troppa. Magari dovrei e dovremmo spartirla anche con l’attenzione che si presta al lavoro, o che so io. Ma ciò che più mi convince, oggi, è che l’amore sappia lenire e rendere tollerabile ogni impiccio. Una causa, un amico, i propri studenti: quando si mette in circolo l’amore per qualcuno o qualcosa, il resto migliora. A prescindere da quanto nella vita si abbia ‘culo’ oppure no. Ecco, l’ho detto.