Leo Gassmann, figlio e nipote d’arte

Leo Gassmann, figlio e nipote d’arte

Figlio (e nipote) d’arte, il giovane Gassmann è il protagonista di questa digital cover. Per il numero 65 di ICON lo abbiamo intervistato e ci ha raccontato chi sono le sue guide e da dove nasce l’ispirazione per la sua musica.

Ph. Laura Sciacovelli
di Corinne Corci

Suo nonno, Vittorio Gassman, lo diceva spesso: «La strada più in salita è sempre quella più giusta», così Leo Gassmann, classe 1998, ha fatto proprio un insegnamento tanto leale, «cerco il confronto con l’idea di mettermi alla prova, perché credo nella necessità di dover lottare per ottenere dei risultati». Prima del suo cognome, di lui si notano i modi, la gentilezza e l’affabilità con cui si preoccupa di chi lo circonda.

Nel 2019 aveva partecipato a XFactor arrivando a un passo dalla finale e avviando una carriera in punta di piedi con un talento sincero, e tanta voglia di imparare. Anche adesso, su più fronti: «Da una parte sto lavorando al mio secondo album (segue Strike uscito il 7 febbraio 2020, ndr), è da un anno che sono chiuso in studio tutti i giorni. Viviamo in un mondo in cui va tutto sempre molto veloce e avere così tanto tempo per fare un disco è un po’ un regalo che mi ha fatto la vita». E poi si deve anche laureare alla John Kennedy, università americana di Roma dove frequenta il corso di Communication and Psychology – suo padre, Alessandro Gassman, gliel’ha sempre detto, prima quello e poi il successo: «Sono corsi che stimolano molto l’immaginazione, ampliano i miei orizzonti e la mia visione della vita».

Ph. Lara Sciacovelli
Look Fendi

È passato un anno dalla sua vittoria a Sanremo Giovani con il singolo Va bene così, «Ѐ stata un’esperienza unica, mi sono ritrovato in sfida con artisti che spesso mi ascoltavo nelle cuffiette», e ne è nato il desiderio di migliorarsi ogni giorno. «Sono sicuro che le cose nuove che farò uscire saranno più evolute rispetto al percorso dell’anno scorso, a me piace vedere la musica come una strada, come un’evoluzione costante in cui poter prestare la voce a persone che non hanno possibilità di farsi sentire». Per questo osserva tanto, allo stesso modo in cui gli attori guardano gli altri lasciandosi ispirare come personaggi riceventi, usa la metropolitana, ascolta, legge le lettere dei fan. Come quando su Instagram una ragazza che non aveva mai conosciuto gli ha raccontato la sua esperienza con un fidanzato violento. Ne ha tratto la canzone Vieni da me: «Parla della violenza sulle donne. Cerca di invogliare chi la ascolta a comunicare problemi e situazioni difficili da affrontare, soprattutto quando ci sentiamo soli e impotenti».

Photo. Laura Sciacovelli
Look Fendi

Oltre a essere cresciuto sul palcoscenico con i genitori, aver frequentato il Conservatorio di Santa Cecilia a 9 anni – «L’arte doveva far parte della mia vita, ma in un modo solo mio» – è appassionato di surf e trascorre ore del giorno a Santa Severa fuori Roma, celebre tra i surfisti, insieme agli amici, «con loro ci lavoro. Anche per questo mi considero infinitamente fortunato, mi piace l’idea di crescere e raggiungere obiettivi insieme a chi stimo, condividere lo stesso tipo di messaggi, confrontarmi su temi politici e sociali. Non vorrei mai un progetto individuale».

Photo: Laura Sciacovelli

Di sentirsi fortunato, Leo Gassmann lo ripeterà più volte. Per questo, come fosse un bisogno necessario, sente il dovere di darsi agli altri prestando le parole. «Sono fortunato perché ho avuto un percorso di vita che mi ha portato a incontrare delle guide. Voglio raccontare le storie degli altri, dare una mano dove serve senza elevarmi a chissà chi». Di queste guide, estranee alla famiglia, ne parla con orgoglio. «Uno dei miei maestri è stato un professore del liceo, quello di filosofia, mi ha insegnato i valori della vita e probabilmente se non l’avessi incontrato non sarei mai quello che sono oggi.

Un giorno venne a mancare e mi ricordo questo bellissimo e triste episodio della chiesa piena di studenti. C’era il classico ragazzo che non parla mai con nessuno, che a un certo punto è salito sul palco dicendo “io vorrei ringraziare il professore, l’unica persona che ha creduto in me”. Lì ho percepito la forza di chi rende la sua vita indimenticabile», perché non serve essere famosi per essere felici, «devi semplicemente, per quanto mi riguarda, coltivare una passione e se sei buono e onesto, il tuo messaggio verrà immagazzinato da chi poi continuerà a portarlo avanti». Tanto che il secondo maestro della sua vita è una maestra, Giovanna Pini, presidente del Centro nazionale contro il bullismo del quale Leo fa parte dai tempi del liceo. «Organizziamo tutti gli anni spettacoli che uniscono vittime di bullismo ed ex bulli pentiti. Giovanna dedica la sua vita per fare del bene e io sarò felice quando sarò diventato una persona come loro, qualcuno che porti buoni valori in una società che manca di guide».

E infatti Leo è cresciuto portandosi dentro, oltre che quelli della famiglia, i valori storici di Martin Luther King, Gandhi e Nelson Mandela (l’espressione “Asimbonanga”, più volte ripetuta in Vai bene così, è il titolo della canzone dedicata a Mandela dal musicista sudafricano Johnny Clegg). Persone che hanno cambiato il mondo grazie alle loro parole. Anche tu ci stai provando, «ma molto in piccolo. La musica non la vedo come un lavoro, è l’unico strumento incontaminato che ci è rimasto per lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato». Una canzone che avrebbe voluto scrivere è Redemption Song, di Bob Marley: «Ha ispirato e trasmesso agli altri l’anima di un popolo intero. Non c’è insegnamento più grande». Scegliere sempre la strada in salita, aprire il cuore agli altri e avere il coraggio di lasciarli entrare.

Photo: Laura Sciacovelli

Styling: Ilario Vilnius

Grooming: Giulio Ordanselli

Special thanks:  Ice Agency e Hotel d’Inghilterra