Matteo Berrettini

Matteo Berrettini

«Può vincere uno Slam», ha profetizzato il suo idolo di sempre Roger Federer. E con il tennis esplosivo che lo contraddistingue Matteo Berrettini, ha tutto il diritto di crederci. Se la sua classe in campo la conoscevamo già, per Icon ha sfoggiato lo stesso talento debuttando come modello. «La passerella, perché no?», ammette, «per provare l’effetto che fa».

di Cristina Marinoni

È un eccezionale talento d’esportazione Matteo Berrettini, 25 anni. Migliore tennista azzurro di sempre sulle superfici veloci, il solo a essere approdato agli ottavi di finale dei quattro mitici tornei del Grande Slam (menzione speciale per la finale di Wimbledon 2021, persa contro l’onnipotente Novak Djokovic), ha scalato la classifica mondiale fino al settimo posto. Nessun connazionale, esclusi Corrado Barazzutti (medesima casella) e Adriano Panatta (quarto), era mai salito così in alto in graduatoria. «Porto con me in giro per il pianeta l’orgoglio di essere italiano. Il bello è che cresce sempre più: ovunque vada, raccolgo affetto e rispetto smisurati per il nostro paese», racconta soddisfatto.


Tra una trasferta e l’altra, in questo 2022 appena cominciato il fenomeno romano trova il tempo per debuttare nella moda: in veste di nuovo global ambassador di BOSS, in anteprima e in esclusiva per Icon presenta la prossima collezione primavera/estate, che precede BOSS X MATTEO BERRETTINI, la capsule alla quale ha collaborato e in cui trovano spazio anche capi dedicati alla sua disciplina. «Amo i pezzi sportivi con un tocco chic che li rende particolari e mi permette di combinarli in mille look. Ho accettato con entusiasmo la proposta perché il brand tedesco interpreta perfettamente il mio gusto. E per un dettaglio clamoroso: il monogramma del marchio è la mia iniziale». Una partnership scritta nel destino, a maggior ragione se si pensa che “Berretto”, entrato nel club esclusivo dei top ten nel 2020, ormai è da considerare un “boss” dell’Atp, l’Associazione dei tennisti professionisti.


Matteo si pone davanti al fotografo con la disinvoltura del modello navigato, al punto che, dopo avere posato per la nuova campagna pubblicitaria di cui è protagonista, sfilerebbe anche in passerella «per provare l’effetto che fa». Il portamento non gli manca: nonostante i 95 kg di muscoli, equamente distribuiti sui 195 cm d’altezza, si muove con armonia e agilità. Come sul campo, dove, però, si carica di una potenza rara. Il suo punto di forza sono proprio i colpi esplosivi: prima tramortisce l’avversario con un servizio (il migliore italiano in circolazione) angolatissimo a 220 km orari, poi lo finisce con un dritto micidiale. Roba da knock-out tecnico. Un uno-due che ricorda la sequenza mozzafiato di pugni sferrati sul ring. «In effetti, tennis e boxe condividono diverse caratteristiche. Nel mio sport manca il contatto fisico, ma il duello scandito dai set sul rettangolo non è meno infuocato rispetto a quello dei round combattuti sul quadrato. Come i pugili, noi tennisti dobbiamo fare affidamento unicamente su noi stessi, perché affrontiamo il match da soli. Il risultato, di conseguenza, dipende soltanto da noi. Nella vittoria o nella sconfitta nulla cambia: tiriamo le somme e facciamo i conti allo specchio».


Un confronto – faccia a faccia – spietato a cui il gladiatore del Nuovo Salario, piccolo quartiere a nord della Capitale, non si sottrae da quando era ragazzino e si allenava allo stremo per trasformare la passione per la racchetta in mestiere («Berrettini può vincere uno Slam» ha dichiarato di recente il suo eterno idolo Roger Federer). «Nelle vene di famiglia scorre il tennis: i miei nonni e i miei genitori giocano ancora e mio fratello Jacopo (classe 1998, ndr) è numero 300 del ranking».


In un clan simile si trova a meraviglia la fidanzata Ajla Tomljanovic, tennista professionista australiana nonché vittima di continui scherzi da parte del compagno: «Ai miei agguati per casa si spaventa e urla, mentre al detersivo dei piatti nel caffè risponde versando nella mia tazzina la cannella, che odio». L’astro azzurro, però, sa come farsi perdonare: nelle sfide di coppia si limita al rovescio, l’unico fondamentale da affinare, senza sfoderare l’artiglieria pesante che in circuito gli è valsa il soprannome “The Hammer”.


 «La definizione “Martello” esce dai soliti schemi dei puristi, bada più alla sostanza e rimanda subito a qualcosa che diverte, dà spettacolo. La parola mi piace perché mi contraddistingue. Secondo me avere classe nel tennis significa esprimere un gioco originale, dall’identità peculiare più che dallo stile da manuale». Altrettanto chiara la sua idea di classe lontano dalla rete: «È sinonimo di educazione. L’eleganza non dipende dall’abito firmato. Se hai dei modi signorili e un portamento naturale, sei impeccabile anche con T-shirt e jeans».


 
Le luci si spengono dopo l’ultimo scatto, il campione è pronto a lasciare il set, ma si ferma per un’ultima considerazione sugli immancabili buoni propositi di inizio anno. «Vivo in un frullatore: l’obiettivo in cima alla lista resta quello di non lasciarmi travolgere dai ritmi altissimi a cui il lavoro mi sottopone. La doppia rosa dei venti – il ciondolo che porto al collo, prezioso regalo di mia madre, e il tatuaggio sul bicipite destro – mi aiuta proprio a orientarmi e a cercare il profondo equilibrio dentro me.


Un traguardo più concreto? Partecipare a novembre per la terza volta consecutiva alle Atp Finals, il torneo dei maestri riservato ai migliori otto del globo. Nella scorsa edizione, la prima a Torino davanti a un tifo da stadio tutto per me, un infortunio agli addominali mi ha costretto a ritirarmi all’esordio. Ho una voglia immensa di riscattarmi».



Matteo Berrettini veste BOSS

Photos by Max Vadukul; Styling by Nono Vásquez

Grooming: Sergio Sapiente; Styling assistant: Martí Serra