Kiton e la tradizione sartoriale. Intervista a Antonio De Matteis

Kiton e la tradizione sartoriale. Intervista a Antonio De Matteis

di Gianluca Cantaro

Per essere innovativi non bisogna per forza indossare felpa e sneakers, ma serve prima di tutto una visione. Chiarissima è quella di Antonio De Matteis, ceo di Kiton che, in questa intervista ad Icon, spiega come il successo stia nel sapere leggere i tempi e interpretare i desideri: solo così si può crescere restando sempre fedeli al proprio dna

Lo sguardo austero sul volto da condottiero romano, il doppiopetto (ovviamente) impeccabile, con camicia e cravatta, potrebbero far sembrare Antonio “Totò” De Matteis, ceo di Kiton, come colui che rifugge ogni cambiamento perché portavoce dell’antica tradizione sartoriale napoletana nel mondo. Quanto di più lontano dalla realtà: De Matteis rappresenta la terza generazione della famiglia Paone – che ebbe nello zio Ciro (fondatore dell’azienda di Arzano, poco fuori Napoli, nel 1968), recentemente scomparso, l’artefice di una delle eccellenze del made in Italy nel mondo – e proprio lui è la prova che per essere innovativi non bisogna per forza indossare felpa e sneakers, ma serve prima di tutto la visione. 

Kiton
Kiton SS 2022

«Ti faccio un esempio: quando provi un’auto con servosterzo e aria condizionata, torneresti mai indietro? Quasi sempre no», spiega, parlando dello stile maschile che sta cambiando. «Lo stesso vale per l’evoluzione del guardaroba. Il nostro dna resta il fatto a mano, ma si evolve in base ai tempi. Un abito, seppur perfetto nell’esecuzione, è diventato meno rigido. Sono cambiate le esigenze e noi coniughiamo comodità, eccellenza e lusso». La formula? Osservare e agire velocemente per comprendere e interpretare i desideri, senza mai inseguire l’incostanza del gusto del cliente. «La nostra nazione dà il meglio nei momenti difficili», osserva. «Tante aziende, pur essendo state chiuse durante la pandemia, non hanno mai fermato il pensiero e ora stanno raccogliendo i frutti, pronte a ripartire spedite. Noi prevediamo di chiudere il 2021 con i numeri del 2019, quindi un recupero totale e un incremento del 30%. Nessuno ci avrebbe sperato. Mi sento di aggiungere che una figura come il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha ridato molta credibilità al Paese, dopo anni di confusione».

Kiton
Kiton SS 2022

De Matteis percepisce un sentimento positivo italiano che spinge gli entusiasmi e che ha regalato grandi risultati in campi dallo sportivo (gli Europei di calcio, le medaglie d’oro alle Olimpiadi di Tokyo) al musicale (il successo globale dei Måneskin). E puntualizza: «Made in Italy vuol dire pensato, fatto e costruito completamente in Italia: per questo è riconosciuto a livello mondiale. Non dobbiamo mai usarlo male, mettendo il bottone qui e producendo tutto il resto fuori dai confini, altrimenti perderà forza». Il tema emerge parlando del nostro sistema moda il quale, a volte, sembra subire la potenza di fuoco di alcuni colossi francesi che, per aumentare i profitti, puntano più sulla coolness e i budget che non sulla effettiva qualità nella realizzazione del prodotto. «Oggi la velocità di esecuzione vale molto di più rispetto alla quantità di denaro investita. Prendere decisioni rapide fa la differenza. Così noi potremo essere competitivi allo stesso modo perché snelli nelle scelte», chiarisce. 

«Un esempio: nella nostra azienda basta un giro di telefonate senza indire un consiglio d’amministrazione, così abbiamo effettuato operazioni importanti in piena pandemia. Una multinazionale, al contrario, avrebbe avuto la necessità di diverse riunioni». Essere parte di un grande gruppo vuole anche dire mettere a rischio il dna del brand. Per massimizzare produzione e revenues si applica lo stesso business model a realtà anche molto diverse, snaturandole. «La qualità non è mai quantità», puntualizza De Matteis.


Kiton SS 2022

«Ci sono alcuni prodotti che possono fare grandi numeri mantenendo il pregio e altri che è difficile far crescere all’infinito senza diminuirne il valore. Per esempio, in questo momento abbiamo un’autostrada aperta con la collezione donna. Negli ultimi due anni, compresa la pandemia, il fatturato è raddoppiato. Nei due nuovi negozi di Roma e Milano è già un successo: nel primo non era presente e dopo un mese e mezzo rappresenta il 50% d’incasso, in aggiunta a quello che già facevamo. Nel secondo siamo passati dal 5% al 30% solamente cambiando location e mettendo l’abbigliamento femminile in posizione più visibile. Non è facile crescere senza trasformare radicalmente l’azienda o cambiare il dna».

Un heritage che alla Kiton sono orgogliosi di tramandare dato che da 20 anni, da un’idea di Ciro Paone, hanno aperto la scuola di alta sartoria che forma i giovani all’antico mestiere. «Per la prima classe, nel 2000, faticammo a trovare dieci ragazzi. Oggi per formarne una da 25 riceviamo tra le 300 e 400 domande», spiega. «Le nuove generazioni hanno maturato l’idea di imparare un mestiere, così da noi lo fanno e sono anche pagati. Poter dire di aver frequentato la scuola della Kiton è un prestigioso biglietto da visita a livello internazionale, tanto quanto dire aver lavorato nelle officine di Maranello». Se non è made in Italy questo…

Mentre prima era difficile trovare giovani sarti, oggi non lo è più: l’età media in azienda è di 36 anni e la maggior parte sono quelli usciti dalla scuola negli ultimi 20. Dei 150 ragazzi diplomati, 120 sono impiegati in azienda, una trentina in altre sartorie come per esempio Isaia. C’è poi chi (cinque o sei) ha aperto una piccola attività. Che deve rappresentare un orgoglio nazionale. «Non c’è competizione, anzi siamo rimasti in contatto attraverso i social e non ho problemi a dar loro consigli persino sul prodotto», racconta entusiasta.

Kiton
Kiton SS 2022

Il digitale ha subito un’accelerazione fisiologica con la pandemia e De Matteis è felice per i risultati: «Abbiamo realizzato le ultime tre campagne vendita tutte sulla piattaforma digitale e, nell’ultima stagione, abbiamo fatto +38% che significa +30% sul 2019. Se tre anni fa mi avessi detto che la Kiton si poteva vendere online ai buyer via computer io ti avrei risposto “Tu si scem”, come si dice da noi», scherza. «La pandemia non ha cambiato niente, ha accelerato tante procedure che prima non sembravano necessarie e venivano rimandate, ma che oggi sono una realtà assodata. Oltretutto sono lo strumento per raggiungere le nuove generazioni». Un nuovo dialogo che, vista la sua capacità di adattamento, questo imprenditore sarà sicuramente capace di instaurare senza problemi.